Intervista a Henry Boisrolin, del Comitato Democratico Haitiano.
-Il motivo di questa chiacchierata è di conoscere quale sia l’attualità che vive il tuo paese, che sta vivendo Haiti. Una situazione politica complessa, una sollevazione popolare in un contesto molto complicato per l’azione di bande armate che da tempo stanno agendo terrorizzando la popolazione.
-Questa sollevazione popolare è un altro elemento in più dell’ininterrotta crisi della società haitiana, una società, una formazione sociale che noi classifichiamo di neocolonialismo. Allora, questa neocolonia è entrata in decomposizione da abbastanza tempo. Moltissime volte, ogni volta che accadono questi fatti, a loro volta servono da alberi che ci occultano il bosco, cosa che non dobbiamo dimenticare perché non potremo apprendere esattamente cosa sta succedendo lì.
Siamo in presenza di un popolo che è stanco. Ma è stanco, concretizzando quello che schematicamente possiamo dire, che quelli in basso non vogliono continuare a vivere come prima e quelli in alto non possono continuare a dirigere come prima. Allora, siamo in presenza di una crisi che è rivoluzionaria. E i nemici del popolo non hanno altra cosa che ricorrere all’estrema violenza e da lì la moltiplicazione e la crescita esponenziale delle bande armate per terrorizzare, violentare e sequestrare.
Perché l’obiettivo è rompere la spina dorsale del movimento popolare. Che non sono riusciti ad ottenere. E a sua volta la gente si trova in una situazione in cui non ha assolutamente speranza di nulla e comprende che il proprio futuro è nelle strade, è nelle ribellioni. Il suo futuro è dietro le barricate, gli scontri.
Allo stesso tempo in cui parliamo di neocolonia, gli obiettivi politici fondamentali sono, il recupero della nostra sovranità e il recupero del nostro diritto all’autodeterminazione. Questo è quello che è in gioco qui. La crisi haitiana è questa, è una crisi di una società neocoloniale in decomposizione dove quelli in basso non vogliono vivere come prima e quelli in alto non possono dirigere come prima. È per questo che oggi come oggi, colpisce forte la sollevazione popolare.
Il paese ancora continua ad essere bloccato. Stanno parlando apertamente del ritorno di una futura Minustah, come dire, una nuova forza d’occupazione. L’8 agosto scorso lo ha detto il signor Almagro, dopo il presidente de Repubblica Dominicana, Luis Abinader. Stanno preparando lo scenario, ma qualsiasi intervento in Haiti sarà possibile alla condizione di un’accettazione degli USA. Nessuno interverrà in Haiti in questo momento senza la benedizione del Dipartimento di Stato e del governo yankee.
Ora hanno un problema a formare o creare una nuova Minustah, come lo fecero nel 2004 con la risoluzione 1542 votata dal Consiglio di Sicurezza. Ora non credono che otterranno facilmente il voto della Cina o della Russia, questo è l’altro problema che hanno. Devono anche pensare a ciò che succede negli USA che si apprestano a una nuova elezione di medio termine del mandato di Biden. C’è il problema della guerra in Ucraina. Problemi anche con la Cina, problemi di inflazione nel loro stesso paese. Allora ci sono vari fatti, per cui credo che non ci sarà immediatamente una decisione di questo tipo.
Ora quello che prima cercheranno di fare è vedere se possono uscire dalla crisi formando un nuovo governo con personalità che possano rappresentare una figura di cambiamento affinché non cambi nulla. Questo è ciò di cui si sta parlando ora. Formare un Consiglio Nazionale di governo con diciassette personalità di cui cinque saranno un Consiglio Nazionale presidenziale.
E ci sono anche undici persone tra le quali eleggeranno un primo ministro. In questa situazione ci sono varie manovre, il popolo sta nel forno, ci sono quattro milioni di esseri umani che patiscono una severa fame nera, c’è il 70% della popolazione attiva che non ha lavoro e sono saliti i prezzi per una direttiva del FMI che ha anche decretato un aumento esponenziale del prezzo dei derivati del petrolio, allora questa è stata l’ultima goccia, hanno gettato olio sul fuoco, è questo.
