Colombia: Capo dell’ELN spiega a HispanTV come vede la pace con Petro


A 20 giorni dall’avvio del nuovo ciclo di negoziati tra il Governo della Colombia e l’ELN, il capo della guerriglia, Antonio García, chiarisce a HispanTV la sua visione e le priorità.

Il Governo della Colombia e la guerriglia dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) hanno concordato di discutere un cessate il fuoco bilaterale durante un secondo ciclo di negoziati che sarà avviato il 13 febbraio in Messico, hanno annunciato le parti questo sabato a Caracas, capitale del Venezuela.

Il passato 31 dicembre il presidente colombiano, Gustavo Petro, ha annunciato un accordo di cessate il fuoco bilaterale fino al 30 giugno 2023 con l’ELN, due gruppi dissidenti delle FARC, la banda narcotrafficante Clan del Golfo, e le Autodifese della Sierra Nevada, un gruppo di origine paramilitare.

Nonostante ciò, pochi giorni più tardi, i rappresentanti dell’ELN hanno negato di aver pattuito una tregua, fatto che ha generato una crisi nei dialoghi.

L’ELN, che è presente nel 20% dei municipi della Colombia, oltre che nelle regioni di frontiera con il Venezuela e l’Ecuador, ha patteggiato solo una volta un cessate il fuoco bilaterale, nel 2017.

In un’intervista esclusiva concessa a HispanTV, Antonio García, massimo capo dell’ELN, ha offerto informazioni sui limiti, le priorità e le proposte del gruppo nei dialoghi con il Governo di Petro, così come la sua opinione sul fatto se è possibile raggiungere un cessate il fuoco. Di seguito il testo completo dell’intervista:

Qual è la priorità dell’ELN nelle conversazioni?

Il Governo e l’ELN hanno un’Agenda che si sta perfezionando. La priorità è che questa Agenda di conversazioni sia rispettata. L’obiettivo di questo processo è costruire la pace con trasformazioni che accolgano le richieste lungamente rinviate e disattese da tutti i Governi, per fare della Colombia un paese più giusto, democratico e includente.

Quanto può cedere l’ELN di fronte alle richieste governative? Come dire, qual è il limite?

L’ELN va a queste conversazioni con l’attuale Governo come a tutti gli altri tentativi che ci sono stati, a lavorare su quanto pattuito. I limiti, le cosiddette linee rosse, o meglio le imposizioni dei precedenti governi hanno impedito di progredire nella creazione collettiva di condizioni per un Colombia democratica, in pace e con giustizia sociale. Pensiamo che la pace si costruisca sulla base di accordi, non con imposizioni. Un accordo è un luogo comune per le due parti, ma non si tratta di un negoziato che favorisca una o le due parti, ma il paese, tutti i colombiani. Bisogna costruire una visione comune di pace.

Proposte da parte dell’ELN per blindare il processo di pace, possibili accordi e che non avvenga quello del patto del 2016.

Per l’ELN il blindaggio, come dici tu, è la partecipazione della Società, come dire che l’insieme di noi colombiani organizzati in differenti forme e modalità faccia di questo processo democratico una volontà nazionale, affinché quanto concordato sia rispettato. Si tratta del fatto che tutti noi colombiani ci interessiamo del paese e lottiamo per trasformarlo.

Ampliamento dei garanti e accompagnatori internazionali, dà maggiore legittimità e blindatura al processo di pace?

La partecipazione della comunità internazionale e delle Nazioni legittima e aiuta a che gli accordi si possano realizzare, ma non sempre funziona, come avvenne con Duque, che ha preso in giro tutti. La presenza dei Garanti e degli Accompagnatori al Tavolo e nei differenti scenari dove ci saranno azioni per dar vita a questo processo democratizzatore permette un margine maggiore di sicurezza e di responsabilità nell’adempimento degli impegni. Per ora rimangono i paese già concordati, è necessario accontentarsi, bisogna essere pratici.

C’è tutta una storia di gruppi dissidenti, da parte dell’ELN ci si è proposti di evitare questa possibilità o come affrontarla se si giungesse ad accertarsene?

