Golpe in Honduras


immagini del GolpeIl 28 giugno 2009 un colpo di stato militare depone il presidente dell’Honduras Manuel Zelaya, lo stesso giorno si sarebbe dovuta tenere una consulta popolare sull’opportunità di eleggere un’assemblea costituente a novembre, assieme al nuovo presidente, al nuovo parlamento, alle nuove amministrazioni locali.

Il colpo di stato viene subito condannato dai paesi dell’America latina che vedono il ritorno di un’epoca di regimi militari che credevano finita da tempo. Anche i paesi europei e gli Stati Uniti, pur non definendo Colpo di stato la crisi democratica che sta vivendo l’Honduras, chiedono il ripristino dell’ordine costituzionale.

Ma i mesi passano e si avvicina la data programmata per le elezioni che, dopo un accordo tra il governo deposto e quello golpista ma disatteso da quest’ultimo per il mancato reintegro alla presidenza di Zelaya, vengono riconosciute dagli Stati Uniti nonostante avvengano dopo 5 mesi di stato di polizia e senza la legittimazione di osservatori internazionali.

Il vincitore di quelle elezioni, Porfirio Lobo, viene nei mesi successivi riconosciuto da molti paesi, ma non da quasi tutti quelli sudamericani, come legittimo presidente dell’Honduras: il colpo di stato ha avuto successo.
Ma l’Honduras continua ad essere in uno stato di eccezione, e le organizzazioni sociali, unitesi dopo il golpe in un Fronte di Resistenza continuano a denunciare la repressione e a chiedere una riforma della Costituzione.

1. Antecedenti*

Nel corso del Novecento il paese centroamericano diventa una gigantesca piantagione, multinazionali come United Fruit, Cuyamel e Standard Fruit condizionano la politica honduregna dando o togliendo il loro appoggio a governi più o meno autoritari. Durante gli anni Novanta diminuisce il peso della banane nell’economia del paese, viene favorita dal governo l’istallazione di maquilas (fabbriche di assemblaggio che sfruttano la manodopera a basso costo senza sviluppare l’economia locale) e si dipende sempre di più dall’invio delle rimesse degli immigrati negli Stati Uniti,  dopo Haiti resta il paese più povero dell’area caraibica.

Gli Stati Uniti da decenni finanziano le forze armate honduregne, durante gli anni Ottanta (periodo durante il quale i finanziamenti sono passati da 4 a 77,4 milioni di dollari) erano la base dei contras che attaccavano il governo sandinista in Nigaragua e le guerriglie di Salvador e Guatemala. Dal 1981 l’esercito nordamericano controlla la base aerea di Soto Cano a Palmerola (nei pressi di Comayagua), la più importante base statunitense in Centroamerica.

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2. La presidenza Zelaya

Manuel Zelaya Rosales (1952) figlio di un latifondista di Olancho, laureato in ingegneria industriale, diviene deputato per la prima volta nel 1985 nelle file del Partito Liberale e ricopre vari incarichi nel governo del paese. Nel 2005 vince le elezioni presidenziali contro il candidato del Partito Nazionale Porfirio Lobo Sosa, e il 27 gennaio 2006 succede a Ricardo Maduro.

Oltre ad aumentare il salario minimo (da 126 a 202 euro mensili) con grande scandalo della Chiquita, che nel paese produce 8 milioni di casse di ananas e 22 milioni di casse di banane l’anno, e del Consiglio honduregno dell’impresa privata (COHEP), Zelaya sposta pericolosamente l’Honduras verso l’asse cuba-venezuela e fuori dall’area di influenza statunitense: nel 2007 firma un accordo con Cuba per la fornitura di medicinali generici a basso costo e nell’ottobre 2008 associa il suo paese all’ALBA (Alianza Bolivariana de las Americas), un’alleanza commerciale promossa da Cuba e Venezuela e che coinvolge tutti i paesi della regione più ostili a Washington: Nicaragua, Bolivia, Ecuador, oltre ad altri paesi caraibici. L’ALBA consente all’https://comitatocarlosfonseca.noblogs.org/wp-admin/post.php?post=264&action=edit&message=10Honduras di ricevere il petrolio venezuelano a minor prezzo e gli apre nuove, e più favorevoli, possibilità commerciali. 1

