In Guatemala ci fu violenza sessuale “ma non sono riusciti a farci tacere”


Cristina Chiquín Rodríguez

La violenza sessuale fu un’arma utilizzata dall’esercito per creare terrore, paura e silenzio. Per questo è necessario dire ciò che avvenne nei nostri corpi, nella nostra vita e nel nostro territorio.

Guatemala. Noi donne del Guatemala ci sediamo per continuare a filare la vita, la memoria e la storia per continuare a diffondere la verità, per dire di nuovo che in Guatemala ci fu genocidio, e che dentro il genocidio ci fu violenza sessuale. Ma soprattutto, ci sediamo a rivendicare la lotta e la testimonianza di vita di molte donne di questo paese.

L’iniziativa dell’attività del 7 luglio è sorta tra differenti collettivi, organizzazioni e donne individuali che hanno cercato di rivendicare la testimonianza e la lotta delle donne ixiles durante il processo per genocidio e, a partire da loro, poter tessere la memoria e denunciare la violenza sessuale che avviene e avvenne nel paese durante il conflitto armato.

Le 10 donne ixiles che hanno presentato la propria testimonianza sulla violenza sessuale rappresentano le migliaia di donne del paese che hanno sofferto offese per mano dell’esercito. Per questo è necessario dire ciò che avvenne nei nostri corpi, nella nostra vita e nel nostro territorio, incominciare a filare tra di noi, a mostrare che nonostante abbiano voluto farci tacere, non ci sono riusciti.

Durante l’attività hanno tessuto e dipinto scialli; c’è stata musica, poesia, teatro, allegria e vita.

La violenza sessuale fu un’arma utilizzata dall’esercito del Guatemala che creò terrore, paura e silenzio. Fino ad oggi continua a causare tristezza e ha ripercussioni fisiche, emotive e sociali tra le sopravvissute e la comunità. Per questo gridiamo e cantiamo che siamo vive, che con la nostra voce incominciamo a rompere i muri che hanno voluto per incarcerarci, e creiamo nuovi legami e nuovi cammini. Costruiamo dalla nostra stessa storia per smentire la storia del saccheggio, del razzismo, del patriarcato e del colonialismo: la storia di morte.

Il 10 maggio 2013 è stato condannato Efraín Ríos Montt per genocidio e per i delitti contro i doveri di umanità. Tra i delitti commessi dall’esercito nel 1982 e 1983 ci fu quello di violenza sessuale, che fa parte anche della sentenza emessa dalla giudice Jazmín Barrios. La sentenza è stata respinta dalla Corte Costituzionale con un atto illegale e non punito, ma sappiamo che la giustizia non viene dalle istanze tessute da questo sistema, la giustizia viene dalle nostre mani, dalla nostra parola e dal nostro camminare.

Continueremo a filare la nostra memoria

Dietro gli occhi attende il silenzio, va di traverso il pianto, sfrega le sue mani, e la sua storia è stata quella che cresceva nei miei capelli, quella che è germogliata nel mio corpo. È stato il camminare dei suoi piedi ciò che ha segnato questo tempo, sono state le sue parole, le sue risate di nascosto, quelle che hanno alimentato il mio sguardo.                                                 

Non sono sufficienti i colori e le lettere per ordire tutto questo tessuto, perché questo filare ancora non riesce a concretizzarsi. Per rompere questo muro mancano mani, mancano piedi, mancano sguardi, risate, tenerezza.

Non basta il pianto, manca la forza del suo corpo nei nostri corpi, la forza della sua storia nel nostrocristallino pensiero. Dietro i suoi occhi attende l’universo.

Pubblicato il 15 luglio 2013

Desinformémonos

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Cristina Chiquín Rodríguez, “En Guatemala hubo violencia sexual pero no lograron callarnospubblicato il 15-07-2013 in Desinformémonos, su [http://desinformemonos.org/2013/07/reivindicacion-de-la-memoria-de-las-mujeres-en-guatemala/] ultimo accesso 17-07-2013.

 

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