Elezioni 2024: Cosa sta succedendo in Brasile?


Henrique Canary e Gloria Trogo

Le elezioni municipali hanno messo allo scoperto una realtà difficile per la sinistra in Brasile. Anche se il PT è avanzato in piccoli municipi, i risultati nelle grandi città mostrano una contundente sconfitta. L’estrema destra continua a guadagnare terreno, e il neofascismo si consolida nella coscienza popolare.

La sconfitta sofferta dalla sinistra brasiliana in queste elezioni ha fatto riflettere tutto il mondo. Che sta succedendo? Il PT ha conquistato 248 municipi. Più dei 182 del 2020, ma molto lontano dai 624 del 2012. All’altro estremo, il Partito Liberale (PL) di Bolsonaro ha vinto in 512 municipi. C’è stato, inoltre, un significativo avanzamento del PSD di Gilberto Kassab e di altri partiti che, nonostante siano considerati “centristi”, fanno pressione sul governo e sulla realtà di destra. Il PSOL ha perso 8 consiglieri e l’unica capitale che governava, rimanendo terzo a Belém. A San Paolo Boulos è giunto al secondo turno, ma non senza prima passare attraverso un triplo pareggio al primo turno, dove il fascista Marçal è stato il fattore imponderabile e si è formato un enorme fronte anti sinistra intorno a Ricardo Nunes. Ci sono molti altri dati e, da qualsiasi angolatura, la sconfitta è stata grande. Il primo turno, con alcune importanti eccezioni, ha rivelato una situazione peggiore di due anni fa.

Di fronte a tutto questo, si è aperto un dibattito nella sinistra sul bilancio delle elezioni. Lasciamo da parte le valutazioni autocompiacenti che affermano che ci sia stato un avanzamento della sinistra semplicemente perché il PT ha aumentato il numero di municipi. Si tratta di città più piccole, generalmente fuori dal nucleo che definisce la dinamica generale della politica brasiliana. Dialoghiamo con coloro che accettano che ci sia stata una sconfitta. La domanda è: perché?

Le sconfitte disorientano, sono più difficili da assimilare e, pertanto, da spiegare. Una parte importante della sinistra si aggrappa esclusivamente ad elementi endogeni, si aggrappa a un’illusione infantile, che avremmo potuto evitare tutto. Bastava seguire le idee corrette in un settore o in un altro, applicare una o un’altra tattica. O forse è stata colpa del candidato? In Twitter, il meme del comico Daniel Duncan lo riassume bene: “calma gente, parlate adagio, non posso scrivere tutto quello che la sinistra deve fare per vincere le elezioni”.

Al polo opposto stanno quelli che vogliono proibire qualsiasi dibattito, come se qualsiasi critica avesse la conseguenza pratica di rafforzare l’estrema destra. Ci pare che bisogna evitare ambedue gli errori e analizzare tanto i fattori esogeni, indipendenti dalle scelte tattiche della sinistra, come quelli endogeni, ricordando sempre che ci sono varie sinistre, con azioni differenti e importanze molto differenti. Vediamo.

Lo scenario internazionale

La sconfitta in Brasile non è un fulmine caduto a ciel sereno. Avviene in un contesto. Viviamo una situazione globale in cui avanza l’estrema destra. In Europa, le forze dell’arretratezza proseguono la loro marcia verso la conquista di vari importanti governi. Già hanno l’Italia, l’Ungheria e, più recentemente, l’Austria. Chega in Portogallo e Vox in Spagna minacciano la Penisola Iberica. L’AfD avanza da est a ovest in Germania. In Francia, si è evitata l’immediata vittoria di Le Pen, ma la situazione continua ad essere così cattiva che Macron ha fatto un golpe di destra, strappando al Nuovo Fronte Popolare la prerogativa di formare un governo, e non è successo nulla. Negli Stati Uniti, Trump avanza pericolosamente sugli stati in bilico.

In America Latina, si è potuto evitate un golpe in Bolivia, ma non una divisione autofagica all’interni della sinistra. Milei continua la sua offensiva in Argentina e non è sicuro che la resistenza finora sorta lì possa fermare il suo impeto distruttivo. In Colombia è stato intentato un nuovo colpo di stato contro Gustavo Petro, anche con la partecipazione del potere giudiziario, come avvenne in Brasile. In El Salvador, Nayib Bukele ha trasformato il paese in una distopia politica e sociale di riferimento per tutto il fascismo latinoamericano.

