Il conflitto tra Evo Morales e Luis Arce per la presidenza della Bolivia nel 2025 non divide solo il Movimento Al Socialismo, ma anche i movimenti sociali e i sindacati che formano la sua base.
Insieme alle rumorose feste di strada del carnevale, alla fine di febbraio furono celebrate in tutta la Bolivia le tradizionali cerimonie del ch’alla. Durante le stesse si brucia incenso e si offrono benedizioni di foglie di coca e alcol alla Pachamama con rituali che affermano i legami di reciprocità tra la gente e la Madre Terra. Ma oggi, oltre all’inopportuno chaki (postumo di una sbornia) festivo, l’approfondimento della frattura politica e sociale si aggiunge al dolore di testa della sinistra e dei movimenti progressisti della Bolivia.
Da quando nel 2020 il Movimento Al Socialismo (MAS) tornò al potere per mano di Luis Arce, l’ex presidente Evo Morales è rimasto schierato con la sua base di sostegno con la speranza di tornare ad essere presidente. Ma a dicembre dell’anno scorso, il Tribunale Costituzionale Plurinazionale della Bolivia ha determinato che i presidenti possono mantenersi al potere per un massimo di due mandati e che la rielezione indefinita “non è un diritto umano”. La sentenza ha assestato un colpo catastrofico alle ambizioni presidenziali di Evo.
Da allora, Morales sta accusando Arce, il suo ex ministro dell’Economia e stretto alleato, di orchestrare un tentativo di rendere illegale un suo possibile nuovo accesso alla presidenza, dichiarando in X (prima Twitter) che è in marcia un “golpe giudiziario”.
Lotta elettorale
Per fare pressione sulle elezioni nel Potere Giudiziario (che secondo la Costituzione plurinazionale dovrebbero aver avuto luogo a dicembre), alla fine di gennaio Evo Morales mobilitò le sue basi nel cuore cocalero di Cochabamba, promuovendo blocchi lungo le strade che connettono questa città con il centro d’affari di Santa Cruz. I blocchi, che combinano la richiesta di elezioni giudiziarie con altre rivendicazioni locali, hanno provocato scarsità di alimenti e combustibili e sono stati repressi dalle forze di sicurezza.
Huáscar Salazar, economista e membro del Centro di Studi Popolari della Bolivia, afferma che ci sono poche speranze di conciliazione tra le due fazioni. “Quello che stiamo vivendo in questo momento è questo braccio di ferro, in cui Evo e Arce si disputano la sigla del Movimento Al Socialismo e, soprattutto, la candidatura alla presidenza di questo partito per il 2025”.
E aggiunge: “Il problema è che questo braccio di ferro sta avendo tremende conseguenze per le organizzazioni di base, sempre più divise nelle loro strutture interne; ma è anche un problema che questa disputa stia avvenendo in mezzo ad una crisi economica sempre più palpabile di cui nessuno vuole farsi carico”. Il drammatico aumento dei blocchi di questo mese, così come la loro distribuzione geografica, può vedersi in una infografia elaborata da Mauricio Fonda, attivista di dati aperti residente in Bolivia.
Nell’Assemblea Legislativa Plurinazionale, le cariche elette dal MAS si ripartono tra le linee arcista ed evista. Le elezioni al Potere Giudiziario che dovevano aver avuto luogo l’anno passato sono state sospese a causa del disaccordo sui candidati preselezionati concordati dall’Assemblea Legislativa, dominata dal MAS. In Bolivia, i magistrati del Tribunale Supremo, del Tribunale Costituzionale, del Tribunale Agroambientale e del Consiglio della Magistratura sono eletti a suffragio diretto ogni sei anni.
Con questo stato delle cose, coloro che ne escono vincitori sono gli arcisti, perché l’attuale composizione del Tribunale Costituzionale Plurinazionale sta favorendo i loro interessi, come è avvenuto con la recente sentenza sull’elezioni di Morales. E la condizione di mandatario di Arce gli dà più influenza sulle istituzioni dello stato, che ha utilizzato a proprio beneficio.
La rielezione di Morales è una questione irrisolta dal 2017 ed è stata al centro del golpe del 2019. La Costituzione proibisce che qualcuno occupi la presidenza per più di due mandati consecutivi. Nel 2016, Morales perse per poco un referendum che avrebbe annullato la Costituzione e gli avrebbe permesso di presentarsi di nuovo. Allora portò la decisione davanti al Tribunale Costituzionale Plurinazionale, che gli era favorevole, che sentenziò che la rielezione era un diritto umano e annullò il referendum.
