Articoli con tag Globalizzazione

Occupy Wall Street e la nuova rivoluzione urbana. Intervista a David Harvey

A completamento dell’articolo di Raúl Zibechi “Può lo stato essere il (bene) comune?” pubblichiamo questa intervista del 2012 a David Harvey.

Rivlin-Nadler, Max

Lunga intervista a David Harvey sui temi del suo ultimo libro Città Ribelli, di prossima pubblicazione in Italia. Dalla Comune di Parigi a Occupy Wall Street. Salon, 29 aprile 2012.

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Può lo stato essere il (bene) comune?

Raúl Zibechi

Le riflessioni e le analisi rigorose e impegnate sono imprescindibili in questo periodo turbolento e caotico, in cui le forze antisistema hanno difficoltà ad orientarsi e a definire un cammino. Alcune di queste analisi hanno giocato un ruolo rilevante nei dibattiti che i movimenti fanno, perché illuminano i temi più importanti per orientarsi sul lungo periodo.

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Città modello, zone di impiego, regime speciale: sempre e solo devastazione e saccheggio

 Giorgio Trucchi

Deputati approvano nuove riforme costituzionali per fare rivivere le “ciudades modelo” e per vendere, a pezzetti, il Paese al “miglior” offerente.

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Il capitale finanziario internazionale si impadronisce delle migliori terre sudamericane

Si stima che il 25 per cento del territorio uruguayano e paraguayano e almeno il 10 per cento di quello argentino siano nelle mani di impresari stranieri, mentre negli altri paesi della regione i latifondi privati si moltiplicano come funghi. Questa nuova forma di conquista neocoloniale si è intensificata negli ultimi cinque anni e pregiudica soprattutto i paesi dell’America del Sud.

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Il caso del debito del secolo

Nick Dearden

Tradotto da Silvia Arana per Rebelión

Gli avvoltoi contro l’Argentina.

È stato chiamato “il caso del debito sovrano del secolo”. Un piccolo gruppo di ricchi speculatori ha preso come ostaggio l’economia argentina. Se l’Argentina non cede alle loro richieste prima del 15 dicembre, secondo quanto deciso da una corte di New York, il paese sarà dichiarato in default.

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In Salvador governa la sinistra?

Vincitore delle primarie organizzate dall’opposizione in Venezuela il 12 febbraio, Henrique Capriles sarà il candidato alle elezioni presidenziali di ottobre 2012 contro Hugo Chávez. Per sedurre gli elettori di sinistra, promette di imitare il «modello brasiliano». Un discorso che richiama quello di Mauricio Funes, eletto alla guida di El Salvador nel 2009. Prosegui la lettura »

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Gli impantanamenti dell’economia latinoamericana

Claudio Katz *

Mentre si sta chiudendo il 2011, ricompaiono grosse nubi sull’economia latinoamericana. Il brusco aggravarsi delle crisi globale preannuncia un rallentamento della crescita, che suscita nervosismo. Durante l’ultimo quinquennio, il prodotto lordo regionale ha mantenuto un ritmo ascendente del 5% annuo, a parte la decelerazione registrata nel 2009. Il successivo recupero si è protratto nel corso del 2011, che dovrebbe finire con un incremento del 4,4% del Pil. Vi sono previsioni di un ulteriore aumento del 4,1% per il 2012, ma nessuno sa quanto potranno durare le barriere protettive di fronte alla nuova turbolenza internazionale.

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Utilizzare schiavi

Guadalupe Rodríguez

Accedere alla terra come proprietari è praticamente impossibile per molti contadini del Latinoamerica. Da decenni lottano per i propri diritti e per la propria dignità contro i politici e i latifondisti delle piantagioni destinate a produrre combustibile. Contestano la politica della bioenergia e denunciano le violazioni dei diritti umani legate alla sua produzione ed espansione. Il caso estremo è l’esistenza di lavoro schiavizzato in piantagioni di canna da zucchero ed etanolo, in Brasile e Haiti. Due esempi che ci fanno arrossire.

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Una riflessione dall’America Latina sul tema: le sinistre e la fine del capitalismo

Raúl Zibechi

L’attuale crisi mondiale sta frammentando il pianeta in regioni a tal punto che il sistema-mondo è prossimo ad una crescente disarticolazione. Uno degli effetti di questa crescente regionalizzazione del pianeta è che i processi politici, sociali ed economici non si manifestano più nello stesso modo in tutto il mondo e producono divergenze – in futuro, forse, biforcazioni – tra il centro e la periferia.

Per le forze antisistemiche questa disarticolazione globale rende impossibile il disegno di un’unica e sola strategia planetaria e inutili i tentativi di stabilire tattiche universali. Sebbene esistano ispirazioni comuni e obbiettivi generali condivisi, le diverse velocità che registra la transizione al postcapitalismo e le notevoli differenze tra i soggetti antisistemici minano possibili generalizzazioni.

