Valanga di licenziamenti antisindacali


Giorgio Trucchi

Quasi 200 lavoratori licenziati in poco più di due mesi.

Lo scorso 26 gennaio, l’azienda Pinturas Modelo, proprietà del Gruppo Solid, ha deciso di licenziare tutti i suoi dipendenti, senza nemmeno una spiegazione, né un minimo di preavviso. Due mesi prima, l’impresa Schneider National Logistics, distributrice in Nicaragua dei prodotti Pepsi Cola, aveva fatto la stessa cosa con più di 70 lavoratori. In entrambe le situazioni, i lavoratori e le lavoratrici avevano da poco costituito un sindacato aziendale.

Marcial Cabrera, segretario generale della Federazione unitaria dei lavoratori dell’alimentazione del Nicaragua, Futatscon, ha spiegato che il guatemalteco Gruppo Solid ha acquistato Pinturas Modelo in giugno dello scorso anno e che, quasi immediatamente, ha iniziato a ignorare e trasgredire alcuni degli accordi contrattuali raggiunti e consolidati da anni tra la vecchia proprietà e i lavoratori.

L’atteggiamento dei nuovi proprietari ha creato non poca preoccupazione all’interno dell’azienda, tanto che una settantina circa di lavoratori e lavoratrici hanno deciso di organizzarsi e di creare il Sindacato dei lavoratori di Pinturas Modelo, Sitrapmodelo. Un fatto che la nuova proprietà non ha certo digerito.

“In soli cinque giorni – tra il 19 e il 23 gennaio – l’azienda ha licenziato sei lavoratori, cinque dei quali appartenenti al comitato direttivo sindacale. Abbiamo presentato un ricorso presso il ministero del Lavoro e la risposta è stata la chiusura immediata e definitiva della fabbrica, dicono per motivi di ristrutturazione aziendale”, ha spiegato Cabrera.

Il 26 gennaio, più di 110 lavoratori hanno trovato i portoni della fabbrica chiusi, presidiati da guardie private armate. Nessun dirigente di Pinturas Modelo si è degnato di spiegare cose stesse succedendo.

L’azienda si sarebbe avvalsa dell’articolo 45 che permette i licenziamenti quando il datore di lavoro decide di prescindere unilateralmente dai servizi del lavoratore. In questo caso deve pagare l’indennizzo corrispondente a un mese di stipendio per ogni anno di lavoro nell’azienda, fino a un massimo di cinque mesi. Si proibisce comunque l’applicazione di questo articolo del Codice del Lavoro quando si tratta di licenziamenti collettivi.

Il giorno successivo, il ministero del Lavoro ha quindi dichiarato “illegale” la chiusura della fabbrica e “nulli e senza effetto” i licenziamenti, dato che “non sono stati esauriti i procedimenti amministrativi prescritti dalle leggi”. In questo modo, le autorità hanno determinato che tutte le persone licenziate continuavano a godere dei diritti previsti dal Codice, sia per quanto riguarda la maturazione del salario che il versamento dei contributi previdenziali.

foto G. Trucchi

Nonostante ciò e di fronte alla decisione del Gruppo Solid di cessare le attività commerciali in Nicaragua, i lavoratori hanno raggiunto un accordo con l’azienda e hanno accettato il licenziamento a cambio del pagamento delle spettanze e una buonuscita.

“Non siamo per nulla soddisfatti, perché la cosa più importante era preservare i posti di lavoro e la stabilità. Sappiamo perfettamente che la chiusura della fabbrica e il licenziamento di quasi 120 persone ha a che fare con la decisione di creare un sindacato, che difendesse i diritti conquistati in tanti anni di lavoro. Sappiamo che per i lavoratori non è facile e capiamo la loro decisione, ma questo non giustifica il comportamento dell’azienda”, ha detto il dirigente sindacale.

PepsiCo dalla padella alla brace

“Non abbiamo bisogno di questo tipo di investimenti”

Poco più di due mesi fa, circa 70 lavoratori dell’impresa Schneider National Logistics, incaricata in Nicaragua della consegna sul territorio nazionale dei prodotti della multinazionale nordamericana Pepsi Cola e direttamente vincolata con Embotelladora Nacional S.A. (ENSA), avevano subito la stessa brutale e illegale sorte.

In questo caso, il licenziamento avvenne meno di 24 ore dopo la creazione di un sindacato aziendale e l’intervento immediato del ministero del Lavoro e la sua decisione di dichiarare la nullità dei licenziamenti e ordinare l’immediato reintegro nel posto di lavoro, non aveva comunque sortito effetto. La multinazionale dovrà ora affrontare i tribunali.

“Abbiamo presentato due denunce al Tribunale del Lavoro e abbiamo chiesto il reintegro di tutti i licenziati e il compimento della risoluzione amministrativa del Ministero. Il 6 febbraio ci sarà la prima udienza”, ha detto Cabrera.

Il dirigente della Futatscon non ha mostrato alcun dubbio. “È evidente che questi licenziamenti sono il risultato della politica repressiva e antisindacale di queste multinazionali. Come è possibile che, con la scusa di investire, dimostrino poi tutta la loro prepotenza, arroganza e il loro disprezzo per la vita di lavoratori e lavoratrici?”, si è chiesto il dirigente.

“Noi siamo favorevoli agli investimenti e all’arrivo del capitale straniero, ma non a scapito dei diritti e della dignità delle persone”, ha concluso Cabrera.

2 febbraio 2015

Rel-UITA

Giorgio Trucchi, “Despidos masivos por conformar sindicatos” pubblicato il 02-02-2015 in  Rel-UITA, su [http://rel-uita.org/index.php/es/sindicatos/item/6062-despidos-masivos-por-conformar-sindicatos] ultimo accesso 03-02-2015.

 

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