Gli impresari messicani e Ayotzinapa


Rafael de la Garza Talavera

Se risulta evidente l’enorme spaccatura che c’è tra gli obiettivi del cartello partitico-governativo e un importante settore della società civile messicana, che continua a fare pressione per ritrovare i 43 studenti scomparsi ad Iguala, la posizione degli impresari non è da meno. Al di là delle sistematiche dimostrazioni di disprezzo verso i lavoratori da parte dei creoli del XXI secolo –risultato di una lunga tradizione razzista incubata nei miasmi dell’eurocentrismo– il caso Ayotzinapa rivela il modo di concepire il mondo da parte dei padroni del denaro in Messico.

Sebbene, in principio, gli impresari organizzati nel Consiglio Coordinatore Imprenditoriale (CCE) abbiano deplorato la scomparsa dei normalisti nel Guerrero, sollecitando “la creazione di una commissione cittadina che sostenga il lavoro dei responsabili delle indagini e il risultato delle medesime”, recentemente la loro posizione è cambiata, dimostrando la loro vera percezione del conflitto. Lo stesso Gerardo Gutiérrez Candiani, presidente del CCE, ha recentemente chiesto che siano castigati i manifestanti che sono entrati nel 27° Battaglione di Fanteria di Iguala.

Infastidito per l’irruzione di professori e studenti normalisti al Forum Imprenditoriale Guerrero –organizzato dalla Confederazione Padronale della Repubblica Messicana (COPARMEX)– Gutiérrez Candiani ha dichiarato che “oltre a manifestare la loro intenzione di sabotare i processi elettorali, con una nuova e grave azione, inedita in Messico, hanno provocato con violenza e irresponsabilità le forze armate nelle loro stesse istallazioni”. Ha accusato i manifestanti di avere interessi politici, estranei alle richieste di giustizia e rispetto dei diritti umani.

Senza voglia di entrare nella discussione delle presunte differenze tra politica e giustizia, basti dire che gli imprenditori messicani hanno serrato le fila precisamente intorno ad un simile sofisma per voltare pagina. Così ha parlato Enrique Solana, presidente della Confederazione Nazionale delle Camere di Commercio Nazionali (CONCANACO), che ha considerato ingiusto che per 43 persone siano danneggiati i tre milioni e mezzo di abitanti dello stato del Guerrero e, soprattutto, i 150 mila impresari che danno impulso, secondo lui, alla crescita economica dello stato. Questa sì che è una ingiustizia!

Per avere un’idea delle ragioni che espongono gli impresari per dar per terminate le indagini, cosa di meglio che le dichiarazioni di una delle loro guide, il vescovo Onésimo Cepeda, che con il suo abituale tono parrocchiale ha espresso il suo sconcerto per le proteste quando dice: “Se sono già scomparsi, sono già scomparsi”, per cui raccomanda di pregare per i morti e di lasciare che le autorità facciano il proprio lavoro, ossia, gettare terra sul tema per continuare a manovrare il Messico.

Le proteste nel Guerrero non hanno solo posto nel mirino le autorità civili e militari ma anche il mondo imprenditoriale, scatenando l’ira dei benefattori della società che si sacrificano tutti i giorni per creare posti di lavoro spazzatura e avvelenare la popolazione con i loro prodotti e servizi. Una impresa leader nel “beneficiare” la popolazione è Bimbo (impresa produttrice di ghiottonerie infarinate che nel paese hanno fatto esplodere l’obesità infantile ad un ritmo senza precedenti) che attraverso uno dei suoi fondatori, Roberto Servitje, ha ripetuto la cantilena imprenditoriale per infamare le manifestazioni sociali per la scomparsa forzata dei normalisti: “C’è ostilità di alcuni gruppi che non hanno potuto ubicarsi e approfittano di qualsiasi cosa, come questo fatto di Ayotzinapa, che è molto triste perché gli si è data una dimensione che non ha, e si stanno approfittando di voi, e anche i media esasperano la situazione”.

Le perle chiarificatrici menzionate sopra confermano che gli impresari sono in sintonia riguardo il caso Ayotzinapa, chiedendo allo stesso tempo ai loro soci minoritari di mettere fine alle proteste e di ristabilire lo stato di diritto. La COPARMEX ha recentemente dichiarato con un comunicato stampa che “La responsabilità è condivisa tra i tre ordini di Governo, e i sindaci e i governatori devono anche dare una risposta chiara e forte di fronte alla società che chiede ora ‘basta violenza!’” Si noti quello della “risposta chiara e forte” per misurare il livello di frustrazione degli impresari e la loro vena autoritaria. Perché in fondo, ciò che è in dubbio per i “motori” della crescita è il principio di autorità, fondamento dell’ordine sociale che amplifica le possibilità di appropriarsi della ricchezza prodotta socialmente.

Al di là delle differenze nella gestione del conflitto tra impresari e governo –i primi considerano inammissibile che si amministri la crisi permettendo, per esempio, che si obblighino i militari ad aprire le caserme– non si può passare sopra al fatto che la violenza sociale è in primo luogo un prodotto dello sfruttamento sistematico dei lavoratori a beneficio di alcuni pochi. È questa violenza, suscitata dal desiderio di lucro, quella che ha generato non solo il caso Ayotzinapa, ma anche Acteal, Aguas Blancas, le sparizioni di Ciudad Juárez, i danni collaterali della guerra contro il narcotraffico e un lungo eccetera, smantellando senza vergogna un paese per mantenere la logica capitalista. E nel frattempo, la ricerca dei 43 studenti normalisti continua costante e inarrestabile.

21-01-2015

Colectivo la digna voz

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Rafael de la Garza Talavera, “Los empresarios mexicanos y Ayotzinapa” pubblicato il 21-01-2015 in  Colectivo la digna voz, su [http://lavoznet.blogspot.mx/2015/01/los-empresarios-mexicanos-y-ayotzinapa.html] ultimo accesso 29-01-2015.

 

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