“Che non ci mentano più … che sia fatta giustizia”


Sergio Ferrari

Dei familiari dei 43 scomparsi di Iguala alle Nazioni Unite.

Dei familiari di due dei 43 studenti scomparsi della Scuola Normale di Ayotzinapa, accompagnati da una decina di organizzazioni messicane dei diritti umani, sono giunti a Ginevra in rappresentanza di tutti i loro pari. Per presentare alle Nazioni Unite e condividere con la comunità internazionale la loro profonda indignazione per i fatti di fine settembre dell’anno scorso avvenuti nello stato messicano del Guerrero. “E per chiedere che ce li restituiscano in vita”, sottolinea Bernabé Abraham Gaspar, padre di Adán Abraham de la Cruz, di appena 24 anni, una delle vittime.

“Per noi, i nostri figli non sono morti. Sono scomparsi”, rimarca Bernabé Abraham Gaspar cominciando il dialogo con questo corrispondente. “E per questo veniamo alle Nazioni Unite, affinché ci aiutino a trovarli”.

Stiamo portando avanti una intensa “ricerca di quattro mesi”, ed è il momento che le autorità messicane “smettano di mentirci”. I familiari affermano di aver perduto ogni fiducia nel potere istituzionale del proprio paese. “Per recuperare i nostri cari, ora ci rimane l’appoggio internazionale”.

E affinché sia impartita giustizia ai responsabili di questo fatto. “Sono i poliziotti che li hanno portati via. Chiediamo che ci consegnino in vita i nostri familiari”, ha insistito.

Tutti i poteri hanno una parte di responsabilità. Il municipale, quello dello Stato e del Governo centrale. “Non ci possono raccontare che il Governo non sa come lavora lo stato e come operano i responsabili dei suoi municipi …”.

La presenza dei familiari degli scomparsi di Iguala all’ONU non è passata inosservata. La sua testimonianza ha risuonato con particolare forza nei corridoi della sede dell’ONU di Ginevra, Svizzera, dove lunedì 2 febbraio e martedì 3, il Comitato sulla Scomparsa Forzata tratta il caso messicano. E si estende ad attività pubbliche e di stampa realizzate con l’appoggio dell’Organizzazione Mondiale Contro la Tortura (OMCT) –coalizione che riunisce 311 organizzazioni in tutto il mondo– e PBI (Peace Brigades International).

La retorica ufficiale

Varie voci ufficiali hanno sostenuto il rapporto messicano sull’attuazione della Convenzione per la Protezione di Tutte le Persone contro le Scomparse Forzate.

“Questo sostegno avviene in una circostanza particolarmente dolorosa che ha generato urbi et orbi indignazione e rifiuto, ma anche determinazione e decisione per soddisfare il diritto alla verità e alla giustizia”, precisa il documento governativo.

E riferendosi agli studenti di Ayotzinapa, i rappresentanti ufficiali spiegano che la loro “scomparsa forzata rende manifesto, una volta di più, che dobbiamo continuare ad occuparci dei problemi associati alla povertà, alla esclusione e alla corruzione, per far fronte al crimine organizzato e alla violenza che lo accompagna …”.

Introduzione formale di una ventina di minuti di discorso e di circa dieci pagine di un documento attraverso il quale i portavoce della Segreteria delle Relazioni Internazionali, della Procura Generale della Repubblica e della Conferenza Nazionale dei Governatori hanno cercato di dare fondamento ai progressi della politica statale riguardo gli scomparsi.

“Gli scomparsi … sono migliaia”

“I nostri figli, i 43 studenti normalisti, fanno parte delle migliaia di scomparsi che ci sono in Messico”, sottolinea Bernabé Abraham Gaspar. Che afferma che a partire dalla mobilitazione intorno ai normalisti di Iguala, si sta creando un significativo precedente di protesta. “Alziamo la voce per sollevare e denunciare il dramma di tutti gli scomparsi. E perché altri ci seguano”, sottolinea.

Demolendo con la propria esperienza personale i più vari argomenti ufficiali. “Ci hanno detto che erano interrati in fosse. Dopo, che li hanno bruciati. Più tardi, che li hanno gettati nel fiume. Sempre con lo stesso inganno. Cercano di chiudere il caso e che non si parli più dei nostri figli”.

Ma noi –ripete con emozione– “non accetteremo una qualsiasi risposta del Governo. In Messico abbiamo un grande sostegno sociale. E fiducia nella solidarietà internazionale. Tutto questo ci dà forza. E continueremo la nostra lotta per ritrovarli in vita”.

La riflessione finale, con la semplicità contadina e la forza della testimonianza, prorompe immediatamente. “Chiediamo a tutti i popoli e ai Governi di fare pressione sul Governo messicano per trovare una degna soluzione. Vogliamo, semplicemente, che continuiate ad appoggiarci per trovare i nostri figli”.

03-02-2015

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Sergio Ferrari, “Que no nos mientan más… que se haga justicia” pubblicato il 03-02-2015 in  Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=195025&titular=”que-no-nos-mientan-más…-que-se-haga-justicia“-] ultimo accesso 03-02-2015.

 

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