Il Cordobazo. Una ribellione popolare


Mario Hernández

44 anni: Il Cordobazo, una esperienza insurrezionale dove la classe operaia è stata centrale.

Intervista a Juan Carlos Cena, autore di “El Cordobazo. Una rebelión popular” (Il Cordobazo. Una ribellione popolare, ndt).

Mario Hernández (MH): Una nuova trasmissione di ¿Sin salida? (Senza via di uscita?, ndt) nell’imminenza di un nuovo anniversario del Cordobazo con la presenza di un invitato molto speciale, Juan Carlos Cena. Juan Carlos è autore di un libro molto importante che ogni volta che lo rileggo vi trovo cose nuove, si tratta di “El Cordobazo. Una rebelión popular”, pubblicato al compimento dei 30 anni del Cordobazo, nel 1999, al quale partecipano Osvaldo Bayer, Horacio González, David Viñas, James Petras, Beba Balvé, tra i vari intelettuali e lavoratori che ebbero una partecipazione diretta come Jorge Canelles, membro del Partito Comunista (PC) e del sindacato delle costruzioni, Felipe Alberti, di Luz y Fuerza (Luce e Forza, ndt), il “Goyo” Flores di Sitrac-Sitram, morto recentemente e altri. Juan Carlos scrive anche un racconto, “La cospirazione degli uguali” che ebbi l’audacia di far conoscere al nipote di Agustín Tosco, Tobías, regista di pubblicità e cineasta, dicendogli “ti darò un copione per il cinema”. Dopo pochi giorni mi fece sapere attraverso mia figlia Ana Laura che avevo effettivamente ragione, cosicché se un giorno lo filma già sai di chi fu la colpa. Oggi parleremo del Cordobazo ma anche di un articolo che scrivesti con Elena González Bazán in occasione della morte del genocida Videla nel quale, nel miglior stile della nostra comune amica Beba Balvé, che conobbi attraverso di te, legano il Cordobazo al colpo di stato del 1976. Ascolteremo anche Rodolfo Walsh che parla del Cordobazo, che come Beba, sosteneva che le lotte non cominciavano da zero ma che c’è una continuità, bisogna analizzare i processi e per me c’è una stretta relazione tra ambedue gli avvenimenti.

Juan Carlos Cena (JCC): Io credo che il Cordobazo fece parte di un processo di lotta dei lavoratori. Nel caso particolare di Córdoba si risale alla resistenza all’oppressione in America Latina, in Argentina e nel mondo. A Córdoba ha una particolarità perché si palesa con la Chiesa reazionaria della provincia e inizia nel 1917 con la Riforma Universitaria, attraverso una forte unità operaio-studentesca e dove si fonda la CGT cordobese per mano di Miguel Contreras, di Bustos e di altri compagni.

Questa esperienza si ripete nel 1958 con le grandi manifestazioni per “Laica o Libre” (Laica o Libera) quando la Chiesa, attraverso il governo di Arturo Frondizi, pretendeva di ristabilire l’insegnamento cattolico nelle scuole. Bisogna chiarire che a Córdoba la polemica non era anarchismo o socialismo ma tra clericali o anti-clericali perché questo fu il vettore che divise la provincia anche se c’erano compagni che erano molto progressisti e contemporaneamente molto cattolici. Non dimentichiamoci che durante il Viceregno ci fu l’unico Tribunale della Santa Inquisizione. A Córdoba la destra cattolica era e continua ad essere molto forte.

Possiamo parlare del Cordobazo ma partendo dalla Resistenza dopo il golpe del 1955. Il primo grande sciopero contro il golpe gorilla di Aramburu e Rojas fu fatto a Córdoba, uno degli organizzatori fu il “magro” Canelles che rompe con la politica del PC e fa una alleanza con “i negretti” dell’Alto, come chiamavano in quel momento i membri della Resistenza Peronista. Erano di Alto Alberdi, tifosi di calcio del club Belgrano.

