Ollanta il “neoliberale”


A due settimane dalle elezioni alcune dichiarazioni del nuovo presidente del Perù lasciano intravedere quale sarà la sua politica: in continuità con la scelta di apertura alle multinazionali minerarie e dei mercati, con qualche piano di assistenza ai poveri. La continuità con i governi precedenti è anche nella scelta degli uomini di governo. Tutto in quest’articolo di Diego Mendoza.

Diego Mendoza
La Haine 17-06-2011

Nella settimana successiva alla sua elezione Humala ha evidenziato la necessità di mantenere “la stabilità macroeconomica” del Paese e la sua volontà di associare lo Stato e il capitale privato in diverse iniziative. L’ex militare ha rifiutato enfaticamente qualsiasi nazionalizzazione o statalizzazione, e ha risposto che si incentiverà l’investimento privato. Tutto per consentire alla Borsa di recuperare l’incredibile crollo di più del 12% [seguito alla sua elezione], con aumenti consistenti nei giorni successivi alle elezioni. La caduta era stata definita dagli esperti “esagerata”.

I nuovi portavoce dell’Ollanta “aggiornato” sono l’ex presidente – neoliberale – Alejandro Toledo e Mario Vargas Llosa, lo scrittore di destra più conosciuto del mondo – i veri gestori mediatici della vittoria “nazionalista”. Si da per scontato che nella squadra economica di Ollanta ci saranno i “tecnici” dell’ex presidente Toledo, come dire che i “neoliberali” terrano in ostaggio il governo. Kurt Burneo, ex presidente della Banca Centrale di Toledo, sarà il nuovo ministro dell’Economia, mentre Beatriz Merino, ex capo di gabinetto di Toledo, avrà lo stesso incarico nel governo di Humala. Merino è, oltretutto, intima amica dello scrittore peruviano e Premio Nobel per la letteratura Vargas Llosa. Allo stesso tempo verrà lasciato al suo posto a capo della Banca Centrale Julio Valverde, come segnale di continuità con le politiche di Alan García.

L’aumento delle tasse sull’estrazione mineraria o delle regalie petrolifere, la principale preoccupazione delle “piovre”, non sembra preoccupare più. “Sebbene la vittoria di Ollanta Humala non è ciò che gli investitori aspettassero, il risultato potrebbe non essere tanto negativo come alcuni temono”, ha affermato Jorge Benavides, presidente della “piovra” Zincore Metals di Vancouver (Wall Street Journal, 8/6). Il presidente eletto ha solo il 36% dei deputati, per cui dovrebbe essere obbligato a governare per “consenso”; Ollanta è arrivato a parlare di un “governo di unità nazionale”, forse facendo il calcolo che lo schieramento che ha votato Keiko Fujimori non potrà evitare l’estinzione.

Humala ha già anticipato che la sua intenzione di “redistribuire la ricchezza” si limita a una serie di sussidi assistenziali che, in qualsiasi caso, non supereranno l’1% del PIL. Questi piani hanno già un nome: “Pensione 65” (una pensione minima, slegata dal salario, come chiede la Banca Mondiale), o piani per la famiglia per l’assistenza di bambini e adolescenti, come quelli che esistono in Brasile.

Miniera e ribellione sociale

Il Perù è il secondo paese con più riserve di rame dopo il Cile, è uno dei principali esportatori di metalli del mondo, ma come gli altri paesi della regione il sacheggio minerario delle “piovre” gli ha lasciato un terribile degrado sociale, con una sequela di insurrezioni popolari; Alan García ha dovuto attraversare nei suoi quattro anni un’interminabile quantità di crisi politiche. La ribellione operaia e ambientalista ha imposto un relativo freno all’attività e ha paralizzato investimenti multimilionari.

Attualmente si registrano più di 230 conflitti sociali in Perù, dei quali la metà sono condotti dai popoli indigeni che soffrono il saccheggio minerario. Humala programma lo sviluppo dell'”infrastruttura” nazionale in una associazione “pubblico-privata”, con le imprese di costruzione brasiliane, che concretizzerebbe un immenso corridoio interoceanico di cui beneficerebbero le imprese minerarie. “Gli investimenti all’interno del Paese sono scarsi, eccetto che nell’industria mineraria (…) questo sconette la moderna economia della costa dai territori andini e dall’Amazzonia, che sono il 70% della superficie del Perù”, ha spiegato Humala al giornale El País. Questo è il principale piano di “creazione di posti di lavoro” del nazionalista.

L’ascesa di Humala al governo è legata alla necessità di arbitrare la lotta di classe in Perù – di caratteristiche esplosive – con alcune concessioni sociali. Per riuscirci Humala vuole mettere il Perù nell’orbita del Brasile, ossia, delle sue imprese costruttrici, e spartire gli affari delle imprese minerarie e petrolifere con nuovi attori. Il Perù si aggiunge alla schiera di paesi con una direzione nazionalista borghese o piccolo-borghese in un quadro di esaurimento di questi regimi politici, e con la certezza che la bancarotta capitalista tornerà a manifestarsi nella regione con la caduta dei prezzi d’esportazione e il riflusso dei capitali.

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da
Diego Mendoza, Ollanta, el “neoliberal”, pubblicato il 17-06-2011 su [http://www.lahaine.org/index.php?p=54459], ultimo accesso 19-06-2011.

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