Molti boliviani considerano questo come una farsa legale e antidemocratica, fatto che fu un fattore importante nella mobilitazione contro Evo delle classi medie urbane e dei movimenti sociali di opposizione nell’ottobre del 2019, quando un colpo di stato permise all’evangelica di estrema destra Jeanine Áñez di impadronirsi della presidenza di fatto.
Con il sostegno di Morales, Arce fu eletto presidente nell’ottobre del 2020, dopo che finalmente si tennero le elezioni, un anno dopo il golpe. L’attuale conflitto tra arcisti ed evisti si centra sul controllo dello stesso MAS, che negli ultimi due decenni si è consolidato come partito di governo duraturo.
Gli antagonismi sociali e il MAS
I recenti blocchi sono un indicatore del fatto che Evo Morales può ancora mobilitare una base ampia e motivata. I blocchi hanno una lunga ed efficace storia in Bolivia e sono una caratteristica della maggioranza dei conflitti sociali. Nel 1999, durante la Guerra dell’Acqua di Cochabamba, una coalizione di contadini, lavoratori delle fabbriche e attivisti comunitari si unirono per bloccare le strade in risposta ad una nuova legge neoliberale che avrebbe privatizzato l’acqua. Allo stesso modo, dopo il violento colpo di stato di Luis García Meza nel 1980, i contadini bloccarono le strade per impedire che i militari avanzassero per le campagne per espandere una grave repressione. Più recentemente, nel 2019, minatori e movimenti contadini bloccarono le strade fuori delle città per obbligare la Áñez a convocare le elezioni dopo quasi un anno di governo golpista caratterizzato dalla frode, dalla corruzione e dai massacri.
I blocchi sorgono da una fazione del MAS. È importante segnalare che il MAS non è sia un partito politico ortodosso che una coalizione variabile di forze sociali differenti e a volte antagoniste alla base. La rifondazione della Bolivia come stato “plurinazionale” nel 2009 fu vista come un riflesso dei suoi elementi sociali plurali, un rimedio a quello che l’intellettuale marxista boliviano René Zavaleta Mercado chiamò una “società variopinta”, composta da differenti modi di produzione, tempi storici e forme di governo dentro i confini di uno stato-nazione (coloniale).
Ma, nell’ultimo decennio, le divisioni nel MAS hanno giocato un ruolo distruttivo nei movimenti di minatori cooperativisti, cocaleri, contadini e lavoratori urbani, che sono frammentati e spesso hanno dirigenze parallele.
Una crisi economica imminente
Uno di questi movimenti è la potente confederazione sindacale contadina, la Confederazione Sindacale Unica dei Lavoratori Contadini della Bolivia (CSUTCB), le cui lealtà sono ripartite. I simpatizzanti di Morales, come l’attuale dirigente Ponciano Santos, hanno promesso di riprendere i blocchi se non si esaudisce la loro richiesta di elezioni giudiziarie. Santos fu eletto l’anno passato durante un congresso nazionale della CSUTCB che finì con lotte e sediate tra evisti e arcisti, e molti elementi della confederazione non riconoscono la sua autorità.
L’anno passato, durante il congresso del MAS, Arce e il suo vicepresidente, David Choquehuanca, furono espulsi dal partito.
E ai problemi politici di Arce si aggiunge il cupo panorama economico della Bolivia. Dall’anno passato c’è un’acuta scarsezza di dollari e il peso boliviano si è svalutato. Come segnala l’economista Stasiek Czaplicki Cabezas, la svalutazione rappresenta una caduta del 20% del valore dei risparmi in moneta locale, fatto che prospetta un futuro di insicurezza finanziaria per molti boliviani, in particolare per le classi medie. Tutto questo aggiunge pressioni su Arce, l’economista formato nell’Università di Warwick che si è visto obbligato a difendere le proprie credenziali economiche.
I candidati presidenziali per le elezioni del 2025 devono essere decisi quest’anno, per cui ambedue le parti intensificano la pressione per dirigere in modo totale l’apparato del MAS. Ma il prolungato conflitto sta spandendo la sua tossicità attraverso i movimenti sociali della Bolivia, dividendo le basi. Nel frattempo, le dispute sulle elezioni giudiziarie erodono la fede pubblica negli organismi democratici dello stato, facendo diminuire la legittimità di qualsiasi fazione che alla fine vincerà. Nel 2024, la politica boliviana è più polarizzata che mai.
14-03-2024
Jacobin America Latina
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Olivia Arigho-Stiles, “Se ensancha la brecha dentro del MAS”, pubblicato il 14-03-2024 in Jacobin America Latina, su [https://jacobinlat.com/2024/03/14/en-bolivia-se-ensancha-la-brecha-dentro-del-mas/] ultimo accesso 29-03-2024. |