Milagro Sala è stata assolta in una causa montata dopo l’andata al potere di Cambiemos


Ailín Bullentini e Agustina Arredondo

“È stata una piccola luce di speranza”

All’unanimità, il Tribunale Criminale 2 ha assolto la Sala nella causa che indagava una sparatoria del 2007 e ha ordinato la sua immediata libertà.

La dirigente sociale ha festeggiato la sentenza e ha denunciato la “persecuzione politica” che subiscono i suoi compagni della Tupac Amaru.

Il Tribunale Criminale 2 di Jujuy ha assolto all’unanimità la dirigente sociale Milagro Sala nella causa etichettata come “Sparatoria di Azopardo”, in cui era accusata di presunto tentativo di omicidio. È stato assolto anche Alberto Cardozo, un altro degli accusati, che è stato due anni detenuto per questa causa, durante i quali, secondo quanto ha denunciato nel dibattito, è stato torturato. Il tribunale ha ordinato l’immediata libertà per ambedue. Il governatore di Jujuy, Gerardo Morales, ha contestato la sentenza assolutoria che la Giustizia provinciale ha emesso a favore della dirigente della Tupac Amaru dichiarando che si è trattato di una sentenza “vergognosa”.

“È una piccola luce di speranza che si stia facendo giustizia di fronte alla persecuzione politica che stanno subendo molti nostri compagni. Non lo speravo, mi sorprende moltissimo”, ha apprezzato la Sala, una volta terminata l’udienza. Lo ha fatto anche la sua avvocata Elízabeth Gómez Alcorta: “Puntavamo sull’assoluzione perché questa causa non si sosteneva da nessun lato, ma è Jujuy. Cosicché la sorpresa succede alla ragione”.

I fatti giudicati accaddero nel 2007, ma la Sala e Cardozo non ne furono coinvolti come accusati fino al 2016, quando l’indagine finì nelle mani del giudice Pablo Pullén Llermanos, che si è occupato esclusivamente di indagare la dirigente sociale e gli altri membri della Tupac Amaru fin da quando Morales assunse la carica di governatore di Jujuy.

Che successe undici anni fa? Ávila e Páes giunsero con la propria auto ad un incrocio, scesero e spararono contro Cardozo. Cardozo si nascose e i proiettili colpirono una bambina di 11 anni, che risultò ferita. Cardozo la portò in un ospedale affinché l’assistessero e, dopo, denunciò i fatti. Fino a quando la causa passò nelle mani di Pullén Llermanos, l’indagine si centrò sul tentativo di omicidio di Cardozo e sulle gravi lesioni subite dalla bambina. “Molti testimoni videro Ávila e Páes giacché era un mattino di sabato in mezzo alla strada. Cinque li videro scendere dall’auto, quattro che i due erano armati, tre che i due spararono”, ha chiarito Gómez Alcorta.

Nel 2016, la linea d’indagine cambiò e incominciò “una montatura politico giudiziaria che in questa causa giunse ad un livello di parossismo incredibile con la persecuzione giudiziaria contro la Sala, e che durante il dibattito rimase allo scoperto”, ha precisato l’avvocata. Nel processo, dei testimoni raccontarono che il giudice visitò in carcere Avila e Páes, si riunì con le loro famiglie, gli offrì la libertà in cambio di una dichiarazione contro Milagro Sala e che dicessero che fu la dirigente che gli chiese di uccidere Cardozo. Ávila non si prestò, Páes sì.

Durante la dichiarazione indagatoria -come dire, quando poteva mentire senza che questo comportasse un delitto-, Páes raccontò la sua nuova versione. Disse che su richiesta della Sala andò con Ávila ad uccidere Cardozo, ma che non scese dall’auto e che, inoltre, Cardozo rispose a loro sparando. Con solo questa testimonianza, Pullén Llermanos imputò la dirigente della Tupac come coautrice del tentativo di omicidio e Cardozo, per i suoi presunti spari, e arrestò i due. “Così si giunse al processo. Cardozo fu torturato in carcere, e quando denunciò di fronte a Pullén Llermanos, questo gli disse che se ‘concordava’ sarebbe uscito libero. Tutto questo, tutta questa montatura uscì alla luce”, ha raccontato la Gómez Alcorta, e ha completato: “Páes, un tipo che per nove anni fu detenuto, prima come latitante, per tentativo di omicidio, si trasformò nell’unico testimone di un processo in cui lo stato chiese per la Sala dodici anni di prigione”. Oggi, Páes è un testimone protetto.