L’ELN ha una storia di 60 anni, in un mondo che cambia, con trasformazioni storiche. In questo tempo si sono presentati momenti di ampio dibattito e maturazione delle politiche dell’Organizzazione. Tra questi spazi democratici di decisione dell’ELN, il principale è il Congresso, ne abbiamo realizzati sei dal 1986. In questi Congressi definiamo o ridefiniamo la strategia, la tattica, scegliamo i Comandanti, e si progettano le politiche, dopo dibattiti che vincolano tutta l’Organizzazione nel suo insieme. Lì si risolvono le differenze che ci possono essere nell’Organizzazione, e tutti dobbiamo rispettare e osservare dette decisioni. Nel 1991 si presentò la separazione della Corrente di Rinnovamento Socialista, volevano negoziare l’unità dell’Organizzazione con cambiamenti politici, agirono al di fuori delle istanze democratiche e realizzarono inaccettabili cospirazioni interne, alla fine si discusse politicamente e ci fu la separazione, ma successivamente smobilitarono. Nella seconda metà dei 90 avvennero due separazioni, i Guevaristi e l’ERP, ambedue espressioni regionali, che essendo in realtà espressioni familiari vollero presentarsi come politiche, ambedue scomparvero dallo scenario politico. La politica nell’ELN si costruisce dialogando al suo interno e la democrazia interna permette la differenza, come elemento necessario di arricchimento. Al Tavolo c’è l’ELN nel suo insieme. Ogni singola struttura. Esistono definizioni politiche che danno tranquillità a tutte le strutture e ai Comandi.

La JEP (Giurisdizione Speciale per la Pace) mette in allerta sul fatto che i fronti Camilo Torres, Che Guevara, José Antonio Galán, Manuel Hernández El Boche, Cimarrón e Domingo Laín, che operano in Arauca, Antioquia, Chocó, Cesar, Magdalena, Norte de Santander e Valle del Cauca potrebbero boicottare i dialoghi e li descrive come un ramo pericoloso dell’ELN. Qual è la relazione con questi fronti? Effettivamente presupponete un rischio per il processo?

Ribadisco la risposta della precedente domanda. La politica nell’ELN si costruisce dialogando al suo interno e la democrazia interna permette la differenza come elemento necessario di arricchimento. Al Tavolo c’è l’ELN nel suo insieme, ogni singola struttura. Abbiamo unità di comando. Il cessate il fuoco di Natale e del passato Anno Nuovo, tutta l’Organizzazione, senza eccezione, lo ha rispettato precisamente. Tutte le strutture che menziona sono disciplinate e non hanno nulla a che fare con possibili dissensi.

L’ELN non cerca seggi nel congresso, perché? Non c’è fiducia?

Stare o no nel Parlamento non è ciò che garantisce che il paese cambi per il bene dei colombiani. Nemmeno le smobilitazioni hanno prodotto le trasformazioni sperate. La cosa fondamentale in un processo di cambiamento potrebbe esserci se la società con le sue espressioni organizzate, soprattutto il movimento sociale, partecipa direttamente alle decisioni per un futuro di cambiamenti. Coloro che partecipano nel Parlamento sono persone che hanno come professione la politica, bisogna cercare di rendere degna la politica, che siano le masse lavoratrici, quelle che creano la ricchezza e si prendono cura del territorio, che prendano le decisioni. Bisogna portare la politica nelle strade, le comunità, giacché non entra nello stretto ambito del Parlamento.

A che condizioni si può contemplare un cessate il fuoco bilaterale? Che chiede l’ELN?

I cessate il fuoco bilaterali sono accordi tra due parti contendenti per smettere di effettuare azioni offensive, per un certo tempo determinato e in un territorio. L’ELN non chiede, dato che si realizza un negoziato, non siamo un sindacato, ma un’organizzazione in armi e al di fuori della legalità, pertanto siamo una parte che sta contrattando. È un tema da discutere con il Governo al Tavolo di Dialogo, non è un tema da discutere pubblicamente. Ora arriverà il momento, si analizzerà, si discuterà con il Governo al Tavolo, e se è possibile si firmerà un accordo con la rigorosità e le formalità che questi eventi richiedono.

