La disputa per il territorio urbano


In questo articolo Raùl Zibechi racconta la sua esperienza e ricerca nella città di Cordoba in mezzo ai gruppi autorganizzati e ai settori popolari. Attraverso questo racconto ci parla della metamorfosi subita dal movimento dei piqueteros.

Dopo il 2001 una parte scelse la strada istituzionale e elettorale alleandosi con i governi progressisti di Nestor Kirchner e Cristina Fernandez, ma una buona parte cominciò il proprio radicamento nei quartieri popolari delle città portando il conflitto nel quotidiano attraverso l’organizzazione dal basso per risolvere i problemi collettivamente e vivere bene qui e ora.

Raùl Zibechi

Seduto intorno a un cerchio in cui partecipano più di 100 persone, Mari lancia una frase che è contemporaneamente un programma politico: se “los de abajo” non ci guardiamo tra  di noi, nessun altro ci guarda. Mari milita nel “Encuentro de Organizaciones” (EO [1]), uno dei gruppi con più lavoro territoriale a Cordoba (Argentina), partecipa all’Università Trashumante, ha circa 50 anni ed è un educatrice popolare di“los de abajo”.

Quando si compiono due decenni dall’inizio del ciclo delle lotte dei Piqueteros (1997-2002) sembra che sia il momento giusto per valutare dove siamo, cosa rimane e cosa è evaporato da quella promettente esperienza in cui i disoccupati occuparono il centro della scena politica Argentina, rendendosi protagonisti delle giornate del 19 e 20 dicembre 2001, date che hanno cambiato la storia del Paese.

Una delle principali innovazioni che portò il Movimento Piquetero fu un enorme salto in avanti verso l’organizzazione territoriale nelle periferie urbane che hanno subito la deindustrializzazione della decade neoliberale del 1990. Poi una parte importante del movimento si disorganizzò o si incorporò nelle istituzioni (attraverso la cooptazione da parte dei governi progressisti o rivolgendosi verso il campo elettorale).

Mi concentrerò su ciò che ho potuto vedere e imparare nella città di Cordoba (poco più di un milione di abitanti) durante gli incontri con diverse organizzazioni territoriali negli ultimi mesi.

La prima cosa è constatare il potere che mantiene il lavoro territoriale. Sono migliaia di militanti che dedicano tutto il loro tempo al lavoro diretto o al sostegno all’occupazione di terre, all’organizzazione di cooperative autogestite di produzione e di servizi, all’istruzione e alla salute, al sostegno di donne violentate, alla comunicazione anti-sistemica e all’alimentazione nei quartieri popolari attraverso mense popolari e bicchieri di latte.

C’è un’enorme diversità di lavori e di organizzazioni, con diversi stili ma con metodi di lavoro in comune. Tra il settore più autonomo figurano, oltre l’EO, il “Frente de Organizaciones de Base”  (FOB [2]) e il “Frente de Organizaciones en Lucha” FOL [3]. In sintonia con lo stesso lavoro, sarebbe necessario includere “La Dignidad”, “Frente Darío Santillán”, “La Poderosa”, “Patria Grande” e il “Movimiento de Trabajadores Excluidos” (MTE), nonché  “Barrios en Pie” e il “Movimiento Evita” [4].

Molti di questi gruppi hanno messo in piedi la Confederaciòn de la Economìa Popular (CTE, [5]), una specie di sindacato delle milioni di persone escluse dal mercato del lavoro formale, i cartonieri, i contadini, gli artigiani, i venditori abusivi, i mercatai, i cooperativisti, i piccoli imprenditori  e i lavoratori di aziende recuperate (http://ctepargentina.org/). In altre parole, quelli per cui non c’è posto nell’attuale sistema capitalistico.

La seconda questione, molto più importante che la quantitativa, è ciò che fanno nei territori. L’occupazione di terre è un primo passo inevitabile, per iniziare una nuova vita. Metà della popolazione di Cordoba (48 per cento secondo un lavoro del gruppo di ricerca militante “El Llamo en Llamas”) ha problemi di alloggio. È la metà della popolazione che il modello estrattivo lascia fuori dai  più elementari diritti.