La Marina controlla l’UOCRA nel momento in cui nella provincia si stavano costruendo le fabbriche d’auto. La Siemens costruiva per Kaiser, Fiat, Perkins, era una impresa costruttrice tedesca. Lo sciopero era molto forte, non avevano un locale sindacale ma, come diciamo noi, avere un locale è una circostanza e allora si riunivano sui monti. Fu un grande sciopero a partire dal quale a Córdoba comincia tutta una serie di resistenze operaie e appaiono nuovi attivisti alla Fiat, alla SMATA, nelle ferrovie, nella fabbrica militare di aerei, che erano i luoghi di maggior concentrazione operaia.

Avviene un fenomeno particolare con l’Università dove da tutta l’America Latina accorrevano giovani per la sua qualità ed eccellenza, quelli che maggiormente influirono furono i peruviani che introdussero José Carlos Mariátegui che sbarca a Córdoba e anche a La Plata per mano degli studenti. C’erano 60.000 studenti universitari, 11.000 dei quali lavoravano. Inoltre, un grande settore della classe operaia cordobese studiava. C’era una mescolanza, un collegamento. Gli operai dovevano studiare per la tecnologia di punta che arrivava a Córdoba e non esisteva nel resto del paese. La Fabbrica Militare di Aeroplani fabbricava aerei in abbondanza, il Rastrojero, la moto Puma, fanno un salto con i Pulqui I e II, che erano aerei supersonici. La tecnologia di punta in America Latina stava lì. Quando Lula conobbe la Fabbrica Militare di Aeroplani disse “magari un giorno l’avessimo noi”, e ora l’hanno, è l’Embraer e noi l’abbiamo trasformata in una piccola officina.

Il Cordobazo ha a che vedere con la riconversione del capitalismo nel mondo. Terminò l’accumulazione e allora bisognava sconfiggere la classe operaia. In questo contesto avviene l’esplosione popolare più grande della storia argentina che è il Cordobazo e dove si dà l’unità tra operai, studenti e abitanti.

Questi ultimi sono un fenomeno nuovo, 150 centri cittadini il cui referente si chiamava Vicario. Quando li reprimono durante una manifestazione si rifugiano alla Luz y Fuerza come gli studenti quando gli chiudono i centri. Luz y Fuerza si trasformò nella Jabonería de Vieytes perché tutto il mondo vi andava a discutere di tutto. E nella classe operaia avviene anche un evento, per la prima volta un peronista come Tosco vota a sinistra e la sinistra fa lo stesso come il “Negro” Atilio López, il Segretario Generale della CGT cordobese.

C’è un fenomeno differente nel peronismo e nella sinistra. La sinistra di Córdoba è differente, incluso il PC e dentro il movimento operaio appare anche una nuova corrente che è il guevarismo. Non dimentichiamoci che molti cordobesi parteciparono al primo “fuoco” guerrigliero a Salta. Sono studenti e lavoratori guevaristi che si identificavano con il pensiero del Che.

Un altro fenomeno nuovo che appare sono i Sacerdoti del Terzo Mondo con il prete Naser in testa che liberò e protesse Tosco durante la repressione. Tutti questi fenomeni avvengono prima che scoppi il Cordobazo. Quando la CGT nazionale lancia uno sciopero generale per il 30 maggio 1969, uno sciopero “matero” (sciopero per bere il mate, ndt), un venerdì, i cordobesi decidono che basta scioperi materi e il 29 escono dalle fabbriche. A partire da questo momento cominciano ad organizzarsi da ogni parte. Non possiamo dire che andavamo a tirare petali di rose, si fabbricarono molotov, miguelitos (chiodi a quattro punte per bucare i pneumatici, ndt), si fa l’unità tra Tosco ed Elpidio Torre, che da anni non si parlavano, si fa di tutto. Non si può dire che la classe operaia andò ad affrontare la polizia, che già li aveva repressi, con le mani vuote. Si studia perfino il modo di occupare i ponti, perché Córdoba è circondata dalla Cañada (canali, ndt) e prendere i ponti era strategico per isolarti o liberarti.