Il Congresso, che deve ratificare l’adesione del paese all’ALBA, rifiuta per molto tempo, fino al 10 ottobre 2008, di approvare l’accordo. Altro motivo di conflitto tra potere esecutivo e potere legislativo nel 2008 nasce dal rifiuto del presidente di firmare il progetto di riforma della legge elettorale che pretendeva finanziare permanentemente i partiti con la spesa pubblica, disaccordi si verificano anche sull’elezione della nuova corte suprema e sulla nomina del nuovo procuratore generale (Fiscal general). Nel 2009 lo scontro si approfondisce: il presidente non invia la legge finanziaria 2009 al congresso, continua a rimanere in vigore quella del 2008 ed i partiti non possono ottenere i finanziamenti per le elezioni previste per il 29 novembre.

3. Il Colpo di Stato del 28 giugno

3.1. La cuarta urna
Il conflitto tra il governo di Zelaya, che trova il consenso di sindacati e movimenti sociali, e la vecchia oligarchia (rappresentata da Congresso, Esercito, Corte Suprema), i cui interessi sono legati allo scambio ineguale con gli Stati Uniti e ai suoi finanziamenti militari trova il pretesto per esplodere nella proposta di Zelaya di convocare le elezioni per un’Assemblea costituente.

La convocazione di un’Assemblea costituente avvicina ulteriormente la linea politica di Zelaya a quella dei suoi alleati dell’ALBA: infatti tutti i governi che si rifanno al cosidetto socialismo del siglo XXI (Venezuela, Bolivia, Ecuador) l’hanno inserita nel loro programma. Essa suscita inoltre le speranze della popolazione honduregna in una ripartizione più equa della ricchezza nazionale.

Attraverso una consultazione popolare indetta per il 29 giugno l’elettorato dovrà decidere se collocare una cuarta urna allle elezioni del 29 novembre 2009: quella per eleggere un’Assemlea costituente oltre a quelle per le elezioni  presidenziali, legislative e amministrative.

Risulta quindi infondata l’accusa mossa a Zelaya dai golpisti (e ripresa da CNN, El Pais, Corriere della Sera, La Stampa) di voler modificare la carta costituzionale per permettere la sua elezione ad un secondo mandato, con la consueta accusa (già mossa a Chavez) di voler instaurare una dittatura: né la consultazione chiamava l’elettorato a pronunciarsi su questo punto né la contemporanea elezione del nuovo presidente (per il mandato 2010-2014) e dei costituenti avrebbe permesso a Zelaya di presentarsi come candidato alle elezioni del 29 novembre 2009.

Nonostante la consultazione sia basata sulla legge di partecipazione civica del 27 gennaio 2006, che all’art. 2 garantisce “i diritti dei cittadini di proporre e decidere [in materia] di questioni pubbliche”2la Corte Suprema la dichiara illegale. Ad opporsi alla sua realizzazione anche l’esercito: parte delle truppe di stanza a Tegucigalpa si rifiutano di svolgere le operazioni di preparazione dei seggi e di trasporto di urne e schede.

Temendo di subire un isolamento in seno alle istituzioni dello Stato, il 25 giugno Zelaya convoca alcune organizzazioni popolari e lo Stato Maggiore nel Palazzo di Governo così da assicurarsi che i militari distribuiscano a partire dal giorno seguente le 15.000 urne necessarie al referendum. Nella notte comunica le dimissioni del capo di Stato Maggiore e del Ministro della difesa. Ma la corte suprema non conferma la decisione: lo scontro è sempre più evidente. Di fronte al rifiuto di Zelaya di reintegrare Vazquez come Capo di Stato Maggiore molte brigate dell’esercito iniziano ad occupare punti nevralgici del paese.