Impossibile sapere quanti ettari sono stati recuperati, ma sono decine di spazi nella città e nei paesi vicini. In uno di essi, “Parque las Rosas [6]”, ci sono 30 famiglie che in soli due anni hanno costruito case di materiali solidi dopo aver resistito alla polizia.

Una volta che il problema casa viene risolto, la sopravvivenza quotidiana è la cosa più urgente. A questo punto la diversità è enorme, ma spesso creano cooperative con basi nelle  politiche sociali del governo, che funzionano autonomamente. Ci sono cooperative di persone che raccolgono i rifiuti. Ci sono cooperative di pulizia e di altri servizi. La cosa più interessante è che c’è molta produzione: polli e uova, semina di cereali, distribuzione alimentare basata sull’articolazione con piccoli produttori biologici (l’imprescindibile alleanza rurale-urbana), cooperative di indumenti tessili, calzature e serigrafie.

Tra i gruppi menzionati in precedenza, si superano le 100 cooperative territoriali e autogestite solo a Cordoba, dove lavorano duemila persone, l’80 per cento sono donne. Nell’ambito delle campagne per l’educazione avviate all’inizio di ogni anno scolastico, decine di migliaia di zaini e astucci sono prodotti dalle cooperative di varie organizzazioni per i bambini e le bambine dei settori popolari.

Un brigata di salute attraversa i quartieri per monitorare la situazione delle famiglie. In un caso, almeno, è in atto la produzione di protesi dentali, qualcosa che è fuori dalla portata dei settori popolari. In tutti i quartieri funzionano mense popolari a base di alimenti ottenuti con mobilitazioni, che sono gestite dai propri vicini e che negli ultimi mesi sono cresciute in forma esponenziale per i tagli del governo Macri.

Centinaia di donne di Córdoba vengono ogni anno all’Incontro Nazionale delle Donne. Come risultato del lavoro di base svolto nei quartieri periferici, cresce da alcuni anni un femminismo popolare e plebeo, potente e ribelle, che non è stato cooptato da nessuno e mantiene la resistenza nei territori.

Uno studio speciale merita la comunicazione autonoma. Solo due esempi. La radio alternativa e comunitaria “Zumba la Turba” (http://zumbalaturba.com.ar), trasmette da sette anni nello stesso spazio in cui lavora la FOB. Il giornale “La Tinta” (https://latinta.com.ar) è nato un anno fa, è vicino all’EO e ha un motto che dice tutto: Giornalismo fino a macchiarsi.

L’impressione è che il Movimiento Piquetero, lontano dalla scomparsa, è mutato in un potente movimento territoriale urbano dove i soggetti (in maggioranza donne) sono i più poveri. Cari, una donna occupante del “Parque de las Rosas”, sintetizzò in una sola frase le cause della quarta guerra mondiale contro “los de abajo”:  Non ci impongono più come vivere.

Traduzione a cura della redazione di Cronache Latinoamericane.

Raùl Zibechi, La disputa por el territorio urbano, pubblicato il 1/09/2017 in La Jornada.

Note:

[1] Incontro di Organizzazioni.

[2] Fronte di Organizzazioni di Base.

[3] Fronte di Organizzazioni in Lotta.

[4] La Dignità, Fronte Dario Santillàn, La Potente, Patria Grande, Movimento di Lavoratori Esclusi, Quartieri in Piedi, Movimento Evita.

[5] Confederazione dell’Economia Popolare.

[6] Parco delle Rose.

11 settembre 2017

Cronache Latinoamericane

https://cronachelatinoamericane.wordpress.com/2017/09/11/la-disputa-per-il-territorio-urbano/

Traduzione di Cronache Latinoamericane:
Raùl ZibechiLa disputa por el territorio urbano” pubblicato il 01-09-2017 in La Jornadasu [http://www.jornada.unam.mx/2017/09/01/opinion/016a2pol] ultimo accesso 20-09-2017.

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