Il Cordobazo fu una esperienza insurrezionale dove la classe operaia ha la centralità

Così esplode il Cordobazo che doveva essere un semplice corteo ma nel momento in cui uccidono Mena esplode tutto. Mena era uno studente dell’Università Cattolica e un operaio e lo uccidono come Darío Santillán, lo cercano e gli sparano un colpo, vicino al capolinea dell’autobus. Anche se non esistevano i telefonini questo ruolo lo svolgono gli studenti con le loro moto che circolavano permanentemente dove venivano le colonne organizzate. Quando uccidono Mena nessuno può fermare niente, ma nonostante ciò non ci furono saccheggi né incendi, salvo la Citröen della ditta Juan Estabio che ora sono i prestanome dei preti, la Xerox che rappresentava le aziende dell’imperialismo statunitense ed entrano nella pasticceria Oriental. Lì entrava solo l’oligarchia per quanto ti presentassi ben vestito. Era di fronte a Piazza Colón, una pasticceria storica degli inizi del XX secolo. La gente entra e mangia di tutto. Questo fu una parte della ribellione. Occupano anche il quartiere Clínicas e allora interviene l’Esercito.

Fu un’esperienza insurrezionale dove la centralità ce l’ha la classe operaia con un altissimo grado di ingenuità perché il giorno successivo i dirigenti si riuniscono per fare un bilancio e all’improvviso arriva la polizia e li arresta. Erano tutti riuniti nel Luz y Fuerza, nemmeno passarono alla clandestinità. Si riunirono alla piena luce del giorno in un luogo pubblico e li portarono via tutti, incluso Elpidio Torres.

In questa epoca c’è una polemica molto sana con il “Gringo” Tosco per aver fatto l’unità con Torres che era un burocrate. Il grafico Raimundo Ongaro, fondatore della CGT degli Argentini, lo critica e Tosco gli risponde: “l’unità bisognava farla anche sia per 24 ore”. Dopo il Cordobazo, Ongaro visita Córdoba e pubblicamente si autocritica. Ora questo non avviene, immaginati un tipo della sua importanza che pubblicamente dice “mi sono sbagliato, il ‘Gringo’ aveva ragione”. Lo disse in una assemblea, ora è impossibile che succeda qualcosa così. A partire da questo momento la classe operaia non poterono piegarla perchè continuano le lotte nella Grande Buenos Aires e all’interno. Per questo, la repressione non comincia con la dittatura del ’76 ma con Isabelita, López Rega, Balbín, dirigente dell’Unione Civica Radicale (UCR) che denunciava la “guerriglia di fabbrica”, le AAA, ecc.

MH: L’articolo che hai pubblicato lo scorso 20 maggio e al quale facevo riferimento all’inizio del programma evidenzia: “Per il dirigente radicale Ricardo Balbín i fatti di Villa Constitución (20.3.1975) furono necessari per sradicare la sovversione industriale” e Guillermo Walter Klein, socio di Martínez de Hoz, anni dopo fu molto più contundente di fronte all’ambasciatore degli USA: “State tranquilli, tutti gli attivisti sindacali di Villa Constitución sono già sottoterra”. Questo hai scritto.

JCC: Ho le dichiarazioni conservate nel mio archivio.