3.2. Colpo di Stato
La mattina di domenica 28 giugno le Forze Armate arrestano ed espellono dal paese il presidente Zelaya. Viene dichiarato il coprifuoco, carri armati e camion pieni di soldatisi posizionano nelle strade di Tegucigalpa e vari elicotteri dell’Esercito non lasciano sorvolare la Casa Presidenziale e il Parlamento. Intanto, davanti al palazzo presidenziale 15.000-20.000 persone manifestano il loro appoggio al presidente deposto.

In una seduta straordinaria del congresso convocato qualche ora dopo l’espulsione dal paese del presidente Zelaya viene nominato presidente ad interim Roberto Micheletti fino a quel momento presidente della camera. Il Congresso non potendo avvallare costituzionalmente la destituzione di Zelaya ha mostrato una lettera falsificata in cui il presidente deposto rinuncia al suo incarico per motivi di salute, un fatto immediatamente smentito da Zelaya.

Dopo essere stato tenuto prigioniero dalle 5.00 e le 6.00 della mattina (13.00-14.00) in casa sua nel quartiere di Tres Caminos il presidente Zelaya viene trasferito dall’esercito in Costa Rica. Li racconta di essere stato vittima di un “sequestro brutale” da parte in un “gruppo di militari”: “entrarono sparando nel palazzo presidenziale e le mie guardie del corpo riuscirono a resistere solo 20 minuti. Mi hanno portato via in pigiama.” Già nella notte tra il 28 e il 29 si sposta in Nicaragua per partecipare ad una riunione straordinaria dell’ALBA, dove trova la solidarietà dei suoi alleati.

4. La condanna internazionale e l’inizio delle trattative

Il golpe riceve subito una compatta condanna internazionale, ma i toni più decisi sono quelli dei paesi latinoamericani decisi a non lasciar correre su quello che può diventare un pericoloso precedente nella regione. Dopo l’intimazione al governo golpista di Micheletti di reinsediare Zelaya alla presidenza l’Organizzazione degli Stati Americani decide di espellere l’Honduras. È una decisione storica per un organizzazione che nel 1978 era composta da 11 dittature militari su 34 (Honduras, El Salvador, Nicaragua, Panama, Haiti, Cile, Bolivia, Argentina, Uruguay, Paraguay, Brasile). L’amministrazione statunitense è invece molto più tiepida: Obama si dice “profondamente preoccupato” ma il dipartimento di Stato si rifiuta di definire il cambio di governo un colpo di Stato (ancora il 6 agosto dichiara: “legalmente non possiamo dire che si tratti di un colpo di stato, la situazione è ancora oggetto di analisi

Qualche mese dopo lo stesso Lobo, presidente eletto dalle elezioni organizzate dai golpisti (vedi sotto), risponderà alla domanda dell’intervistatore della CNN “fù un golpe de Estado?”: “claro que si mettila come vuoi fù un golpe

All’interno del panorama politico statunitense vi è invece chi appoggia il golpe: figure chiave della destra statunitense come Otto Reich (il cubano-statunitense ed ex consigliere di Bush) e l’International Republican Institute, o il senatore repubblicano Jim DeMint, la deputata cubano-statunitense Ileana Ros-Lehtinen, e l’avvocato conservatore Manuel A. Estrada, tutti e tre hanno insistito nel dire che il golpe è giustificato perché non è un colpo di stato, ma nient’altro che una difesa della Costituzione honduregna.4 Anche parte del partito democratico, la destra clintoniana, è favorevole al golpe: Lanny J. Davis (consigliere di Bill Clinton dal 1996 al 1998 e responsabile della macchina elettorale di Hillary Clinton durante le primarie del 2008) e Bennett Ratcliff (collaboratore di Bill Clinton durante la sua presidenza, 1993-2000) hanno assistito la delegazione golpista ai colloqui di San José con la delegazione del governo deposto.
Inoltre in Honduras vi è un importante base aerea statunitense (Palmerola, 600 militari) dove vengono addestrati ufficiali honduregni, il legame tra gli apparati militari dei due paesi è quindi molto forte.

