I documenti segreti della dittatura che provano l’appropriazione della Papel Prensa


Daniel Cecchini

Alla chiusura di questa edizione di Miradas al Sur, un gruppo giuridico del Ministero della Difesa guidato dalla direttrice generale degli Affari Giuridici dello stesso ministero, Graciana Peñafort, stava urgentemente lavorando per rispondere alle ingiunzioni giudiziarie, nell’ambito di diverse cause, relative ai documenti segreti della Giunta Militare dell’ultima dittatura ritrovati la settimana passata nei sotterranei dell’Edificio Condor. Fonti di questo ministero hanno confermato a questo settimanale domenicale che tra queste ingiunzioni ce ne è una del titolare della Corte Nazionale Criminale e Correzionale Federale numero 10, Julián Ercolini, titolare della causa che indaga l’appropriazione della Papel Prensa1, affinché gli siano consegnati gli originali dei documenti dove si menziona questa impresa e il Gruppo Graiver.

I documenti della giunta dove si allude alla Papel Prensa sono 15, e non 13 come è stato detto in un primo momento, giacché dopo l’annuncio del ministro Agustín Rossi i funzionari incaricati di controllarli hanno trovato altri due documenti. Con la consegna alla corte, all’inizio della settimana che inizia, il percorso di questi documenti dalle catacombe del Comando della Forza Aerea al ministero della Difesa e, da lì, alla sede giudiziaria verrebbe fatto con una straordinaria rapidità, soprattutto se lo si mette a confronto con la vistosa lentezza con cui va avanti la causa che indaga il passaggio irregolare delle azioni dell’impresa che Lidia Papaleo de Graiver e altri membri del Gruppo Graiver si sono visti obbligati a fare, tra i primi di novembre 1976 e metà marzo 1977, sotto le minacce di sequestro e morte.

Secondo la Forza Aerea, i fascicoli con i 280 documenti della giunta militare –tra i quali si trovano i 15 relativi alla Papel Prensa– sono stati ritrovati giovedì 31 ottobre. All’inizio di questa settimana, il ministro Agustín Rossi ha fatto l’annuncio. Nello stesso momento, funzionari di questo ministero analizzavano il materiale con il sottosegretario ai Diritti Umani della Nazione, Luis Alén, per valutare la loro importanza giuridica. Miradas al Sur ha potuto sapere da fonti giudiziarie che appena due giorni dopo, mercoledì, il giudice Ercolini ha inviato al ministero della Difesa una ingiunzione sollecitando questi originali per allegarli alla causa denominata “Magnetto, Héctor e altri / delitto pubblico”.

Nella causa sono imputati la direttrice del Clarín, Ernestina Herrera de Noble, il CEO del Gruppo, Héctor Magnetto, l’ex direttore de La Nación, Bartolomé Mitre, l’ex segretario dell’Industria della dittatura, Raymundo Pío Podestá, gli ex proprietari de La Razón, José, Marcos e Hugo Peralta Ramos, e l’ex segretario della redazione del Clarín, Reinaldo Gregorio Bandini. La morte ha permesso di sfuggire dall’azione della Giustizia al dittatore Jorge Rafael Videla, al primo ministro dell’Economia della dittatura, José Alfredo Martínez de Hoz, e all’ex direttore de La Razón, Patricio Peralta Ramos.

Prove irrefutabili

Quattordici dei cinque documenti della Giunta Militare in cui si menziona il Gruppo Graiver e la Papel Prensa erano sconosciuti fino alla scoperta avvenuta nell’Edificio Condor. Si sapeva solo della loro esistenza per riferimenti fatti a metà del decennio degli anni 80 dal genocida Eduardo Massera all’allora procuratore per le Indagini Amministrative, Ricardo Molinas, quando questi indagava le spoliazioni di imprese effettuate dalla dittatura. In quella occasione Massera non produsse alcuna documentazione.

Fino ad ora, il giudice Ercolini disponeva solo di una copia del documento n° 14, dove è registrata l’autorizzazione della Giunta Militare al trasferimento della maggioranza del pacchetto azionario della Papel Prensa (51%) al Clarín, La Nación e La Razón. Il documento ha due allegati di singolare importanza, perché mostrano il potere di negoziazione dei tre quotidiani di fronte ai loro complici militari dell’appropriazione. Il primo stabilisce il trasferimento del 51% delle azioni ai tre quotidiani, ma li obbliga anche a trasferire il 49% di questo 51% a quotidiani dell’interno del paese. Nel secondo allegato, questa ultima misura rimane senza effetti per espressa richiesta dei proprietari del Clarín, La Razón e La Nación. Ora il magistrato avrà nelle sue mani l’originale.