MH: Subito faremo una pausa ma non volevo lasciar passare questo perché leggendo l’articolo ricordavo a chi scrisse Beba Balvé per il tuo libro dove cita il generale López Aufranc quando si riunì con Miguel Gazzera del sindacato dei pastai e con le 62 Organizzazioni sull’opportunità della decisione della CGT nazionale di effettuare uno sciopero generale con una mobilitazione il 1 e il 2 ottobre 1969 che sarebbe terminato con un grande concentramento il 17 ottobre nella Plaza de Mayo. A tale scopo si riunisce il Consiglio Generale per la Sicurezza composto da generali in attività e López Aufranc, che successivamente sarà un dirigente di Acindar a Villa Constitución, fu incaricato di parlare con Gazzera e gli dice: “o si toglie lo sciopero o il 1 e 2 ottobre dovremo uccidere 3000 negri per evitarne 30.000 il 17”. E dice Beba: “già utilizzavano la cifra dei 30.000 scomparsi nell’ottobre del 1969”. (…) La lotta continua per rivendicazioni diverse da quelle del Cordobazo. Controllando il tuo libro, mi dicevi che stai preparando una seconda edizione.

JCC: Aspettando che la Banca Mondiale la finanzi è già terminata.

MH: Dicevo che nel prologo come autore, nel 1999, e accreditando l’idea che la storia non incomincia tutti i giorni, fai riferimento ad una serie di lotte che avvengono nei ’90, come il Santiagueñazo, Cutral Có, Plaza Huincul, Mosconi. Lo sottolineo perché stai anticipando ciò che nel dicembre del 2001 sarà l’Argentinazo, prefigurando in queste prime mobilitazioni che si danno all’interno contro le politiche di disoccupazione e marginalità che colpiscono, soprattutto, le popolazioni dove erano installate le grandi imprese statali come YPF. Qui c’è una continuità di trenta e passa anni e più perché hai cominciato nel 1995 a parlare di Córdoba, dello sciopero contro la Libertadora e in El Cordobazo, nel prologo scritto nel 1999, stai anticipando ciò che sarebbe avvenuto due anni dopo.

Il golpe del 1976 ha fatto retrocedere l’Argentina al Decennio Infame

Tornando a “Jorge Rafael Videla y la naturaleza del golpe de estado” (Jorge Rafael Videla e la natura del colpo di stato, ndt), fanno riferimento ad un altro fatto che il 25 maggio 1973 avviene parallelamente alla nomina alla presidenza di Héctor J. Cámpora. Si tratta della riunione del Gruppo Perriaux, potresti spiegare chi erano e perché incominciano a riunirsi praticamente nello stesso periodo in cui il peronismo sta assumendo il governo?

JCC: Il colpo di stato del 1976 non fu spontaneo, fu pianificato. Ebbe a che vedere con il processo che stavamo delineando di manifestazioni e resistenze operaie e, fondamentalmente, con ciò che evidenziò Ricardo Balbín, che bisognava piegare la classe operaia. Una parola che non mi piace ma diciamo che in Argentina bisognava cambiare di modello, passando da un paese industriale ad una cultura finanziaria perché nel mondo cominciava la globalizzazione che ci avrebbe cambiato il profilo, non saremmo più stati un paese semi-industriale, indipendente. Questo terminava. Si tornava indietro al primo governo di Perón. Tornavamo ad essere un paese coloniale, colonizzato e il vero inconveniente che si frapponeva a tutto ciò erano i lavoratori perché nella lotta per le loro rivendicazioni indirettamente difendevano questa “vecchia” struttura socio-economica. La Triplice AAA del governo di Isabel non fu capace di piegare la classe operaia e allora venne il colpo di stato a sconfiggerla.

Il Gruppo Perriaux pianifica i primi passi e sviluppi che dovrà avere il golpe. Partecipavano Martínez de Hoz, Guillermo W. Klein, tra gli altri. I militari furono gli esecutori di questi ideologi del potere. Sono i loro rappresentanti. Per cambiare il modello avevano la necessità della repressione su grande scala e crudelmente venne come mai era prima avvenuto nel nostro paese.