Zelaya dichiara fin da subito di voler tornare, ci prova una prima volta via aerea (5 luglio): fuori dall’aeroporto di Tegucigalpa, nel quale gli viene impedito l’atterraggio, si scatena la repressione contro i suoi sostenitori. Ci riprova il 25 luglio, quando varca momentaneamente la frontiere nei pressi di “Las Manos” (al confine con il Nicaragua), protetto da centinaia di sostenitori che lo circondano con una catena umana. Questi tentativi di Zelaya di tornare in Honduras vengono accusati di “avventurismo” dal segretario dell’OSA Insulza e dal segretario di stato Hillary Clinton, entrambi li considerano gesti che possono “alzare la tensione”.

Invece la strategia del dipartimento di Stato ha come obiettivo la riconciliazione tra golpisti e governo deposto tramite un governo composto da entrambi i fronti e guidato da Zelaya che duri fino alle elezioni di novembre, ma che abbandoni ogni velleità di riformare la costituzione. Per portare avanti la posizione nordamericana viene individuato il presidente del Costa Rica Óscar Arias, un alleato di Washington che gode di un certo prestigio per il Premio Nobel per la pace assegnatogli nel 1987 durante il suo primo mandato (1986-1990) grazie al ruolo avuto negli accordi di pace firmati con gli altri paesi centroamericani (Guatemala, Salvador, Honduras e Nicaragua) mentre erano teatro dell’azione di guerriglie

Obama Lula Arias

Barack Obama stringe la mano ad Óscar Arias, sullo sfondo il presidente brasiliano Lula (Vertice delle Americhe 17 aprile 2009)

comuniste o antimperialiste e base degli attacchi dei contras contro il Nicaragua sandinista.

La proposta di mediazione di Arias (18 luglio) viene discussa dalle delegazioni del governo deposto e di quello golpista nei cosidetti dialoghi di San José, infatti Zelaya si rifiuta di chiamarle trattative perchè non riconosce la legittimità del governo presieduto da Micheletti. I sette punti di Arias sono in sostanza una sconfitta per la base sociale di Zelaya che, con la Costituente, sperava di approfondire la politica sociale del presidente deposto: il reinsediamento alla presidenza di Zelaya avverrebbe solo a capo di un governo di conciliazione che comprenda anche esponenti golpisti, un’amnistia generale annullerebbe i crimini commessi da questi ultimi, la rinuncia definitiva a convocare un’assemblea costituenteannullerebbe il principale motivo dell’opposizione dell’oligarchia a Zelaya. La proposta viene accettata da Zelaya ma rifiutata dai golpisti, intenzionati a processare il presidente deposto.

Fallito il tentativo di mediazione statunitense la situazione politica resta in stallo per due mesi. Con gli alleati più stretti di Zelaya, Chavez e Fidel Castro, che accusano Arias di essere un pupazzo degli Stati Uniti, e questi ultimi che non prendono nessuna seria misura di pressione sul governo golpista: l’unica sanzione è il ritiro dei visti diplomatici ad alcuni membri del governo di Micheletti. Anche la copertura mediatica data al dramma honduregno non è all’altezza della situazione, e, sotto la condanna di rito al golpe, spesso si insinuano dubbi sulla condotta d Zelaya e si aggolgono senza troppi scrupoli i teoremi golpisti accettando la tesi dell’intenzione del presidente deposto di farsi rieleggere a novembre (El Pais, La Stampa, Corriere della Sera), la CNN, ad esempio, vuole che passi l’idea che Zelaya non avesse appoggio nel paese.5

5. Il ritorno di Zelaya e l’aumento della repressione

Una svolta importante si verifica solo per iniziativa di Zelaya, che, il 21 settembre, riesce a tornare clandestinamente a Tegucigalpa rifugiandosi nell’ambasciata brasiliana. Il suo arrivo mostra la debolezza dell’apparato militare honduregno, nemmeno in grado di intercettare il suo ricercato numero 1, oppure potrebbe essere spiegato con la fedeltà al presidente deposto di parte delle Forze Armate. L’euforia per il suo ritorno da nuovo slancio ai suoi sostenitori che si mobilitano in tutta la capitale ingaggiando scontri con polizia ed esercito nelle principali colonias (quartieri periferici), dove sono state erette barricate, e nei pressi dell’ambasciata brasiliana. Li i manifestanti vengono attaccati con gas lacrimogeni e urticanti, armi da fuoco e proiettili di gomma, qualche centinaio ha trovato rifugio nella stessa ambasciata. Il governo golpista ha minacciato di togliere all’ambasciata lo status diplomatico, e quindi di irrompervi, lanciando al Brasile un ultimatum di 10 giorni che però scade il 7 ottobre senza conseguenze.