-Mi parli della possibilità di una nuova Minustah, che è stata una misura già adottata in passato, e fallita.
-Non so se esattamente una Minustah, ma sì, una Minustah aggiornata, non conosco il colore che le metteranno ma l’occupazione continuerà. Incluso, l’occupazione c’è, perché il vero governo è l’ECOSOC, l’insieme di ambasciatori di USA, Canada, Francia, Spagna, Germania, Brasile e di rappresentanti dell’Unione Europea, dell’OEA e dell’ONU. Sono quelli che comandano ad Haiti. Come dire, che la capa dell’Ufficio Integrato delle Nazioni Unite ad Haiti, la signora Helen La Lime, attraverso un tweet ha imposto, dopo l’assassinio dell’ex presidente di fatto, Jovenel Möise. Allora questa è la situazione che noi abbiamo, se loro non possono trovare una formula, e se non passa la formula del Consiglio Nazionale, lì sì, credo che possano pensare ad un intervento.
-Quello a cui io mi riferivo era che questa specie di forza d’occupazione, è già stata implementata e ha fallito.
-Io credo sinceramente, anche là io ho serie discussioni e dibattiti con alcuni compagni. Almagro ha parlato di fracasso, anche altri. Se uno guarda una sola sfaccettatura della realtà si può parlare di fallimento, ma credo che non ci sia stato fallimento. Sinceramente sono venuti a compiere quello che avevano in mente, avevano mercenari per piegare il movimento popolare dopo il sequestro dove c’era una specie di resistenza armata, e sapendo che la polizia haitiana non avrebbe potuto far fronte, allora decisero questo. Allora hanno agito.
Dopo hanno agito per insediare alla guida del paese il partito più reazionario. Hanno creato un aborto che si chiama PHTK, Partito Haitiano delle Teste Rasate. Hanno messo questi partiti di estrema destra. Loro hanno fatto questo, hanno armeggiato impedendo che in qualche modo giungesse per via elettorale qualche rappresentante o qualche candidato che potesse avere un po’ di dignità, che non fosse totalmente colonizzato, allora hanno impedito questo. E la presenza della Minustah ha anche favorito la creazione delle bande armate, hanno creato mediatori per questo, hanno commesso massacri nei quartieri popolari, soprattutto in quartieri come Cité Soleil, che era un bastione della resistenza.
Allora se guardi in questo senso non hanno fallito, e anche non hanno fallito perché vari militari che sono stati ad Haiti, soprattutto i brasiliani, hanno appreso sul terreno cose che dopo sono state applicate nei loro stessi paesi. Non hanno fallito, loro stessi riconoscono che i soldati che tornavano potevano costruire le loro proprie casette. Questo lo hanno detto gli uruguayani, per esempio. Lo stesso Evo Morales lo ha detto, quello che pagano ai soldati boliviani ad Haiti non lo possiamo fare qui, in Bolivia. Allora non so perché parlare di fallimento.
Nessuno lotterà per ciò che non comprende e sarebbe interessante poter moltiplicare questi scambi e queste interviste, non solo con me, anche con altra gente che può spiegare meglio di quello che ho fatto io, quello che sta succedendo là, per vedere realmente come il Coordinamento di Uruguay e Argentina possa giungere a lavorare di comune accordo, prevedere alcune cose, non commettere gli stessi errori di prima, cercare il modo di diffondere le verità su Haiti, la verità di quello che sta succedendo là. Lasciando da parte la posizione di vittimizzazione, di compassione. Ma comprendendo che c’è un popolo che nonostante limiti, difficoltà, ostacoli, è in piedi. C’è un popolo che vuol cambiare il proprio destino.
01/10/2022
La Haine
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Mario Hernández, “Haití: estamos en presencia de un pueblo que está harto”, pubblicato il 01-10-2022 in La Haine, su [https://www.lahaine.org/mm_ss_mundo.php/haiti-estamos-en-presencia-de] ultimo accesso 06-10-2022. |