Tutte le strade del regime peruviano conducono alla repressione


Carlos Noriega

Ieri sette morti. Già assommano a più di sessanta, e la presidente golpista risolve tutto sparando. Le differenze di classe tra Lima e il mondo andino in rilievo nella crisi.

Questo sabato, la repressione è giunta all’interno delle università. Come ai tempi delle dittature, la polizia è entrata violentemente nell’Università Nazionale di San Marcos a Lima, la più antica e grande del paese. Lo ha fatto per arrestare coloro che dalle diverse regioni, specialmente andine, sono giunti nella capitale per unirsi alle mobilitazioni antigovernative degli ultimi giorni nella cosiddetta “conquista di Lima”.

Erano alloggiati nel luogo da tre giorni. Gli studenti gli avevano aperto le porte dell’università con l’opposizione del rettorato. Un autoblindo ha abbattuto un cancello e un numeroso contingente di polizia è entrato violentemente. Ci sono stati più di 200 detenuti. I poliziotti armati di fucili sono anche entrati con violenza nella residenza universitaria. Congressisti di sinistra sono giunti fino all’università per vedere la situazione degli studenti e degli abitanti alloggiati lì, ma la polizia non li ha lasciati entrare. Hanno impedito anche l’entrata degli avvocati che dovevano assistere i detenuti.

Questo è avvenuto quando la crisi si acutizza, le proteste in diverse regioni continuano e la repressione su cui si sostiene il regime di Dina Boluarte continua ad uccidere. Questo sabato è morto a Puno un abitante che venerdì era stato ferito da un proiettile. Sono già 46 i morti confermati per spari di poliziotti e militari da quando a dicembre sono iniziate le proteste, sette di loro adolescenti. C’è anche un poliziotto morto. La cifra globale dei defunti durante le proteste sale a 57 con le morti per cause relative ai blocchi stradali, come non poter giungere ad un centro medico. C’è circa un migliaio di feriti. 

Un morto al giorno

L’indignazione per la repressione ha moltiplicato le proteste che chiedono la rinuncia della Boluarte, la chiusura del Congresso a maggioranza di destra, elezioni per quest’anno, un referendum per un’Assemblea Costituente e sanzioni per i colpevoli di tante morti. Alcuni settori chiedono anche la libertà di Castillo. Il regime della Boluarte ha la terribile statistica di più di un morto al giorno.

Soltanto ieri, sabato, la repressione della polizia ha ucciso sette persone nella provincia di Virú, nel nord del paese.

Il regime dice di rispettare il diritto alla protesta, ma la criminalizza e la reprime violentemente. L’intervento della polizia nell’Università di San Marcos cerca di intimidire e smobilitare i numerosi abitanti che sono giunti a Lima dalle diverse regioni per protestare nella capitale, dove giovedì e venerdì ci sono state massicce mobilitazioni che sono state represse e hanno fatto più di 60 detenuti. Questo sabato, per il terzo giorno consecutivo, le proteste hanno occupato il centro di Lima. Alla chiusura di questo articolo, la giornata trascorreva pacificamente.

Alcuni manifestanti hanno cercato di occupare gli aeroporti e hanno attaccato commissariati, uffici pubblici e alcune imprese private. La risposta repressiva, sparando per uccidere, è stata brutalmente eccessiva. L’Esecutivo, la maggioranza di destra del Congresso e i media, vogliono generalizzare queste azioni violente per screditare le proteste e giustificare la repressione. Si è denunciata la presenza di infiltrati che provocano violenza con questa stessa intenzione.

Nelle Ande si lotta

Le proteste iniziate nel sud andino per il golpe parlamentare e la destituzione di Castillo -visto da queste popolazioni come un presidente vicino a loro- e per l’esplosione di stanchezza per una povertà storica e la discriminazione che subiscono, si sono estese a quasi tutto il paese in un’esplosione di rabbia moltiplicata dalle morti. Questa risposta dello stato esprime con gli spari un disprezzo contro le popolazioni andine, vittime del razzismo e dell’emarginazione delle élite e ora epicentro delle maggiori proteste. L’indignazione cresce anche per un discorso governativo che si congratula con le forze di sicurezza che sparano sui manifestanti e che accusa coloro che si mobilitano nelle proteste di essere terroristi o di essere pagati per manifestare. Le voci che chiedono la rinuncia della Boluarte non solo non si sono spente per la brutale repressione, ma aumentano in quantità e intensità.