Il governo golpista, di fronte al pericolo di insurrezione, inasprisce la repressione reimponendo subito un lunghissimo coprifuoco di 18 ore (il coprifuoco fornisce ai militari, impegnati nella persecuzione dei sostenitori di Zelaya, la garanzia che i loro crimini non vengano documentati da giornalisti e attivisti dei diritti umani), e militare spara su un corteodichiarando lo Stato d’assedio (Decreto esecutivo PCM 016-2009) per un periodo di 45 giorni a partire dal 27 settembre.
La portata di questa decisione è enorme, visto che fornisce a militari e governo il potere di arrestare “persone considerate sospette o chiunque metta in pericolo la propria vita o quella degli altri”, sgomberare edifici pubblici occupati dai manifestanti, sciogliere riunioni non autorizzate (ogni manifestazione è da allora vietata) e chiudere giornali, radio, televisioni (cosa che è puntualmente avvenuta con la chiusura di Radio Globo, schieratasi contro il golpe, e l’arresto della sua redazione).

Il congelamento del decreto di stato d’assedio avviene però dopo poco più di una decina e il 6 ottobre si teneva l’unica manifestazione non repressa dalla polizia dal 27 settembre, ma di fatto nei giorni seguenti sarà sempre difficilissimo manifestare e proseguiranno gli arresti indiscriminati. Per il governo golpista è un gesto di distensione in vista dei negoziati con i ministri degli esteri della OSA che iniziano il 7. Qualche giorno prima Zelaya si era detto disponibile a negoziare rilanciando i 7 punti proposti da Arias. Il cosiddetto dialogo Guaymuras si svolge tra apparenti interruzioni definitive rimanendo bloccato dall’intransigenza golpista sul ritorno di Zelaya alla presidenza. Ma il Fronte Nazionale Contro il Colpo di Stato, che aveva inviato come proprio delegato all’interno della commissione di Zelaya il presidente della FUTH (Federacion Unitaria de Trabajadores de Honduras) Juan Barahona, dopo tre giorni si era già ritirato dalle trattative per la rinuncia esplicita alla convocazione di un’Assemblea Costituente contenuta nel Plan Arias: il dirigente indigeno spiega come il Plan Arias faccia retrocedere il paese a molto prima del 28 giugno, permettendo agli Stati Uniti di riprendere un ruolo di protagonisti nella regione.6

6. Dall’accordo-farsa alle elezioni del 29 novembre

6.1. Sotto la pressione degli Stati Uniti viene firmato l’accordo (30 ottobre)
La svolta arriva venerdì 30 ottobre al termine della visita in Honduras del sottosegretario per l’emisfero occidentale del dipartimento di Stato Thomas Shannon: Micheletti annuncia la sua disponibilità al ritorno di Zelaya alla presidenza e vengono firmati i cosiddetti Accordi di San José/Tegucigalpa che ricalcano il Plan Arias (Zelaya presidente di un governo di unità e riconciliazione nazionale, elezioni il 29 novembre, divieto per i firmatari dell’accordo di promuovere un’Assemblea costituente). È evidente il ruolo risolutore dell’intervento di Shannon: le elezioni sono imminenti e nessuno riconoscerà il vincitore senza accordi, l’obiettivo degli Stati Uniti viene comunque raggiunto. Infatti il potere che verrebbe restituito a Zelaya sarebbe puramente simbolico: a capo di un governo composto per la metà dalla cricca che l’ha rovesciato, senza il controllo per l’esercito che rimane ai golpisti attraverso il Tribunale Supremo Elettorale, senza il potere di convocare un assemblea costituente ed in carica solamente fino al 23 gennaio 2010, già dal 29 novembre oscurato dal nuovo eletto. Inutile dire che le elezioni, alle quali parti del Frente intendono partecipare tramite le candidature di Carlos H. Reyes (un altro dirigente della FUT) e di César Ham (Partido Unificación Democrática) o con una candidatura unificata, sarebbero una farsa in un paese dove da mesi viene impedito di manifestare, riunirsi e tanto meno fare propaganda contro il golpe, e molti ipotizzarono la possibilità di brogli visto che i responsabili della macchina elettorale, i militari, sono gli stessi autori del golpe.