I quindici documenti sono datati tra il 15 settembre 1976 e il 1° dicembre 1977 e la loro lettura mette in evidenza  che, per la giunta, il sequestro illegale e la successiva “ripulitura” dei membri del Gruppo Graiver è indissolubilmente legato all’appropriazione della Papel Prensa. “Nei documenti si riporta chiaramente che i membri della giunta trattano i due temi insieme, che c’è unità tematica, che non sono due cose separate. Questo è di una importanza probatoria impossibile da aggirare”, ha detto a Miradas al Sur una alta fonte del Ministero della Difesa. L’importanza che i dittatori davano al tema si desume anche dalla posizione della questione “Papel Prensa” all’interno del programma: in quasi tutti i documenti occupa il primo o il secondo posto.

In questo senso il documento n° 20, del 14 aprile 1977, è uno dei più chiari: in questo si precisa che “non si deve ritardare il progetto” dell’industria della carta (in questo momento si stava terminando di costruire l’impianto di San Pedro) e che bisogna risolvere la situazione dei membri del Gruppo Graiver per evitare che riscuotano “le somme per le azioni vendute”. In questo momento, Lidia Papaleo de Graiver e altri membri del Gruppo si trovavano scomparsi nel Pozzo di Banfield dopo essere stati sequestrati dai gruppi operativi al comando dell’allora capo della Polizia della Provincia di Buenos Aires, Ramón Camps, in quella che i repressori chiamarono “Operazione Amico”.

Nel precedente documento –il n° 19, datato 6 aprile 1977, quando i Graiver erano già stati sequestrati ma non erano ancora stati messi a disposizione del Potere Esecutivo– i membri della Giunta Militare si riferiscono a loro come “arrestati”. La decisione di ripulirli sarebbe stata presa poco dopo, probabilmente durante la riunione registrata nel documento n° 20, per sottoporli così ad un consiglio di guerra che permettesse di espropriarli del resto delle imprese. Ucciderli non era un affare per i dittatori. Nemmeno per i padroni del Clarín, La Nación e La Razón, che volevano far passare l’operazione di appropriazione delle azioni della Papel Prensa –realizzata sotto la minaccia di morte tra il 2 novembre 1976 e gli inizi di marzo 1977– per un accordo commerciale realizzato liberamente tra le parti.

Il documento n° 23 del 3 maggio 1977, non lascia dubbi sul fatto che la Papel Prensa e il “Caso Graiver” siano indissolubili. Lì si dice testualmente (nel punto 2.1 del documento): “Si risolve che il tema (Papel Prensa) sia incluso nelle pratiche che saranno istruite nel Caso Graiver, senza che si fermi o si arrechi danno alla marcia del progetto, ma facendo un ‘intervento preliminare’, in caso di necessità”. Se fosse poco, nel punto 2.2 della stessa questione si decide che un ufficiale superiore di ciascuna forza integri, come ausiliari dell’ufficiale preliminare, il consiglio di guerra incaricato di indagare i Graiver.

Cronologia di una appropriazione

Come si è detto sopra, i documenti della Giunta dove si fa riferimento ai Graiver e alla Papel Prensa, sono datati tra il settembre del 1976 e il dicembre del 1977. Da prima di settembre fino agli inizi di novembre 1976, Lidia Papaleo de Graiver e gli altri membri del Gruppo ricevettero forti pressioni e minacce affinché trasferissero le proprie azioni della Papel Prensa alla Fapel, il timbro di gomma ideato dal Clarín, La Nación e La Razón per “comprare” l’impresa.

La notte del 2 novembre 1976, negli uffici che La Nación aveva in via Florida, Lidia Papaleo, i genitori e il fratello di David Graiver e il prestanome del Gruppo nella Papel Prensa, Rafael Ianover, firmarono la “vendita” delle azioni ai tre quotidiani. Lì, quella notte, i membri della famiglia Graiver furono separati e pressati in differenti uffici. Tutti loro stavano ricevendo pressioni e minacce di morte affinché vendessero le proprie azioni della Papel Prensa alla Fapel S.A. (l’impresa fantasma creata a questo scopo dal Clarín, La Nación e La Razón). Isidoro Graiver (che era intervenuto per accompagnare i propri genitori, giacché possedeva solo molto poche azioni residuali dell’impresa) rimase solo in un ufficio; Juan Graiver e sua moglie (ai quali dopo l’effettuazione della successione sarebbe stato corrisposto un 25% delle azioni di David) furono portati in un altro; e nel terzo, Lidia Papaleo de Graiver (con il diritto al 50% delle azioni nella successione e responsabile di quelle corrispondenti a sua figlia María Sol, un altro 25%), fu pressata affinché firmasse una ricevuta di vendita per 996.000 dollari, dei quali ne ricevette alla firma solo 7.200. In quel momento il Gruppo Graiver aveva investito più di 15 milioni di dollari nella Papel Prensa.