Ci sono realmente le condizioni per un eventuale accordo di pace, con un uribismo che continua ad aizzare la violenza in Colombia e con una storia di dialoghi falliti?

Bisognerà sempre tentarlo, perfino lo stesso Uribe ha dialogato con l’ELN e dopo si è ritirato. Anche le espressioni politiche che fanno parte delle istituzioni parteciperanno al dialogo nazionale che è stato proposto come modo di costruire consensi che rendano possibile un accordo di pace. Comprendiamo che “l’uribismo” e il “santismo” stianno negoziando con il governo di Petro, speriamo che confluiscano anche in una proposta di costruzione di pace.

Si presuppone che il governo di Petro sia uno scenario differente, ma gli artefici della violenza (élite) continuano a proteggere gruppi armati illegali, non pensa che questo sia un potenziale rischio per il processo di pace, anche quando sia stata stretta la mano per negoziare con il paramilitarismo?

Anche nel governo di Petro i paramilitari e il terrorismo di stato continuano, in quanto sono il frutto di decisioni politiche che hanno lo scopo di mantenere il regime di cose esistente. Loro sono i nemici di un processo di pace che porterà giustizia e democrazia. É una sfida, ma la partecipazione della società in modo ampio può rompere gli steccati e generare circostanze diverse. Non si può continuare a credere che i cambiamenti saranno fatti nel vecchio modo di fare politica: partiti clientelari e distanti dalla vita reale delle genti e delle loro comunità.

¿L’ELN come accoglie i possibili dialoghi con una parte delle dissidenze delle FARC?

È un tema della sfera governativa. Loro decidono se negoziare con bande, con narcotrafficanti, con nuovi paramilitari. E con questo desiderio devono anche sapere fin dove è possibile costruire un’opzione di pace. Non c’è chiarezza su ciò che si vuole; l’ELN realizzerà accordi solo con il Governo. Per il nostro caso siamo un’Organizzazione di natura sociale e politica sollevata in armi contro lo stato, quello degli altri gruppi è un’altra cosa.

Quanto il precedente processo di pace è stato danneggiato dalle dissidenze?

Sebbene, questo tema non sia nostro, non possiamo dire che abbia danneggiato quel processo di pace, di per sé sono il risultato di un fallimento. Siamo sempre stati critici sull’andamento, le condizioni e le caratteristiche del processo di negoziazione. É stato un tema interno alle Ex-FARC; ma tutti ci sono stati fino alla Decima Conferenza. Non è chiaro quali siano stati i risultati positivi per il paese, continuano gli omicidi dei e delle dirigenti sociali, la persecuzione politica, l’esclusione; il debito sociale e i documenti negoziati con le organizzazioni sociali continuano a non essere adempiuti. Non sappiamo se queste espressioni  Post-FARC abbiano realizzato riformulazioni delle precedenti politiche o di quelle che li hanno portati alla smobilitazione, come nemmeno di una loro ricostruzione interna, si vedono solo le incognite dei loro comportamenti.

Che mancò al negoziato nel 2016 e come non ripetere lo scenario?

A questo devono rispondere coloro che parteciparono a detto processo e si ritirarono da quello, noi non abbiamo nulla a che vedere con quello e non entriamo in quegli schemi e visioni. La pace non è sinonimo di abbandono delle armi né di quote in Parlamento.

Che danno ha fatto alla Colombia più di mezzo secolo di guerra, secondo il punto di vista dell’ELN?

Il danno non è di mezzo secolo ma di duecento anni di governi oligarchici, loro stessi hanno fatto guerre per suddividersi regioni e ricchezze, sempre mettendo come carne da cannone la popolazione più povera. Per questo è sorta la guerriglia armata come un’espressione di resistenza popolare e di ricerca di cambiamenti che detti governi oligarchici non hanno propiziato per il bene delle maggioranze.

L’ex guerriglia delle FARC ha riconosciuto i crimini commessi e ha chiesto scusa. Ci può essere una simile posizione da parte dell’ELN?