6.2. I golpisti vogliono tutto: Zelaya non torna alla presidenza (5 novembre)
Zelaya e i suoi sostenitori attendono ora un voto del Congresso che viene posticipato di giorno in giorno. Per una settimana attendono una restituzione della presidenza che non arriva, fin quando, giovedì 5 novembre giorno prefissato per la formazione di un governo di riconciliazione, il ministro alla presidenza del governo golpista

PinedaPonce annuncia “Essendo don Roberto Micheletti il presidente costituzionale della Repubblica (…) gli spetterebbe guidare questo governo”, sostendo che l’accordo firmato non dica in nessuna parte che Zelaya debba tornare immediatamente al governo e che il congresso ha tutto il tempo che vuole per esaminarne l’eventualtà.

Roberto Micheletti

Roberto Micheletti (1947)

Qualche minuto prima il governo di fatto si era sciolto per lasciare il posto a quello di riconciliaziane nazionale formato da rappresentanti delle due parti.7 Un’ora dopo Micheletti presenta alla stampa un governo di unità e riconciliazione nazionale senza i rappresentanti di Zelaya, felicitandosi impunemente per la “più ampia partecipazione e approvazione possibile dei diversi settori della società civile e dei partiti politici” di cui godrebbe il nuovo governo, un affermazione che stride con l’ammissione dell’assenza di uomini di Zelaya nel nuovo governo, che lo stesso presidente deposto, secondo gli accordi, doveva presiedere.8Governo deposto, Fronte di Resistenza e la maggior parte dei paesi latinoamericani dichiarano subito rotto l’accordo e non legittime le ormai imminenti elezioni, tuttavia l’accordo disatteso ha comunque raggiunto il suo scopo: gli Stati Uniti riconosceranno, comunque vada, le elezioni.

6.3. Gli Stati Uniti riconosceranno le elezioni organizzate dai golpisti che non hanno rispettato l’accordo
Gli emissari di Washington, il sottosegretario di Stato Thomas Shannon e l’assessore presidenziale Dan Restrepo, avevano fatto capire al governo golpista che senza accordi gli Stati Uniti avrebbero preso delle contromisure tra le quali: esclusione dell’Honduras dal TLC (trattato di libero commercio) con il Centroamerica, ritirata dell’ambasciatore statunitense Hugo Lorens, inclusione dell’Honduras nella lista dei paesi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.9 Ora gli Stati Uniti dichiarano che riconosceranno le elezioni, dietro il la scusa che “la crisi è degli honduregni e se la devono risolvere gli honduregni”, che è la stessa frase che il governo golpista usava per evitare che le organizzazioni internazionali prendessero posizione rispetto a golpe in Honduras.10Dopo il fallimento dell’accordo il portavoce del dipartimento di Stato Ian Kelly ha detto di essere deluso da entrambe le parti10, Thomas Shannon ha dichiarato che il ritorno alla presidenza di Zelaya non è legato alla formazione di un nuovo governo, ma alla decisione del Congresso Nazionale, la cui risoluzione sarà accettata dal governo statunitense, aprendo il cammino alla legittimazione e al riconoscimento del processo elettorale e delle autorità che ne risulteranno elette.12 Inoltre le dichiarazioni di un senatore repubblicano da subito sostenitore del golpe gettano più luce sulla posizione presa dall’Amministrazione Obama. Jim De Mint, che aveva detto che non si trattava di un colpo di stato ma di un intervento a difesa della costituzione honduregna, ha tolto giovedì il veto che poneva da tre mesi alla nomina Alberto Valenzuela, proposta il 12 maggio, come sottosegretario per l’emisfero occidentale nel posto che era di Thomas Shannon. Shannon è stato nominato nel suo incarico di sottosegretario da Bush, e diventerà ambasciatore statunitense in Brasile. DeMint ha detto di aver tolto il suo veto dopo aver ricevuto garanzie dall’Amministrazione Obama sul riconoscimento delle elezioni del prossimo 29 novembre a prescindere dal ritorno di Zelaya alla presidenza. In un comunicato DeMint ha specificato “La segretaria di Stato Hillary Clinton e il vicesegretario per l’America Latina Thomas Shannon mi hanno garantito che gli Stati Uniti riconosceranno il risultato delle elezioni honduregne, sia che Manuel Zelaya torni alla presidenza o no”.13

