Nell’aprile del 2018, in modo inatteso, giovani studenti universitari manifestarono intensamente chiedendo al governo di Daniel Ortega misure contro la tragedia ambientale dell’incendio della Riserva Indio Maíz, nella Costa Caraibica. Queste proteste furono la scintilla che accese la ribellione contro il regime di Ortega in Nicaragua.
Alcuni giorni dopo, il governo promosse unilateralmente una riforma della previdenza sociale, aumentando la quota relativa ai lavoratori e riducendo la pensione dei pensionati. Gli anziani si mobilitarono e furono percossi dai gruppi di scontro gestiti dalla coppia presidenziale (GIEI, 2018; Infobae, 2018). Le immagini della repressione provocarono una grande indignazione e aumentarono le proteste. La risposta della dittatura fu di aumentare la repressione e di far uso dei proiettili. Il 19 aprile uccisero i primi ragazzi. Il 20 aprile il paese si sollevò e gli studenti occuparono le università. Quel giorno furono assassinati 25 giovani e abitanti. Il giorno 21 furono riportati 15 morti; il 22 aprile furono 11 i morti riportati. Tutti loro furono uccisi con spari di franco tiratori diretti al petto e alla testa (Confidencial, 2018a).
La risposta popolare di fronte ad un massacro che aumentava furono continue giornate di affollate manifestazioni, e l’erezione di barricate e blocchi in diversi punti della geografia nazionale. Bloccare il paese era un segnale di protesta, ma anche una misura di sicurezza: le barricate evitavano che i paramilitari entrassero di notte nei quartieri. In questo contesto, il governo cercò di soffocare la ribellione abrogando il decreto di riforma della previdenza sociale. Nonostante ciò, la ribellione continuò poiché davanti a tanti morti e ingiustizia la richiesta della popolazione era: Che se ne vadano! Democrazia, Giustizia e Libertà!
Durante tutto il mese di maggio del 2018 il paese rimase paralizzato, il potere di Ortega si dissolse e in ogni luogo del territorio comandavano i ragazzi, gli abitanti e i contadini dei blocchi. Questa ribellione senza capi né cape, senza partiti, senza guide visibili, obbligò il governo ad iniziare un processo di dialogo, con l’intermediazione della Chiesa Cattolica.
Il Dialogo Nazionale fu sospeso alcune settimane dopo che era iniziato, ma questo tempo permise al regime di organizzare una brutale risposta repressiva, conosciuta come “Operazione Pulizia”, che lasciò alla fine di luglio più di 500 morti, secondo l’Associazione Nicaraguense Pro-Diritti Umani (ANPDH) (EFE, 2018). Da parte sua, la CIDH documentò almeno 328 morti inclusi 24 bambine, bambini e adolescenti, 800 prigionieri politici e più di centomila esiliati (GIEI, 2018). Nel frattempo, il governo argomentò che la ribellione era un tentativo di Colpo di Stato orchestrato dalla CIA.
Lo schiacciamento della sollevazione popolare fu seguito dalla sospensione delle garanzie cittadine per via di fatto. Da ottobre 2018 fu proibito ogni tipo di manifestazioni o atti di protesta, e fino ad oggi si è insediato senza alcuna maschera uno stato di polizia che persegue la più minima espressione di dissenso e di opposizione, incluso portare pubblicamente la bandiera nazionale.
Nel marzo del 2019 si installò un nuovo dialogo ma il governo non ha rispettato nessuno degli accordi raggiunti. Circa 120 prigionieri e prigioniere di coscienza sono stati ingiustamente processati; la maggioranza degli esiliati non è ritornata nel paese e non c’è nessun processo per indagare e castigare i crimini di lesa umanità commessi. Allo stesso modo, i beni delle ONG e i mezzi di comunicazione indipendenti chiusi illegalmente continuano ad essere nelle mani della dittatura.
A pochi mesi dalle elezioni generali di novembre, non è stata realizzata nessuna delle riforme della Legge Elettorale proposte in modo consensuale dall’opposizione per garantire elezioni pulite e competitive. Tutti i poteri dello stato continuano ad essere controllati completamente da Ortega e dalla Murillo, incluso il potere elettorale per cui non è possibile inscrivere nuovi partiti né candidature indipendenti. Di conseguenza, il controllo delle caselle si è trasformato nel meccanismo di alcuni partiti per decretare le esclusioni, principalmente delle forze che provengono dal sandinismo non orteghista e dalle organizzazioni sociali che difendono i diritti delle donne, della diversità sessuale, ambientalisti e tutto quello che viene catalogato come bandiere della sinistra.
In questo modo, fino ad oggi non si è raggiunta una unità nazionale senza esclusioni che protegga tutto lo spettro politico e ideologico, con un solo proposito: mettere fine alla repressione, mettere fine alla dittatura e ristabilire la democrazia.
Il grande capitale, insieme a settori tradizionali di destra, con il sostegno di settori del Congresso e del Governo degli Stati Uniti e di altri attori internazionali, fanno pressione per puntare tutto sulle elezioni di novembre, anche se il risultato è la rielezione fraudolenta di Ortega. Con questo si cerca un “atterraggio soave” per riaprire con la dittatura un capitolo di dialogo e intesa più pragmatici.
Nel frattempo, le organizzazioni sociali, indebolite da molti anni di persecuzioni e ricatti, continuano a sostenere i diritti conculcati e trasformazioni più profonde, in un’agenda di Dignità. Da parte loro, le madri e i familiari degli assassinati dalla dittatura tengono in alto lo stendardo della memoria e della giustizia.
Nelle attuali condizioni l’unità nella diversità è indispensabile in Nicaragua per obbligare il regime dittatoriale a realizzare elezioni libere e aprire i viali ad una vera transizione democratica, con piene libertà e senza prigionieri politici. Senza elezioni pulite e credibili rimarrà solo il cammino di altre sollevazioni, con i settori popolari come protagonisti e alzando le bandiere dell’aprile del 2018.
Bibliografía
Confidencial. 2018a, 1 de junio. “¡Disparaban con precisión: a matar!”.
EFE 24 de septiembre 2018 “La ONG ANPDH eleva a 512 el número de muertos por la crisis en Nicaragua”
GIEI Grupo Interdisciplinario de Expertos Independientes. 2018. “Informe sobre los hechos de violencia ocurridos entre el 18 de abril y el 30 de mayo en Nicaragua” 463. www.gieinicaragua.org.
Infobae. 2018, 19 de abril. “Represión en Nicaragua: grupos de choque del gobierno de Daniel Ortega golpearon a manifestantes y periodistas en una protesta contra la baja de las jubilaciones”
*Comandante guerrigliera della Rivoluzione Popolare Sandinista del 1979. Ricercatrice sociale e storica. Partecipante alle lotte contro il potere oppressore, il patriarcato e il capitale.
20 aprile 2021
Desinformémonos
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Mónica Baltodano, “La rebelión de abril, tres años después” pubblicato il 20-04-2021 in Desinformémonos, su [https://desinformemonos.org/la-rebelion-de-abril-tres-anos-despues/] ultimo accesso 26-04-2021. |