La situazione di maggior gravità e urgenza internazionale, nonostante ciò, continua ad essere il genocidio del popolo palestinese, che avanza su una scala senza precedenti perché questa volta si tratta di un massacro teletrasmesso, una copertura in tempo reale da parte delle catene televisive di tutto il mondo, senza che questo, almeno finora, abbia fatto fermare il governo di Netanyahu. Al contrario, Israele avanza verso la trasformazione del Libano in una nuova Gaza.

In Brasile, oltre alla sconfitta elettorale, gli incendi provocati, l’avanzata del neopentecostalismo fondamentalista, le milizie, la precarizzazione della vita, le privatizzazioni, il clientelismo e la violenza politica, tutto questo combinato con l’assedio e il boicottaggio al governo da parte del capitale finanziario e della grande stampa corporativa.

Occupare lo spazio antisistema”?

È un fatto che ci sia stanchezza, disgusto o anche odio verso l’attuale regime politico e sociale? Sì. Di fatto, il brasiliano medio ha sempre maledetto il sistema, ha maledetto i politici e ha maledetto “tutto quello che sta lì”. E oggi lo fanno più che mai. Ma c’è un problema.

Storicamente, questo rifiuto del “sistema” soleva andare per mano con una visione più o meno progressista di uscita dai problemi. La gente malediceva i politici precisamente perché pensava che l’educazione e la sanità dovessero essere considerati diritti sociali, che bisognasse proteggere i lavoratori dall’ingordigia dei loro capi, che bisognasse difendere le donne, i neri e le persone LGBT dalla violenza e dall’ingiustizia. La Costituzione del 1988 è una specie di “istantanea” della coscienza della classe media che si stabilì in Brasile dopo la fine della dittatura militare. Su questa coscienza media si costruì il PT e anche la sinistra più radicale.

Al contrario, le cosmovisioni che predicavano la fine di qualsiasi diritto, l’odio, il fanatismo religioso e la violenza sono state sempre viste come qualcosa fuori dal comune. Bolsonaro è stato uno scherzo durante i decenni del 1990 e 2000. Prima di lui, Enéas Carneiro era famoso più per il suo caratteristico slogan e la sua vivacità personale che per le sue idee, che nessuno conosceva né intendeva bene.

Cosa abbiamo oggi in termini di coscienza media alla base del bolsonarismo, un movimento che costituisce circa un terzo della popolazione? Una massa politicamente ed economicamente reazionaria, con elementi di fanatismo religioso, estremamente misogina e altamente razzista e LGTBfobica. La difesa dell’infanzia, dei diritti riproduttivi, della natura, dei diritti del lavoro, dell’uguaglianza e della giustizia sociale, e della laicità dello stato non hanno più grandi consensi nazionali come appena alcuni anni fa. Le soluzioni imperanti sono l’imprenditorialismo, la mescolanza della religione con la politica, il punitivismo, la dittatura militare, la chiusura del Tribunale Supremo, l’incendio e la vendita dell’Amazzonia e ogni tipo di barbarie che prima non erano altro che uno scherzo di cattivo gusto.

In altre parole, la prima cosa che bisogna stabilire fermamente è che non c’è uno “spazio antisistema” astratto, praticamente “vuoto”, che possa essere “riempito” con uno o un altro contenuto, di destra o di sinistra. Quello che c’è in realtà è un forte spostamento della coscienza media verso la destra. Circa un terzo della popolazione, con maggiore o minore mediazione, ha adottato la posizione della guerra civile contro la sinistra, il “comunismo” e i diritti sociali. E la guerra civile contro il comunismo è esattamente l’essenza del fascismo.

Riassumendo, se vogliamo parlare di uno “spazio antisistema”, dobbiamo combinare questi termini. Il “sistema” non è il poliziotto, il politico o il padrone, come sempre hanno sottolineato i nostri primi anarchici, ma l’ispettore dell’istituto dell’ambiente, il sindacalista, il professore di storia, la donna nera, la persona LGBT, l’assistente sociale, il ricercatore, il parroco che distribuisce cibo ai senza tetto.