6.4. Elezioni-farsa (29 novembre)
Nelle tre settimane successive molti antigolpisti ritirano la propria candidatura, in linea con la scelta del Fronte di boicottare le elezioni. Lo fanno il candidato indipendente alla presidenza Carlos Reyes (dirigente della FUT e membro del Fronte di Resistenza), almeno 110 candidati sindaci e 55 candidati al Congresso e la candidata alla vicepresidenza per il Partito Liberale Margarita Elvir14, ma non il candidato del partito di Unificazione Democratica, un partito antigolpista con 5 deputati al Congresso, Cesar Ham. OSA, Nazioni Unite, Unione Europea non inviano osservatori internazionali per delle elezioni che si celebrano dopo 155 di regime autoritario, molti di questi con divieto di manifestare e di riunirsi, alcuni di questi con la chiusura degli unici mezzi di informazione antigolpisti, tutti senza campagna elettorale mentre nelle strade si caricavano i cortei ed esercito e paramilitari uccidevano almeno 25 persone tra attivisti politici e giornalisti, e lo faranno almeno altre 9 volte prima dell’insediamento del nuovo presidente.15

Le elezioni vengono gestite dal Tribunale Supremo Elettorale che non aveva voluto organizzare la consulta e dall’esercito che ha realizzato il colpo di Stato, lo stesso giorno a San Pedro Sula una manifestazione della resistenza viene caricata dall’esercito che spara lacrimogeni anche il giorno del “ritorno alla democrazia”.
La legittimità delle elezioni è misurata dal numero dei partecipanti: per il Fronte di resistenza hanno votato il 21,5% degli aventi diritto mentre il governo dichiara un’affluenza del 63%, non c’è nessuna istituzione internazionale a garantirlo.
Vince il candidato del Partido Naciónal Porfirio Lobo Sosa, sconfitto da Zelaya nel 2006, con 1,2 milioni di voti (sempre secondo il TSE), il suo governo verrà riconosciuto nei mesi succesivi da molti paesi, ma non dalla maggior parte di quelli sudamericani. Tre giorni dopo le elezioni il congresso vota finalmente sul ritorno di Zelaya alla presidenza, e naturalmente vota no, il presidente deposto esce definitivamente dal suo paese il 27 gennaio, giorno dell’insediamento del nuovo presidente.

Quest articolo scritto dal Comitato Carlos Fonseca è riproducibile liberamente citando la fonte

Approfondisci

Per approfondire la storia dell’Honduras prima e dopo il Golpe del 2009 vai a Honduras
Nell’archivio esistono trasmissioni radiofoniche scaricabili sull’Honduras

Immagini del colpo di Stato

35 grandi foto dei giorni del golpe dal Boston Globe
Decine di immagini della repressione dei mesi successivi

Documentari sul colpo di Stato

Quien dijo miedo” di Katia Lara (2010) sito ufficiale, guardabile in streaming
Honduras: semilla de libertad” di Alba TV (2010) scaricabile e guardabile in streaming