“La Boluarte incarna la tirannia dell’ignoranza. Il suo comportamento è sommamente dispotico e il suo livello di conoscenza del paese e della politica è bassissimo. La sua rinuncia è la via d’uscita minima affinché la situazione possa tranquillizzarsi. È molto difficile dire quanto questo possa essere vicino, ma in qualsiasi momento il suo regime può crollare perché è spaccato per le morti e per la sua reazione occultatrice e difensora dell’azione delle forze armate e di polizia, che dopo tante morti ha sacralizzato dicendo che hanno avuto un comportamento ‘immacolato’, fatto che rileva la mente traviata di questa signora. Le proteste di questi giorni a Lima, che nonostante il loro disordine e dispersione sono state forti e molto intense, hanno indebolito ancor di più la Boluarte. Ha incominciato ed erodersi il campo che l’appoggia. Ogni giorno c’è più violenza e morti. Questo è insostenibile. Le proteste continueranno. Quando è diventato chiaro che l’abuso estremamente illecito delle armi corrisponde ad un modello di comportamento non solo di poliziotti e militari, ma del regime, le popolazioni dell’interno del paese hanno detto che non si arrenderanno fino a quando la Boluarte andrà via”, lo ha dichiarato a Página/12 il sociologo Carlos Reyna.

Un militare in agguato

Se rinuncia la Boluarte, sarà rimpiazzata dal presidente del Congresso. Il problema, e il rischio, è che questa carica la eserciti un generale in congedo dell’ultradestra, José Williams, accusato di violazioni dei diritti umani. Questo minaccia di aumentare l’autoritarismo messo in marcia dalla Boluarte. Per questo, le richieste popolari chiedono anche la rinuncia di Williams affinché si ricomponga il tavolo direttivo del Congresso e sia eletta come rimpiazzo della Boluarte una figura che possa creare un certo consenso, che non faccia parte dell’ultradestra. Ma la maggioranza di destra che controlla il Congresso sostiene Williams. Tra gli analisti c’è consenso che solo una persistente pressione popolare potrebbe fare indietreggiare il Congresso e obbligare al cambio di Williams. I manifestanti affermano che non accetterebbero una eventuale presidenza del generale Williams e che se avvenisse questo, le proteste continueranno.

Settori come la Chiesa Cattolica si sono offerti di mediare per un dialogo. Ma con i suoi attacchi -repressivi e verbali- contro le folle, il regime ha chiuso questa porta. L’ultradestra applaude la repressione contro i settori popolari e ne chiede di più. Settori imprenditoriali vedono l’opportunità di far tacere le richieste di diritti e dicono che bisogna trattare le proteste come “una guerra”.

La Boluarte governa insieme all’ultradestra e ai militari. Loro la sostengono. E lei gioca per i suoi nuovi alleati. Questa destra spera di mantenere e aumentare il regime autoritario iniziato dalla Boluarte vincendo le prossime elezioni. Hanno un grande potere economico, l’appoggio dei principali media e ora il sostegno del regime e della repressione.

La Boluarte preluderebbe a qualcosa di peggio

“È in via di sviluppo un piano per istituire un regime autoritario, affinché la destra vinca le prossime elezioni. La Boluarte è una pedina di questa destra, che è egemonizzata da un’estrema destra allucinata, che dice che tutto è terrorismo. Uno dei legislatori di questa ultradestra ha proposto un Progetto di Legge per autorizzare a sparare contro i manifestanti con l’unico requisito che ci siano più manifestanti di membri delle forze di sicurezza. Questa  è la pazzia, ma questo è il tipo di dirigenza che ha l’estrema destra peruviana. Se vincono le elezioni governeranno con questa logica”, avverte il sociologo Reyna.

Reyna giudica le proteste popolari che scuotono il paese come “una pietra miliare della dignità cittadina” e delle più grandi che si ricordino. Dice che a Lima sono state represse duramente con gas lacrimogeni e pallini, ma nelle province la repressione è stata con spari di fucili e pistole. “Questa chiarissima differenza nella repressione è un modo di discriminare terribile, aberrante, secondo cui ai provinciali, soprattutto quelli delle zone andine, si può sparare e uccidere senza problema, ma a Lima no. Sono completamente sicuro che questo modo di ragionare spiega perché non ci siano morti a Lima”.

22/01/2023

Página 12 / La Haine

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Carlos NoriegaTodos los caminos del régimen peruano conducen a la represiónpubblicato il 22-01-2023 in La Hainesu [https://www.lahaine.org/mundo.php/todos-los-caminos-del-regimen] ultimo accesso 24-01-2023.

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