Articoli con tag Autonomia

La Guerra e l’Unità

Lucio Rivera

Appunti e proposte per una politica dal basso

Le elezioni e la guerra sono elementi classici della legittimità degli stati capitalisti. La politica messicana, coinvolta in una crisi economica, avanza a tutta velocità nonostante i tentativi di frenarla verso la sua decisiva congiuntura sessennale. Una possibile collisione dell’apparato politico-elettorale senza freni non è per nulla scartata. La classe dominante sa che il suo potere dipende in gran parte dalla “parvenza” di avere “tutto sotto controllo”. Le elezioni influiranno in modo diverso sulla Guerra, ma la situazione non cambierà su ciò che è sostanziale, sia quale sia il risultato. La strategia controinsurrezionale, l’altro “dispositivo” fondamentale, nonostante l’incubo di decine di migliaia di donne e uomini trucidati e scomparsi, continua a creare il necessario consenso per garantire una certa stabilità del regime.

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Bolivia: Le contraddizioni non sono bellissime ma catastrofiche

Pablo Mamani Ramirez

Il Vicepresidente della Bolivia, Álvaro García Linera, nella sua presentazione presso l’Istituto di Ricerche Economiche dell’Università Nazionale Autonoma del Messico dello scorso 7 febbraio, ha affermato riguardo le ultime lotte sociali: “Sono i problemi che viviamo, le tensioni, le bellissime tensioni rivoluzionarie di un processo vivo, di un processo che in ogni momento si retroalimenta, che modestamente offre le sue esperienze alle esperienze di altri popoli e del continente”.

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Il popolo boliviano vive la più grande rivoluzione sociale

Luis Hernández Navarro

Intervista al vicepresidente della Bolivia, Álvaro García Linera

“Gli indigeni, che erano predestinati ad essere contadini, operai, portieri o camerieri, oggi sono ministri, legislatori, direttori di imprese pubbliche, magistrati, governatori o presidente”.

Álvaro García Linera, oltre ad essere il vicepresidente della Bolivia, è uno degli intellettuali latinoamericani di sinistra più importanti del continente. Anche se la sua professione iniziale è quella di matematico (la studiò nell’Università Nazionale Autonoma del Messico), si è formato come sociologo nel carcere e nella pratica.

Ha teorizzato l’esperienza boliviana di cambiamento come nessuno lo ha fatto, come dire, con originalità, profondità e freschezza. E l’esperienza boliviana oggi è un riferimento obbligato e sempre più di maggior influenza sul movimento popolare latinoamericano. García Linera conosce e domina a fondo il marxismo classico, ma è molto lontano dall’essere dottrinario. Il suo pensiero è molto influenzato dall’opera di Pierre Bordieu.

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La democrazia elettorale nella crisi del sistema

Raúl Zibechi

Dal colpo di stato in Honduras, già più di due anni fa, si sono moltiplicati i segnali del fatto che le elite mondiali cercano di affrontare la crisi del sistema in modo autoritario, passando sopra alle forme democratiche che a suo tempo loro stesse hanno fissato come modo di risolvere i conflitti sociali e politici. Anche se per ora i golpe sono l’eccezione, le pratiche autoritarie stanno diventando normali e si stanno estendendo in quello che può trasformarsi in un accerchiamento politico-militare delle forze antisistema.

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Il governo di Sebastián Piñera aumenta la militarizzazione delle comunità mapuche

Carlos Aznárez

Un’altra volta suonano i tamburi di guerra nella regione mapuche del sud del Cile, più precisamente nella zona di Ercilla, dove si trova la Comunità Autonoma Temucuicui.

Adempiendo a precise istruzioni giunte dalla sede del governo di Santiago, sabato scorso un numeroso contingente di carabinieri ha fatto irruzione nella Comunità ed ha raso al suolo tutto ciò che ha incontrato sul
cammino.