Note
1Maurice Lemoine, Honduras, fermo immagine di guerra fredda, Le Monde Diplomatique 14-09-2009, anche in rete su [http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Settembre-2009/pagina.php?cosa=0909lm14.01.html], ultimo accesso 12-09-2010.
2 Ibidem.
3 Ibidem.
4 Immanuel Wallerstein, traduzione di Luca Tombolesi, La destra colpisce ancora, pubblicato il 15-07-2009 su [http://fbc.binghamton.edu/261itz.htm], ultimo accesso 13-09-2010, articolo originale in inglese [http://fbc.binghamton.edu/261en.htm].
5 Carlos Rivera Lugo, Zelaya no está solo, pubblicato il 01-07-2009 su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=87906] ultimo accesso 24-09-2010.
6 Giorgio Trucchi, Ahora el diálogo, tras 100 días de resistencia, pubblicato il 06-10-2009 su [http://www.rel-uita.org/internacional/honduras/ahora_el_dialogo.htm] ultimo accesso 24-09-2010.
7Micheletti presidirá Gobierno de Unidad en Honduras, pubblicato il 05-11-2009 su [http://www.telesurtv.net/noticias/secciones/nota/61176-NN/micheletti-presidira-gobierno-de-unidad-en-honduras/], ultimo accesso 24-09-2010.
8Micheletti anuncia que ha finalizado la conformación de Gobierno de Unidad,pubblicato il 06-11-2009 su [http://www.telesurtv.net/noticias/secciones/nota/61181-NN/micheletti-anuncia-que-ha-finalizado-la-conformacion-de-gobierno-de-unidad/] ultimoa accesso 24-09-2010.
9Carlos Rivera Lugo, El desacuerdo hondureño, pubblicato il 05-11-2009 su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=94600] ultimo accesso 24-09-2010.
10Pablo Ordaz, Honduras entra en un callejón sin salida, pubblicato il 06-11-2009 su [http://www.elpais.com/articulo/internacional/Honduras/entra/callejon/salida/elpepuint/20091106elpepuint_6/Tes] ultimo accesso 24-09-2010.
11Micheletti anunció ”compás de espera” tras presión internacional, pubblicato il 06-11-2009 su [http://www.telesurtv.net/noticias/secciones/nota/61238-NN/micheletti-anuncio-compas-de-espera-tras-presion-internacional/] ultimo accesso 24-09-2010.
12Giorgio Trucchi, El día del “ahora o nunca”, pubblicato il 06-11-2009 su [http://www.rel-uita.org/internacional/honduras/el_dia_del_ahora_o_nunca.htm] ultimo accesso 24-09-2010.
13Ricardo Arturo Salgado, El imperialismo, Latinoamérica, la resistencia y las elecciones, Rebelion, pubblicato il 08-11-2009 su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=94766]; Yolanda Monge, EE UU confirma a Arturo Valenzuela como responsable para América Latina, pubblicato il 07-11-2009 su [http://www.elpais.com/articulo/internacional/EE/UU/confirma/Arturo/Valenzuela/responsable/America/Latina/elpepuint/20091107elpepuint_4/Tes]; Percy Francisco Alvarado Godoy, Estados Unidos negoció la solución del problema hondureño a espaldas de Zelaya y del pueblo, pubblicato il 08-11-2009 su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=94764]. Ultimo accesso per tutti 24-09-2010
14Candidatos a las elecciones de Honduras anuncian renuncia masiva, pubblicato il 13-11-2009 su [http://www.telesurtv.net/noticias/secciones/nota/61633-NN/candidatos-a-las-elecciones-de-honduras-anuncian-renuncia-masiva/] ultimo accesso 24-09-2010; Renuncia candidata a vicepresidencia de Honduras en rechazo al golpe de Estado,pubblicato il  21-11-2009 su [http://www.aporrea.org/tiburon/n145836.html] ultimo accesso 24-09-2010.
15Muertes en el golpe de estado, aggiornato il 24-03-2010 su [http://www.cofadeh.org/html/muertos_golpe/index.html], ultimo accesso 18-09-2010.

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