Cosicché non è possibile “occupare lo spazio antisistema” perché non è uno spazio vuoto che si possa occupare e riempire con un contenuto differente. Questo “spazio” è già pieno, ha già un contenuto, ha già una ubicazione nella lotta politica tra civiltà e barbarie. È lo stesso fascismo.

Di più, non è vero che nessuna forza di sinistra abbia cercato di occupare questo “spazio” con un proprio contenuto. In queste elezioni c’erano candidati della sinistra radicale antisistema che criticavano “tutto quello che c’è”, il “potere”, che difendevano un’opposizione di sinistre al governo. E qual è stato il risultato? Disprezzabile. Ingiustizie del sistema elettorale che favoriscono i grandi partiti? Questo elemento c’è, ma non è assoluto. Il profondo declino e la pratica scomparsa della sinistra settaria è un fenomeno che si sta producendo da vari anni e che va molto al di là delle barriere elettorali. Ha a che vedere con la sua inadeguatezza e il suo svincolamento dalla realtà politica nazionale e con la sua completa dissonanza cognitiva.

Questo non significa che dobbiamo comportarci come una sinistra istituzionale che difende le cose peggiori del sistema: la corruzione, i privilegi, la prevaricazione e il clientelismo. La critica del sistema deve essere presente nel nostro discorso, ma dobbiamo rendere molto chiaro che siamo, allo stesso tempo, difensori delle conquiste civilizzatrici che questo sistema ha incorporato con molta lotta: diritti sociali, meccanismi per ridurre la disuguaglianza, protezione dei più vulnerabili, difesa dell’ambiente, della scienza e della cultura. Dobbiamo combattere il discorso che questi meccanismi esistano per “mantenere il lavoratore in basso”, come ha detto Marçal nella sua campagna elettorale. Al contrario, siamo la sinistra dell’espansione di questi meccanismi e della loro incorporazione come le conquiste civilizzatrici che sono.

In termini di propaganda, inoltre, dobbiamo tornare a porre all’orizzonte la lotta per il socialismo. Oggi, il fatto è che non solo le masse, ma anche l’avanguardia delle lotte e l’attivismo di sinistra non sono convinti di questa prospettiva. Il socialismo non può essere un tema da ricordare “in vacanza”, come faceva la socialdemocrazia storica, ma una parte permanente della nostra lotta ideologica, formazione e propaganda.

I limiti del governo Lula e le alleanze con il centrismo

Molti attivisti e correnti di sinistra si lamentano del fatto che alcune delle azioni del governo di Lula finiscano con il rafforzare la destra, come l’ambito fiscale, le concessioni al centrão 1), l’arretramento nelle agende ideologiche, certe nomine e altre. È vero. Il governo di Lula è stato fiacco nella lotta contro l’estrema destra e nel semplice compimento delle promesse della campagna elettorale fatte dallo stesso Lula. Sarebbe un errore negare questa realtà.

Il problema è che se è difficile con il governo di Lula, è impossibile senza di lui. Questo è quello che è in gioco. Senza Lula, sarebbe stato impossibile conquistare la macchina governativa nelle elezioni del 2022. Il voto per Lula non fu un voto programmatico, di sinistra. Fu un voto strettamente personale. Grazie a questo, il mostro fu temporaneamente sconfitto.

Un’altra verità difficile da inghiottire: senza l’ampia alleanza con settori della borghesia che hanno rotto con il law fare del Lava Jato e il bolsonarismo, nel 2022 nemmeno ci sarebbe stata una vittoria e Bolsonaro oggi sarebbe governo. Sarebbe stato meglio? Con certezza, no.

Cosicché, nella lotta contro il fascismo, il governo di Lula sta dimostrando di essere un alleato instabile e vacillante, ma allo stesso tempo indispensabile, assolutamente ineludibile, date le attuali condizioni di temperatura e pressione (livello di coscienza, organizzazione e volontà di lotta della classe lavoratrice). Il problema è che Lula punta su una grande unità per sconfiggere l’estrema destra, ma i suoi interlocutori di destra e di centro non sono disposti a impegnarsi sui punti minimi del programma che ha fatto sì che il presidente fosse eletto. Cosicché abbiamo un paradosso: l’alleanza che fu una condizione per la vittoria può trasformarsi, nel decorso del mandato, in una preparazione alla sconfitta.

