Nonostante il suo corpo fosse stato completamente identificato dopo che era morto nel combattimento tra i membri dell’ELN e le truppe dell’Esercito Nazionale, lo stato colombiano non consegnò a sua madre Isabel , subito dopo quanto avvenuto, i resti di Camilo Torres Restrepo. Quasi cinquanta anni dopo, il 25 gennaio 2016, nelle prime ore del mattino, un piccolo gruppo di persone, in maggioranza funzionari di Medicina Legale e alti gradi militari della V Brigata, hanno proceduto a riesumare alcuni resti che probabilmente corrispondono a Padre Camilo. La notte precedente era piovuto sull’altipiano di Bucaramanga, la prima volta nell’anno e aveva creato ritardi nei voli, tra i quali quello su cui viaggiavano Padre Javier Giraldo e il direttore nazionale dell’Istituto di Medicina Legale Eduardo Valdés.
Tutto indica che da 47 anni i resti di Camilo siano stati in un mausoleo militare situato nel cimitero centrale della capitale santadereana. Di buon ora, soldati fortemente armati hanno circondato il luogo facendo presagire al passante della via 45 che qualcosa di non comune stava avvenendo. Alle 9.40 nelle installazioni è presente il Direttore Nazionale, che invita i partecipanti all’indagine ad una riunione al secondo piano; lì Valdés ha chiarito che non si tratta di un procedimento giudiziario poiché non esiste una denuncia ma che è una richiesta diretta della Presidenza della Repubblica. Durante la conversazione introduttoria si presenta il Brigadiere Generale Giraldo Bonilla, comandante della V Brigata, aumentando così il numero dei militari nell’indagine. Senza altri preamboli, la comitiva si trasferisce a piedi al monumento funebre situato a pochi metri, sotto l’ombra di un albero frondoso; il percorso viene fatto in silenzio, salvo alcuni mormorii dei militari e dei tecnici. I funzionari di medicina legale hanno installato le loro attrezzature sul luogo dove probabilmente riposavano i resti, un ossario situato nella parte destra superiore del monumento funebre identificato con una lapide con lo stemma nazionale in altorilievo e con il nome “caporale 2 ottobre 14 del 1965 Mario B Cáceres D”. Giungere a questo luogo così preciso ha implicato un lavoro di anni di ricerche minuziose da parte di un gruppo di camilisti convinti e delle organizzazioni sociali che non hanno mai smesso di cercare. Un uomo vestito di bianco secondo i protocolli ha martellato con uno scalpello la lapide, mentre una funzionaria registrava agli atti tutto quello che avveniva.
In una scena difficile da comprendere, in prima fila, il Generale Giraldo e gli altri ufficiali, osservavano come si sgretolava il cemento che per decenni ha occultato quelli che possono essere i resti di un martire di tutta l’America Latina, il precursore della Teologia della Liberazione. Dietro, senza tanto protagonismo, la figura minuta di Padre Javier Giraldo, silenzioso, profondo, in lui rappresentati tutti noi che sentiamo Camilo Vivo. Staccandosi il velo di calcestruzzo, osserviamo una cassa, era un’urna di legno ben conservata, in questa alcuni resti che nessuno ha potuto osservare mentre le macchine fotografiche dei militari puntavano verso la nicchia, ansiosi di fotografare le ossa del prete guerrigliero. Non è stato possibile, lo scrigno non è stato aperto, si è proceduto ad imballarlo per poi trasferirlo nei laboratori forensi per le relative analisi; lì si estrarrà un campione del DNA che sarà comparato con i resti di Isabel, la madre che morì a Cuba aspettando che il Generale Valencia Tovar fornisse dati veritieri sul luogo dove occultò il corpo. La voce del momento si è trasformata in notizia nei mezzi di comunicazione tradizionali che hanno informato sulla esumazione; quello che si era voluto fare in totale riservatezza, è stato annunciato come un gesto di pace dell’attuale governo, quello che non hanno detto è che più che un gesto è un suo dovere consegnare i resti di Camilo permettendo che ritornassero nei cuori del popolo colombiano.
Bisogna attendere i risultati dello studio di genetica forense; per ora, domenica 14 febbraio, i settori popolari peregrineranno verso il luogo dove cadde Camilo, nelle montagne del Carmen de Chucurí, dove ripercorreranno l’ultimo sentiero percorso da Camilo. In questo modo, si farà di Patiocemento un luogo di vita che incoraggi le generazioni che resistono all’esclusione e all’emarginazione.
28-01-2016
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Equipo Jurídico Pueblos, “Así fue la exhumación de los presuntos restos del padre Camilo Torres Restrepo” pubblicato il 28-01-2016 in Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=208273] ultimo accesso 28-01-2016. |