Lidia Papaleo ebbe un colloquio con Héctor Magnetto e afferma che la minacciò di morte affinché apponesse la sua firma. Uscendo dall’edificio, la vedova di Graiver ebbe un breve scambio di parole con l’avvocato di Ernestina Herrera de Noble, Benardo Sofovich, che le disse, se voleva salvare la propria vita, di andarsene immediatamente dal paese. Da parte sua, Rafael Ianover ebbe un colloquio con il direttore del quotidiano La Razón, Patricio Peralta Ramos. “Firmai perché mi dette la sua parola d’onore che se lo avessi fatto, alla mia famiglia e a me non sarebbe accaduto nulla. Mentì, perché mi sequestrarono ad aprile”, ha testimoniato di fronte alla Giustizia Ianover.

Poiché María Sol –la figlia di David Graiver e Lidia Papaleo– era minore d’età, fu necessario l’intervento di un giudice dei minori affinché fosse possibile effettuare parte del trasferimento delle azioni. La pratica si prolungò fino agli inizi del marzo 1977, quando alla fine arrivò questa autorizzazione giudiziaria. Il 14 marzo, Lidia Papaleo e gli altri membri furono sequestrati e scomparvero per opera dei gruppi operativi di Camps. Poco dopo arrivò il turno di Rafael Ianover. I dittatori e i proprietari dei tre quotidiani non avevano più bisogno di tenerli in libertà per dare all’appropriazione una apparenza di legalità.

I documenti della giunta ritrovati nel sottosuolo dell’Edificio Condor rendono conto dell’interesse con cui Videla, Agosti e Massera seguivano lo sviluppo degli avvenimenti durante questo periodo.

Sequestrati e “giudicati”

A partire da marzo 1977, effettuati i sequestri dei membri del Gruppo Graiver, la Giunta militare continuò a trattare il tema degli “arrestati” nell’ambito del suo interesse per l’appropriazione della Papel Prensa. Di questo rendono conto i documenti, che così confermano documentalmente ciò che le vittime hanno raccontato sugli interrogatori subiti sotto tortura durante la loro illegale detenzione, nei quali il tema Papel Prensa ebbe un posto centrale. La dichiarazione di Lidia Papaleo nella causa non lascia dubbi. Nel foglio 247 dice: “Che desidero anche chiarire che a Puesto Vasco, nel momento in cui ero torturata, si trovava presente il commissario Etchecolatz. Che tanto nel Pozo de Banfield come nel Commissariato di Banfield erano presenti Beto Cozzani, la Tota e Darío Rojas, che le chiedevano della Papel Prensa, e che insieme ad (Alfredo) Abuin gestivano (cambio al foglio 248) il rapporto tra la Papel Prensa e l’Egasa”.

Altrettanto fa Rafael Ianover: “Che ricorda che quello (il suo sequestro) non richiamò l’attenzione poiché già si trovavano detenuti i membri della famiglia Graiver” (foglio 221). “Che sebbene non possa vedere essendo bendato, lo fanno sedere su una sedia, facendogli ascoltare marce peroniste. Dopo un po’ gli tolgono la benda e lo portano in una stanza in cui lo aspetta un signore in borghese che lo interrogò sul suo operato nella Papel Prensa S.A., chi era il presidente, come erano stati nominati, ecc.” (foglio 222). “Che il giorno seguente tornano a bendarlo e a legargli le mani, lo mettono in una auto sul sedile posteriore, conducendolo nel luogo dove era stato il giorno precedente, con la differenza che lo fanno salire al secondo piano per una scala a chiocciola e lo mettono in una cella in cui per un periodo di quattro giorni si trova da solo, quando al quinto giorno arriva il generale Gallino, designato (giudice) preliminare, che lo interroga nuovamente riguardo alla Papel Prensa” (foglio 223).

Dittatori ed editori: complici. Il generale Bartolomé Gallino, nominato da Ianover come “preliminare”, fu incaricato dell’istruzione dei consigli di guerra a cui furono sottoposti i membri del Gruppo Graiver quando furono finalmente “ripuliti” dopo più di un mese di detenzione clandestina. I documenti della Giunta Militare confermano che i comandanti seguivano da vicino questo processo.

