Vincenzo Bisbiglia e Luigi Franco
La trattativa da 5 mld: la mediazione dell’ex premier.
“La parte italiana è quasi pronta, abbiamo preparato le offerte e abbiamo ottenuto la copertura assicurativa per il piano finanziario”. Così parlava Massimo D’Alema a inizio febbraio per garantire al suo interlocutore colombiano che l’opportunità di “business” era reale e concreta. Il business (come anticipato da Sassate.it) era la vendita al governo di Bogotà di quattro corvette e due sommergibili prodotte da Fincantieri e di alcuni aerei M346 di Leonardo, entrambe partecipate dal governo italiano. E così D’Alema ora sembra darsi all’intermediazione di armamenti. Ma l’affare, tentato attraverso due broker italiani e uno studio legale di Miami, a un certo punto salta. “In realtà è ancora in piedi”, dice al Fatto il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulè.
L’affare dunque sembra entrare nel vivo a febbraio scorso, quando avviene una call alla quale partecipa D’Alema, il contatto colombiano dei due broker e un’interprete. L’audio di quell’incontro virtuale è stato anticipato ieri da La Verità. Il Fatto ha recuperato l’integrale. Qui si sente D’Alema che risponde piccato ai broker che lamentano una mancata provvigione: “Io non ho ricevuto nessun euro”. E poi aggiunge: “Stiamo lavorando perché siamo stupidi? Perché siamo convinti che alla fine riceveremo tutti noi 80 milioni di euro (…) L’obiettivo non è quello di avere 10mila euro per pagare un viaggio adesso, ma alla fine di avere un premio di 80 milioni di euro, questa è la posta in gioco (…) Non appena noi avremo questi contratti, divideremo tutto, questo non è un problema (…) Il contratto tra le società italiane e il governo colombiano, quello è il premio importante, non il rimborso spese”.
La trattativa, nelle intenzioni del lider Maximo, doveva essere segreta. D’Alema lo dice al colombiano spiegando il ruolo dell’avvocato Umberto Bonavita dello studio Robert Allen Law di Miami: “È molto importante che la parte colombiana sia rappresentata da uno studio legale. Per due ragioni: innanzitutto il contratto tra Robert Allen e la parte colombiana sarà sottoposto al controllo delle autorità degli Stati Uniti. La legge americana protegge l’attività legale, il rapporto tra il legale e il suo cliente con il segreto. Se invece è un contratto commerciale, non c’è segreto (…) È molto importante che questo contratto sia fatto con un soggetto colombiano che sia trasparente e accettabile per le autorità degli Stati Uniti”. Nella conversazione D’Alema non nasconde di avere una certa fretta. Perché – spiega – potrebbero cambiare i vertici delle società italiane, ossia Leonardo e Fincantieri, e perché a maggio in Colombia ci saranno le elezioni presidenziali: “Se vogliamo essere sicuri del risultato, bisogna concludere prima di queste date”. Le trattative portano a un memorandum of understanding tra due militari colombiani e Fincantieri, firmato a Bogotà a fine gennaio dal direttore generale Navi Militari Giuseppe Giordo e il direttore commerciale Achille Furfaro. Per Leonardo si svolge a Bogotà una riunione con Carlo Bassani. D’Alema inoltra ai due broker un’email ricevuta dagli uffici con allegato materiale informativo su una torre di controllo remota e dei radar. Alla domanda se Leonardo abbia in essere contratti con D’Alema o lo studio Robert Allen Law, da Leonardo rispondono con un “no comment”. Da Fincantieri fanno sapere che “nelle trattative commerciali internazionali abbiamo interlocuzioni solo con le istituzioni preposte”.
Il Fatto ha contattato D’Alema, che oggi svolge “una normale attività di consulenza con una società e in collaborazione con Ernst&Young”: “Sono venuti da me due consiglieri del ministero degli Esteri della Colombia – racconta – e mi hanno chiesto di essere messi in contatto con le società offrendosi di fare un lavoro di promozione”. Questa volta però la sua attività non è per conto di Leonardo né di Fincantieri, anche se con quest’ultima dice di aver “lavorato in passato”. Per quanto riguarda i colombiani D’Alema dice: “Insistevano perché volevano dei riconoscimenti, dei soldi, e gli ho spiegato che le società quotate fanno dei contratti”. L’affare ammontava “a 5 miliardi”, dunque la provvigione da 80 milioni “è normale” ma, specifica D’Alema, “io non ho fatto alcuna mediazione”. Però ha suggerito di mettere sotto contratto lo studio Allen: “Ho detto a queste persone che la via doveva essere una via professionale, le società italiane non fanno contratto così, a singoli (…) Ho suggerito di rivolgersi a una società di questo tipo”.
Il negoziato con i colombiani l’ha seguito per conto del governo italiano Giorgio Mulè, il quale spiega che dell’accordo tra Stati si parlava già da fine 2021. Per D’Alema non è così: “Mulè non ha potuto vedermi – dice l’ex premier – così ho incontrato una persona che è andata da lui e gli ha raccontato tutto (…) Ma non c’era neanche una trattativa di governo… c’erano stati dei contatti di questo tipo”. Diversa la versione di Mulè: “L’ambasciatrice colombiana mi ha chiamato a metà febbraio e mi ha detto che era andato da lei D’Alema, che si era presentato come rappresentante di Leonardo. Per me l’interessamento di D’Alema è irrituale, anche perché è stata proprio Leonardo, a fine 2021, ad avvisare la Difesa chiedendo il supporto alla sua attività in Colombia”. “In ogni modo – conclude Mulè – ho chiamato il direttore generale di Leonardo per chiedere chiarimenti su questa storia di D’Alema: sto ancora aspettando la risposta”.
2 marzo 2022
il Fatto Quotidiano
Vincenzo Bisbiglia e Luigi Franco, “Armi in Colombia, D’Alema assicurava: L’Italia è pronta” pubblicato il 02-03-2022 in il Fatto Quotidiano, su [https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/02/armi-in-colombia-dalema-assicurava-litalia-e-pronta/6512472/] ultimo accesso 04-03-2022. |