La procura durante il processo, a carico di Marcelo Cuellar, sostenne l’accusa che durante la fase istruttoria fece il procuratore, Diego Cussel, e chiese la pena di dodici anni per la dirigente sociale. I procuratori hanno affermato che presenteranno appello alla sentenza che ha assolto la Sala sostenendo che “c’erano prove sufficienti per ottenere una condanna”.

“La sentenza di assoluzione non è conforme al diritto. Sarà presentato il relativo ricorso dopo che saranno conosciute le conclusioni”, ha affermato il capo del Pubblico Ministro, Sergio Lello Sánchez, in una conferenza stampa insieme ai procuratori che sono intervenuti nella causa, Cussel y Cuellar. Durante la propria arringa, la Gómez Alcorta ha avvisato sul carattere insostenibile dell’accusa contro la Sala e Cardozo e ha chiesto l’assoluzione.

Le giudici Claudia Sadir, Mónica Cruz Martínez e Liliana Pellegrini hanno sentenziato in questo senso e hanno assolto ambedue. Hanno anche ordinato che siano posti in libertà immediatamente. Cardozo doveva terminare di completare le pratiche per tornare a casa propria mente la Sala deve attendere il verdetto di un altro processo che è ancora in corso, nel quale è accusata di frode alla stato e associazione illecita. Il tribunale, in cambio, ha condannato Ávila a sei anni e sei mesi di prigione per tentativo di omicidio.

“È molto grave tutto quello che è successo in questa causa e l’assoluzione del tribunale mette allo scoperto la montatura politico giudiziaria di persecuzione che subiscono la Sala e il resto dei militanti della Tupac” da quando Morales è governatore, ha precisato la Gómez Alcorta. “Sono capaci non solo di confondere il diritto, ma sono capaci di inventare direttamente fatti in modo delinquenziale: perché per questa montatura fanno pressione sulla gente, mettono avvocati, estorcono intere famiglie, privano illegalmente la gente della libertà. Hanno privato illegalmente della libertà Cardozo e la Sala”, ha riassunto l’avvocata.

È la quarta causa contro la dirigente di Jujuy che giunge a sentenza e la seconda in cui risulta assolta. Finora ha ricevuto una sola condanna, a tre anni in sospeso, ma che ancora non è definitiva. Con questa nuova assoluzione, la sua avvocata intende che “inizia ad incrinarsi la montatura politica per porre la Sala in mezzo a tutti i delitti: il modus operandi è il medesimo in tutte le cause, giacché lei appare come quella che dà ordini. Ordina di rubare, ordina di uccidere, ordina di minacciare. Questo sta incominciando a cadere perché sempre i testimoni che l’accusano sono persone che con questa accusa hanno dei benefici diretti e non ci sono altre prove che le loro testimonianze”.

Ultime parole

Prima che il TOC 2 di Jujuy emettesse la propria sentenza, gli accusati nel processo hanno avuto il diritto di dire quello che volevano. La Sala ha precisato l’analisi politica della propria indagine, la sua accusa, il suo arresto. “Mi duole come persona, perché valuto moltissimo la vita, che abbiano dovuto torturare Cardozo, Ávila e altri compagni per tenermi ferma qua”, ha considerato. Ha lanciato un duro messaggio contro il governo di Mauricio Macri, che insiste nel fare inchieste contro di lei, e ha denunciato una “persecuzione verso alcuni settori politici”.

La dirigente sociale ha voluto rendere chiare le condizioni in cui è giunta al processo, anche se è stata rapidamente interrotta da una delle giudici che le ha chiesto di “non allontanarsi” dalla causa in questione. “La mia intenzione è di dire il poco che sento e nulla più, voi sentitevi liberi per la decisione che prenderete perché voi rimanete qui, i governi se ne vanno”, ha messo in evidenza la Sala, che ha polemizzato con il modo di agire di “coloro che prendono decisioni per perseguitare alcuni settori politici con i quali non sono d’accordo”.

Da parte sua, Ávila ha denunciato che in carcere su di lui fu fatta pressione affinché accusasse la Sala: “Apparve il giudice Pullén Llermanos (…) mi disse che non volevano me prigioniero ma Milagro Sala, che se collaboravo mi lasciava in libertà”.

28 dicembre 2018

Página/12

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Ailín Bullentini y Agustina ArredondoEs una pequeña luz de esperanza” pubblicato il 28/12/2018 in Página/12, su [https://www.pagina12.com.ar/164731-es-una-pequena-luz-de-esperanza] ultimo accesso 29-12-2018.

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