A metà del 2011, Miradas al Sur (in un articolo firmato da Eduardo Anguita e da chi scrive questo) rivelò l’esistenza di tre minute fatte arrivare dal generale Gallino al segretario generale della Presidenza del dittatore Videla, generale Rogelio Villareal. In questi resoconti, l’istruttore dei consigli di guerra informa delle sue riunioni con i proprietari e i rappresentanti del Clarín, La Nación e La Razón. Incontri che sostenne, vistosamente, in tre differenti occasioni ma sempre prima di interrogare i membri del Gruppo Graiver. La prima di queste giornate –che aveva come prassi quella di parlare prima con chi si era già appropriato della Papel Prensa e successivamente con gli umiliati e derubati veri proprietari– contò sulla partecipazione dei padroni dei tre quotidiani. La seconda volta, Gallino si incontrò con i rappresentanti legali dei tre media e il segretario dell’Industria della dittatura, mentre la terza volta fu con i proprietari e i rappresentanti legali insieme. Questi incontri ebbero luogo tra il 9 e il 15 aprile 1977, come dire, appena tre giorni dopo il documento n° 19, che si riferisce agli “arrestati”, e contemporaneamente al documento n° 20, dove i dittatori decidono di risolvere la situazione per “evitare che il ‘Guppo Graiver’ riscuota le somme per le azioni vendute”.

La coincidenza è rivelatrice della complicità tra i dittatori e i proprietari dei media: nello stesso momento in cui la Giunta tratta il tema, i Graiver sono sequestrati e il generale Gallino –uomo di fiducia di Videla– si riunisce con i padroni e i rappresentanti del Clarín, La Nación e La Razón prima di interrogare le vittime.

Una complicità che è stata confermata anche da due dei suoi principali protagonisti. In Peccato originale. Clarín, i Kirchner e la lotta per il potere, la giornalista Graciela Mochkofsky non solo conferma che la Papel Prensa fu offerta nel 1976 dalla dittatura ai proprietari dei tre quotidiani ma rivela l’esistenza di nuove prove materiali su come fu fatta questa operazione. La giornalista conserva dei nastri registrati di due interviste con il segretario della Presidenza di Videla, generale Rogelio Villareal –del 1998 e del 2002–, e di una con l’ex direttore de La Razón, Patricio Peralta Ramos, anche questa del 2002. I due intervistati raccontarono alla Mochkofsky come l’offerta della Papel Prensa arrivò ai proprietari dei tre quotidiani da parte della dittatura e non dei Graiver. Nella seconda parte del suo libro, la Mochkofsky narra con abbondanza di dettagli il processo attraverso cui l’impresa arrivò nelle mani del Clarín, La Nación e La Razón. Alla pagina 75 dice: “Emissari del governo militare parlarono allora con i rappresentanti dei quotidiani. Perché continuare con il progetto della Fapel, che esisteva quasi in teoria, quando la Papel Prensa aveva assegnati prestiti e crediti dal Banade, era una società costituita, con l’impianto in costruzione, con partecipazione e avalli dello stato … e la spinta del governo? I quotidiani accettarono. Mentre si risolveva la battaglia tra Videla e Massera, Villareal si riuniva con Magnetto per il Clarín, Bartolomé Mitre per La Nación, e Patricio Peralta Ramos per La Razón. Una volta che la lotta interna nella Giunta fu vinta e i dettagli concordati, dei rappresentanti dei tre quotidiani si riunirono con Videla”.

In una delle note a pié pagina, la Mochkofsky spiega: “Patricio Peralta Ramos nel 2002 mi raccontò: ‘Noi facemmo un progetto adeguato, Fapel, Clarín, La Nación e La Razón. Ma ad un certo punto arrivano dal governo e ci dicono: perché continuate con questo se potete continuare con questo (Papel Prensa)?’”. La testimonianza dell’ex direttore de La Razón è registrata in un nastro. Nell’altra nota in fondo a questa pagina, la giornalista racconta: “Così me lo raccontò il generale Villareal durante delle riunioni che effettuammo ad aprile 1998 e maggio 2002, nel suo dipartimento di viale Santa Fe. Disse che si riuniva con ‘Bartolito Mitre, Peralta Ramos e Magnetto, che veniva per il Clarín’ e che ‘dapprima parlano con me e subito dopo hanno parlato con il Presidente, mentre si stava facendo tutto’”.

Ora, l’aggiunta dei quindici documenti della Giunta Militare alla causa che indaga l’appropriazione della Papel Prensa da parte dei proprietari del Clarín, La Nación e La Razón apporterà una prova documentale di vitale importanza per il giudizio dei suoi responsabili. Perché confermano in modo probatorio che la depredazione dell’impresa fu una manovra orchestrata dai dittatori e dai loro complici mediatici utilizzando gli strumenti del terrorismo di stato.

Anno 6. Edizione numero 286. Domenica 10 Novembre 2013

Miradas al Sur

1)      Papel Prensa è un’impresa argentina per la produzione di carta da giornale. (nota del traduttore)

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Daniel Cecchini, “Las actas secretas de la dictadura que prueban la apropiación de Papel Prensa pubblicato il 10-11-2013 in Miradas al Sur, su [http://sur.infonews.com/notas/las-actas-secretas-de-la-dictadura-que-prueban-la-apropiacion-de-papel-prensa] ultimo accesso 15-11-2013.

 

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