Ma questo non significa che non ci sia nulla da fare. Al contrario, la lotta politica non è mai stata più importante, mai è stato più importante difendere enfaticamente che il governo Lula implementi misure di lotta alla povertà, difenda le funzioni sociali dello stato, contesti l’agenda delle privatizzazioni dei governi statali, nella loro maggioranza di destra, implementi una svolta nella politica ambientale, con più regolazioni, protezioni e un’attualizzazione programmatica fondamentale sul ruolo del Brasile nella transizione energetica e nella lotta alla crisi climatica.

È anche urgente superare la separazione tra classe lavoratrice e le agende malamente chiamate “identitarie”. Il buon senso degli intellettuali che vogliono approfondire questa divisione proviene da un’incomprensione programmatica di uno degli elementi più progressisti della realtà politica del XXI secolo. Ci sono migliaia di giovani che si sono risvegliati alla vita politica attraverso l’agenda antirazzista, femminista e antilgtb, attraverso battaglie che sembrano solo “identitarie”, ma che sono profondamente connesse con la vita della classe lavoratrice. Quelli che muoiono per mano della violenza poliziesca nelle periferie sono lavoratori; quelli che pagano con le proprie vite i pregiudizi contro le persone trans e LGBT sono lavoratori; la grande maggioranza delle donne vittime di femminicidio e violenza domestica sono lavoratrici. Le rivendicazioni di classe non sono solo quelle dell’agenda economica o puramente sindacale, e da questo punto di vista non è neppure un lezione nuova. Lenin aveva già segnalato, più di cento anni fa, l’importanza delle battaglie politiche e i limiti di una visione puramente economica dei programmi e delle rivendicazioni popolari. La lotta per il socialismo è una lotta totale.

Il problema è stato, di fatto, che il governo è invariabilmente indietreggiato di fronte all’offensiva del centrão, del grande capitale, della Rede Globo e della stessa destra. Ma questo non significa che il governo non sia uno strumento utile e assolutamente necessario in questa fase. Tale è la dialettica del processo: un alleato vacillante e instabile, ma senza il quale la vittoria è impossibile.

La sconfitta del 2024: mancava qualcosa, ma cosa esattamente?

Molti attivisti e correnti, nel loro desiderio di equiparare praticamente il lulismo con il bolosnarismo, citano il fatto che il PT si è alleato con il PL in 85 città del paese. Questo è stato, di fatto, un grande errore da parte del PT e lo abbiamo criticato fin dall’inizio. Da quando abbiamo incominciato a discutere le elezioni del 2024, il PSOL ha difeso una politica di unità della sinistra in tutto il paese. Secondo la nostra opinione, il risultato dimostra che questa era la politica corretta. I luoghi dove è andata meglio alla sinistra sono stati esattamente quelli in cui c’era una vera unità democratica e di sinistra: San Paolo, Porto Alegre, Fortaleza, Natal. Dove il PT ha preferito allearsi con i partiti della destra tradizionale, il risultato è stato molto peggiore, come a Curitiba, dove il 2° turno è finito con la lotta tra i due candidati di Bolsonaro. Anche dove il PT “ha vinto” (per esempio, a Rio), non è stata esattamente una vittoria loro, ma di quelli che sono alleati solo tatticamente e temporaneamente con il governo.

Cosicché non siamo d’accordo con coloro che dicono che il grande problema di queste elezioni sia stato il tono moderato di uno o dell’altro candidato. Certamente ci sono stati errori, ma non sono il fattore determinante del nostro comportamento. Chi critica il risultato di Boulos al primo turno finisce con il criticare i migliori risultati della sinistra, affrettandosi prima della lotta finale, quando in realtà già era evidente l’errore nei casi in cui la sinistra non è riuscita neppure ad unirsi o ha deciso di non partecipare, lasciando lo spazio della lotta politica completamente vuoto in un’elezione dove questo è stato determinante.

Questo è stato il grande errore e il grande problema.