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Pachamamismo eurocentrico

Andrés Soliz Rada

Raúl (Prada) Alcoreza ha commentato la mia nota “Territori Ancestrali nella Costituzione Boliviana” (“Rebelión”, 28-10-11), in questi termini:

“Andrés (Soliz) Rada è un nazionalista. Non ha superato quell’orizzonte, continua con l’illusione dello stato-nazione, come la maggioranza del governo. Non intende che questo modello è subalterno e sottomesso alla geopolitica di dominazione del sistema-mondo capitalista. Questi stati ci sono per garantire il trasferimento delle risorse naturali al centro dell’economia-mondo capitalista. Puntano a mantenere la dipendenza attraverso il modello estrattivista. I nazionalisti si illudono con il progressismo e l’estrattivismo allo stesso modo come facevano le elite liberali del XIX secolo. I nazionalisti non intendono lo spostamento epistemologico, teorico, politico, culturale e civilizzatore della proposta decolonizzatrice indigena della costruzione dello stato plurinazionale comunitario ed autonomo, non intendono che è una proposta di transizione integrale che rompe con la modernità, l’unica forma per vincere il capitalismo. L’altro, il progressismo e l’estrattivismo, è tornare a consegnare le nostre ricchezze alla voragine capitalista, il nazionalismo è una ideologia che legittima quella dominazione” (“Foro Bolivia”, 07-11-11).

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La megaindustria forestale cilena ed il territorio Mapuche

Un conflitto dietro le cortine della “Democrazia”

Eduardo Mondaca M.

“Le bugie hanno accoltellato le carte / e si sono infettate le ferite della storia / un tiepido vento di cimitero ti rinfresca / mentre dalla nube d’argento scoppiano scariche elettriche  / piovono indigeni in lancia / pioggia negra color della vendetta”

David Aniñir

Una realtà filtrata

In un paese come il Cile, dove la ricchezza è del tutto concentrata, l’alleanza del potere politico e del potere economico fa cadere la propaganda ideologica in modo più arbitrario che nei regimi dittatoriali. Questa propaganda, statale e dell’elite imprenditoriale, occultata tra le centinaia di pieghe della struttura informativa e simbolica dei grandi mezzi di comunicazione avvolge tutta la popolazione, creando conseguenze eziologiche ed ideologiche molto chiare nella società.

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La Comunitaria del Guerrero dimostra che la polizia può essere un bene del popolo

Gloria Muñoz Ramírez

Come la maggior parte del territorio messicano, la Montagna del Guerrero è una sorgente ribollente nella quale è presente la delinquenza organizzata, l’esercito, i megaprogetti minerari, le autorità statali e le polizie locali e, a fianco della resistenza, il Coordinamento Regionale delle Autorità Comunitarie-Polizia Comunitaria (CRAC-PC), della Costa e della Montagna, con i loro particolari processi interni.

Il 15 ottobre la Polizia Comunitaria ha celebrato il suo XVI anniversario nella comunità di Paraje Montero, in una atmosfera rarefatta per la presenza inaspettata di membri degli uffici statali, ed anche perché giorni prima cinque presunti narcotrafficanti erano stati catturati dalla Comunitaria. La questione è stata mantenuta in totale riserbo mentre si celebrava il festeggiamento con la convocazione dei rappresentanti indigeni di altre parti del paese, con oltre migliaia di tlapanechi, mextechi, nahua e meticci dei vicini municipi che mantengono un loro proprio sistema di sicurezza.

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Guerra, politica, resistenze e alternative

(Intorno al dibattito sull’etica e la politica)

Arturo Anguiano

La guerra della paura e dell’insicurezza

Il testo del Subcomandante Insorgente Marcos1 pone delle questioni centrali che caratterizzano l’attuale situazione del paese. La guerra contro il cosiddetto crimine organizzato, particolarmente contro le mafie del narcotraffico, che dall’inizio del suo mandato Felipe Calderón ha messo in pratica, è una guerra che non dice ciò che è, che si nasconde e, nei fatti, ha condizionato l’insieme della gestione statale, trasformandosi nel segno distintivo del panismo al potere. È chiaro che questa guerra non è stata imposta a Calderón, non è stata il risultato di una crisi specifica causata da qualche salto qualitativo del crimine organizzato che, senza rimedio, richiedeva di cambiare in modo radicale le priorità governative.

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Messico: l’autodifesa delle comunità indigene senza il “permesso” del governo

Gloria Muñoz Ramirez

Cherán e Ostula, nel Michoacán, e San Luis Acatlán, nel Guerrero. In diverse regioni del Messico le comunità indigene organizzano la sicurezza dei propri territori, in modo indipendente dal governo e da tutte le istituzioni, rivendicando il diritto all’autodifesa dei propri popoli. Non si tratta di gruppi armati o di guerriglieri, ma di ristabilire le proprie istituzioni tradizionali di vigilanza che il diritto internazionale gli conferisce.

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