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La seconda guerra fredda e l’America del Sud

Raúl Zibechi

La “guerra contro il terrore” inaugurata da George W. Bush dopo gli attentati dell’ 11 S, viene sostituita dalla “contenzione” della Cina, la nuova strategia delineata dal Pentagono per accerchiare ed, eventualmente, soffocare la potenza asiatica, con l’obiettivo di mantenere la supremazia globale. L’ultima svolta dell’impero coinvolge in pieno il Sudamerica.

Novembre è stato il mese in cui si è concretizzato il cambiamento di percorso. “Per il futuro nei nostri piani e bilanci, assegneremo le risorse in modo di mantenere una nostra forte presenza militare in questa regione”, ha detto Barack Obana il 17 novembre di fronte al parlamento australiano. Nell’edizione di novembre del Foreing Policy, il segretario di stato Hillary Clinton ha fatto alcune precisazioni. “Durante gli ultimi dieci anni abbiamo attribuito ingenti quantità di risorse all’Irak e all’Afganistan. Nei prossimi dieci anni, dobbiamo essere intelligenti su dove investire il nostro tempo e la nostra energia, in modo di ottenere la migliore posizione possibile, per mantenere la nostra leadership”.

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Estrattivismo seconda fase del neoliberismo

Raúl Zibechi

http://www.inredh.org/

Intervento fatto all’Incontro dei Popoli di Abya Yala per l’Acqua e la Pachamama, 21 giugno 2011.

Molte grazie. Buongiorno, a tutti e tutte. È una grande gioia essere qui a partecipare con tutti i compagni e le compagne di differenti popoli e differenti paesi.  Tutti uniti per la stessa cosa, per resistere, per non dimenticare, per non essere servili di fronte ai potenti, di qualsiasi colore si vestano questi potenti. Allora, un saluto ribelle, un saluto rivoluzionario a tutti i popoli dell’America Latina che lottano contro l’estrattivismo e contro la dominazione.

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Brasile-Colombia: Una alleanza imprevista

Raúl Zibechi

La Colombia era nella regione il migliore alleato di Washington. Ora si avvicina al Brasile con il quale comincia a tessere una solida rete di relazioni commerciali, finanziarie e politiche. Washington sta rimanendo senza alleati a causa del nuovo progetto geopolitico globale e regionale in corso.

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Un programma per sconnettersi

Con 700 miliardi di dollari di riserve monetarie, 400 milioni di abitanti, grandi riserve di idrocarburi, autonomia energetica, importanti giacimenti minerari, la maggiore biodiversità del pianeta, la regione sudamericana non ha nessun motivo per non sganciarsi dalla crisi sistemica in corso ed elaborare un suo proprio programma politico ed economico.
Nelle ultime settimane, ministri e presidenti della regione si sono pronunciati per decidere misure difensive al fine di evitare contagi dalla crisi che colpisce il primo mondo. Cristina Fernández ha detto che “dobbiamo blindare la regione per non perdere quello che abbiamo ottenuto” [1]. Guido Mantega, ministro dell’Industria del Brasile, si è pronunciato per stabilire “un cordone di isolamento” al fine di evitare danni [2]. Perfino il conservatore presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, ha avvertito nell’Assemblea dell’UNASUR a Lima che si debbono neutralizzare gli effetti nocivi delle crisi economiche che attraversano gli Stati Uniti e l’Europa che svalutano i risparmi della regione [3].

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Ecuador: la costruzione di un nuovo modello di dominazione

Raúl Zibechi

Gli stessi dirigenti indigeni e sindacali che hanno lottato affinché Rafael Correa giungesse alla presidenza, subiscono la prigione e sono posti sotto processo

La politica ecuatoriana mostra chiari segni di schizzofrenia. Il governo utilizza un linguaggio rivoluzionario, in tutti i discorsi fa appello alla “Rivoluzione Cittadina”, ma gli artefici di questo processo, coloro che con le loro lotte fin dalla sollevazione di Inti Raymi del 1990 delegittimarono il neoliberismo e fecero cadere tre presidenti, sono accusati di essere “infantili” e “terroristi”.

Gli stessi dirigenti indigeni e sindacali che hanno lottato affinché Rafael Correa giungesse alla presidenza, subiscono la prigione e sono posti sotto processo. Più di 180 dirigenti indigeni sono stati accusati di “terrorismo e sabotaggio”, tra loro il presidente della CONAIE, Marlon Santi, e quello di Ecuarunari, Delfín Tenesaca, che dirigono le due più importanti organizzazioni sociali del paese.

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Ollanta il “neoliberale”

A due settimane dalle elezioni alcune dichiarazioni del nuovo presidente del Perù lasciano intravedere quale sarà la sua politica: in continuità con la scelta di apertura alle multinazionali minerarie e dei mercati, con qualche piano di assistenza ai poveri. La continuità con i governi precedenti è anche nella scelta degli uomini di governo. Tutto in quest’articolo di Diego Mendoza. Prosegui la lettura »

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