A San Paolo, il PSOL è avanzato in regioni importanti, grazie precisamente al fatto che abbiamo cercato di dialogare sulle reali questioni presentate dalla popolazione: nidi, centri di salute, scuole, urbanizzazione, cultura nera, violenza domestica, ecc. Allo stesso tempo, non si può dire che la campagna elettorale non fosse politicizzata. Nessuno è tonto. La gente intendeva perfettamente quello che era in gioco. Fino ad un certo punto, era un plebiscito tra la sinistra e la destra. E a San Paolo siamo usciti dal primo turno con una sconfitta nazionale e un risultato preoccupante. Questo è il fatto che bisogna affrontare.

Per questo, criticando i tentativi di Boulos di dialogare con i sentimenti più fondamentali della popolazione, una parte della sinistra lo sta criticando per ragioni sbagliate. La campagna elettorale a San Paolo si scontra con un potente fronte unico della destra, che riunisce tutti i mezzi di comunicazione tradizionali, il governatore Tarcísio e le ali più radicalizzate dell’estrema destra. In questo contesto, è opportuno fare una campagna elettorale che cerchi di “rompere la bolla” dell’elettorato che è sempre stato di sinistra.

Lotta politica ed ideologica fino al  2026: il ruolo del governo Lula

La principale conclusione di queste elezioni non è, pertanto, che “non occupiamo lo spazio antisistema che era nostro”. La conclusione è molto più cupa: perdiamo la lotta politica ed ideologica perché la gente non è d’accordo con le nostre idee. Pertanto, oltre alle misure economiche e sociali relative al compimento del programma del 2022, abbiamo bisogno di una forte lotta ideologica con a capo il governo.

Non dobbiamo aver paura. Il peso di Lula è così grande che può cambiare ideologicamente il gioco. Quando Lula lotta politicamente, la realtà cambia. Così avvenne nelle elezioni del 2022, ma non solo. Lula ha mostrato la sua capacità di influire sul pensiero delle grandi masse nei diversi episodi di boicottaggio della Banca Centrale all’economia brasiliana, nelle innumerevoli volte in cui denunciò il genocidio a Gaza. Ma è necessario e possibile molto di più.

È necessario e possibile lottare per recuperare la nostra capacità di mobilitazione. E questa è anche una scelta politica. Qualsiasi approvazione di piani progressisti nel Congresso dipenderà molto di più dalla lotta fuori del Congresso che dentro. Se il nostro orizzonte è ristabilire i diritti sociali persi, ampliare il ruolo sociale dello stato, migliorare le condizioni di vita della popolazione e avere un bilancio categorico da presentare nel 2026, la scommessa strategica del governo deve cambiare perché nulla di questo sarà possibile nell’ambito degli accordi con il centrão e i limiti del grande capitale. Ma affinché questo accada, Lula e il PT hanno bisogno di uscire allo scoperto perché hanno una maggiore articolazione con i movimenti sociali e costituiscono la grande maggioranza delle forze organizzate della classe lavoratrice.

La classe lavoratrice e la sinistra hanno bisogno di tornare nelle strade, sulla scena politica nazionale, e presentarsi come candidati alla conquista dell’egemonia politica, ideologica e sociale, attualmente monopolizzata dall’estrema destra.

Per questo, il PSOL deve impegnarsi a far parte di questo processo dalle sue modeste posizioni nei movimenti sociali e nelle istituzioni.

Foto: Maria Isabel (Pablo Marçal in una marcia motociclistica).

22-10-2024

Jacobin America Latina

1) Per capire questo blocco parlamentare eterogeneo e flessibile, è necessario differenziarlo dal concetto classico di centro, poiché questo gruppo oggi non è sinonimo di moderazione politica. Anche così, i governanti brasiliani hanno bisogno di guadagnare la loro simpatia se vogliono mantenere la stabilità nei rispettivi mandati (ndt).

NB – Pur non condividendo le conclusioni di questo articolo ci è sembrato che inquadri bene la situazione politico-parlamentare del Brasile.

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Henrique Canary y Gloria Trogo, Elecciones 2024: ¿Qué está pasando en Brasil?, pubblicato il 22-10-2024 in Jacobin America Latinasu [https://jacobinlat.com/2024/10/elecciones-2024-que-esta-pasando-en-brasil/] ultimo accesso 08-11-2024.

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