Mercoledì 22 è morta Carla Rutila Artes, di cui si erano impadroniti durante l’ultima dittatura e che era stata recuperata nel 1985. Il suo “appropriatore”, il genocida condannato Eduardo Ruffo gode della libertà che gli regalano questi tempi di rinnovata impunità.
In una delle sue ultime testimonianze, Carla ha rivelato che durante la sua infanzia Ruffo la sottopose a maltrattamenti e abusi sessuali.
Una volta Julio Cortázar ci avvertì che noi argentini avremmo viaggiato per molto tempo in un autobus insieme al torturatore. In verità, da molto tempo il giudizio premonitore dello scrittore si sta avverando.
Non viaggiamo solo insieme a torturatori, assassini e appropriatori di bambini che non sono stati mai portati al banco degli accusati.
Compagni di viaggio di cui non pochi sono dei condannati, come è il caso di Eduardo Alfredo Ruffo (nella foto, in giacca chiara, il secondo dalla sinistra), l’appropriatore di Carla Artes, la nipote recuperata che è da poco morta a Buenos Aires a 41 anni.
In una delle ultime testimonianze che Carla ha fatto di fronte ad un tribunale, ha rivelato che Ruffo la sottoponeva a maltrattamenti e che dai cinque anni abusava sessualmente di lei.
“Io sapevo che Ruffo non avrebbe sopportato il mio sguardo”, ha detto allora la coraggiosa Carla dirigendo il suo sguardo verso il miserabile aguzzino che ha piegato la sua testa verso il pavimento e dopo ha chiesto il permesso di ritirarsi dall’aula.
Ruffo era uno dei genocidi che facevano parte della banda di Aníbal Gordon. Torturatore senza pietà e assassino nell’Automotores Orletti, uno dei centri clandestini che funzionavano di fronte alla stazione Floresta della Ferrovia Sarmiento.
Per quell’inferno passarono verso la morte centinaia e centinaia di uomini e donne di vari paesi nell’ambito del Piano Condor.
Lì fu confinata Carla insieme a sua madre Graciela, dalle cui braccia Ruffo strappò la bambina che allora aveva un anno e tre mesi. Da allora, sua madre figura tra i trentamila scomparsi.
Ruffo, secondo quanto abbiamo potuto sapere da fonti di assoluta fiducia, fu condannato a venti anni di prigione per delitti di lesa umanità, ma ora gode della libertà condizionale.
La medesima fonte ha precisato che la risoluzione è stata ratificata dalla Camera Federale di Cassazione e, anche se è stata appellata, il genocida Ruffo, appropriatore e aguzzino di Carla e sicuramente assassino di sua madre, cammina tranquillamente per le strade del paese.
In Argentina tornano a soffiare venti di impunità.
*Juan Carlos Martínez è giornalista, scrittore e direttore del giornale pampeano Lumbre. È anche autore del libro “La abuela de hierro” (La nonna di ferro), opera che riflette la ricerca di Matilde “Sacha” Artes di sua nipote Carla, di cui si sono impadroniti durante la dittatura. L’articolo è stato pubblicato originariamente su Radio Kermés, di Santa Rosa, La Pampa. Foto: quotidiano El Litoral.
27-02-2017
APU
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Juan Carlos Martínez, “Vientos de impunidad: El genocida Ruffo está libre” pubblicato il 27-02-2017 in APU, su [http://www.agenciapacourondo.com.ar/secciones/ddhh/22219-vientos-de-impunidad-el-genocida-ruffo-esta-libre] ultimo accesso 17-03-2017. |