I militari argentini non solo si addestravano nella Scuola delle Americhe. Qua vengono i militari francesi, i torturatori dell’Algeria, vengono ad insegnargli le tecniche di tortura. Bisogna vedere “La Battaglia di Algeri” di Gillo Pontecorvo per comprendere come agivano. Il 24 marzo avevano le liste della gente che avrebbero sequestrato, delle perquisizioni, tutto. Nulla fu fatto per caso. Si portarono via i membri di intere commissioni interne, entrarono ad occupare direttamente le fabbriche.

Quando alcune organizzazioni dei Diritti Umani evitano questi fatti, di fronte ai medesimi tengono una condotta piccolo-borghese. Li stanno occultando. Quando vado ai cortei per l’anniversario del 24 marzo, ci sono molto pochi ritratti di lavoratori. Questa è anche una critica alla sinistra perché ci sono molti compagni dei partiti politici di sinistra scomparsi, ma non sono nei cartelli. Perché nascondiamo la classe operaia? Ci furono 30.000 scomparsi e il 70% erano lavoratori. Non lo dico io ma la Commissione Provinciale per la memoria di La Plata, e c’è una stima che il 56% del totale erano peronisti. Che dicono i peronisti? Nulla, perché anche loro furono complici.

I ferrovieri hanno 111 scomparsi. Il primo fu un membro della Resistenza Peronista durante il governo di Isabel Perón. La repressione venne perché la ordinarono gli ideologi del potere, non importa chi occupi la Casa Rosata.

Il Gruppo Perriaux fu il cuore della pianificazione della repressione, del debito estero, della statizzazione del debito privato con Cavallo, ecc., fu un progetto, un piano con il quale bisognava piegare la classe operaia.

Ricordo che alla fine della dittatura chiesi a don Américo Cattáneo, un anarchico che stava nelle ferrovie, un intelettuale di alta levatura, che sarebbe venuto dopo la dittatura e mi rispose: non dimenticarti che dopo la Comune di Parigi, nel 1871, ne assassinarono 30.000 in una notte e dopo altri 100.000 e sulla Francia dopo calò un grande manto di mediocrità. Qui avvenne lo stesso. Stai attento che la mediocrità non è solo nel governo ma anche nell’opposizione. Balbettano, hanno trasformato la teoria politica in una parola d’ordine puerile, pieni di pavoneggiamenti e con un ego che li uccide tutti. Fa parte della mediocrità dalla quale, sopra, si sentono orgogliosi. Sono militanti della mediocrità.

Questo bisogna dirlo e senza l’animo di favorire la destra ma per essere onesti con il nostro pensiero e riflessivi. Dobbiamo metterci a studiare, la realtà si studia, è come la pentola piena di polenta che trabocca da tutti i lati ma se lo vogliamo vedere, ora se ciò che ti interessa è il dollaro blu, ti spiego che a quelli che sono in basso non gli importa un fico perché la cosa passa per un altro lato, per la fame, non vengano con versi né con bandierine da un uomo che non può dare il cibo ai figli.

Allora, se la menzogna si è installata come abitudine e fa parte della mediocrità. Quando mi parlano della nazionalizzazione della ferrovia Belgrano e alla testa nominano un avvocatino che non sa dove sia messo, mi stanno ingannando. Non solo il governo ma anche l’opposizione con il suo silenzio. Per questo dobbiamo essere riflessivi e combattere contro la mediocrità e rivendicare a fondo tutti i compagni, che indipendentemente dalla loro idea politica, furono coerenti e dei lottatori.

MH: Il programma è terminato. Ti ringrazio molto che oggi tu sia venuto a ricordare il Cordobazo, ma inquadrato nell’analisi di tutto un lungo periodo della storia del movimento operaio argentino, non come effemeridi.

12/6/2013

La Haine

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Mario Hernández, “El Cordobazo. Una rebelión popularpubblicato il 12-06-2013 in La Haine, su [http://www.lahaine.org/index.php?p=69860] ultimo accesso 17-07-2013.

 

, , ,

I commenti sono stati disattivati.