Dentro la stessa cultura dell’ELN, c’è di assumersi la responsabilità dei nostri atti. E rispondere delle nostre azioni. Ora in un processo di soluzione politica, è un tema dell’insieme della società, intendiamo, come recita il punto 4 dell’Accordo dei Dialoghi, che “il riconoscimento alle vittime e ai loro diritti, in base alla verità, alla giustizia, alla riparazione, agli impegni di non ripetizione e al non oblio. L’insieme di questi elementi sono alla base del perdono e progettano il processo di riconciliazione”. È un tema a cui devono partecipare tutte le vittime, non solo quelle che il Governo vuole rendere visibile.

L’ELN è d’accordo e, dopo un eventuale patto, si sottoporrebbe alla giustizia transizionale, con le intenzioni di riparazione e non ripetizione del conflitto?

L’ELN è un’organizzazione sollevata in armi, la giuridicità del regime non ci protegge a nessun livello. La Giustizia transizionale è frutto di un accordo a cui l’ELN non ha partecipato.

Il narcotraffico, l’origine della guerra? Dov’è la soluzione?

L’origine della guerra non è il narcotraffico. Quando nascono le guerriglie in Colombia, all’inizio del decennio del 60 del secolo passato, non esisteva questo fenomeno. C’era ingiustizia, esclusione, sfruttamento e massacri. Già c’era terrorismo di stato; vere ragioni della sollevazione armata rivoluzionaria. Sul narcotraffico abbiamo avuto una posizione di puntualizzazione con questo fenomeno capitalista e un atteggiamento da più di 40 anni. Abbiamo mantenuto una proposta alla Colombia e alla Comunità internazionale. Se il narcotraffico non si risolve a livello internazionale non può essere attaccato a livello di nessun paese. Si può consultare la proposta presentata nel novembre del 2020.

Due anni fa l’ELN chiedeva una commissione d’indagine per verificare, secondo una delegazione della guerriglia, la mancanza di suoi legami con il narcotraffico. Ora può essere un’opzione nei dialoghi con il governo per dare maggiore chiarezza al processo?

Hanno voluto legare l’ELN al narcotraffico e non hanno potuto perché non ci sono legami. Hanno cercato di montare menzogne e non hanno potuto, nella loro campagna di delegittimazione, al punto anche di estradare negli USA alcune persone che non hanno relazioni con l’ELN. Da lì proviene la proposta della Commissione, affinché sul terreno sia comprovato che quanto diciamo è la verità. Questo continua a stare in piedi.

Che costo presuppone conseguire la pace in Colombia? Costo umano, costo storico, costo diplomático.

La pace è un diritto dell’umanità e del popolo colombiano. Sarà sempre un costo minore allo stato di guerra in cui i potenti hanno mantenuto la Colombia. Piuttosto bisogna pensare al costo di non raggiungere una pace con giustizia sociale. Il costo umano della repressione di decenni si conta con centinaia di migliaia di morti e milioni di vittime, migliaia di prigionieri politici, l’imposizione di un modello economico estraneo alle tradizioni e alle necessità della Colombia che tiene nell’iniquità e nella povertà il nostro popolo come mai era avvenuto e il costo di dipendere da una potenza straniera che veglia solo sui propri interessi e intende le nostre terre come un’area di saccheggio e spoliazione e che ha portato all’isolamento e all’inimicizia con i paesi vicini. La pace con giustizia sociale, in una paese come la Colombia, è un anelito che porterebbe alla nostra nazione solo benessere e la possibilità di autodeterminazione e sovranità.

Foto in alto: Antonio García, massimo capo della guerriglia colombiana Esercito di Liberazione Nazionale (ELN).

23 gennaio 2023

HispanTV

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
En exclusiva: Jefe de ELN explica a HispanTV cómo ve la paz con Petropubblicato il 23-01-2023 in HispanTVsu [https://www.hispantv.com/noticias/colombia/559459/eln-dialogo-petro-acuerdo-paz] ultimo accesso 27-01-2023.

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