La pandemia e il sistema-mondo (I parte)


Ignacio Ramonet

Sette pubblicazioni hanno deciso di associarsi in questa occasione speciale per pubblicare collettivamente e contemporaneamente questo testo di Ignacio Ramonet.

Questi mezzi sono: NODAL, Le Monde diplomatique en español (Spagna), Le Monde diplomatique Edición Cono Sur El Diplo (Buenos Aires), Le Monde diplomatique Edición Chilena (Santiago de Cile), La Jornada (Messico), Cubadebate (Cuba), Mémoire des luttes (Francia).

A Tony Martínez

Un fatto sociale totale

Tutto sta andando molto veloce. Nessuna pandemia è mai stata così fulminante e di tale portata. Sorto appena cento giorni fa in una lontana città sconosciuta, un virus ha già attraversato tutto il pianeta, costringendo miliardi di persone a chiudersi in casa. Qualcosa solo immaginabile nelle fantasie post-apocalittiche…

A questo punto, nessuno ignora più che la pandemia non è solo una crisi sanitaria. È quello che le scienze sociali qualificano «fatto sociale totale», nel senso che sconvolge l’insieme delle relazioni sociali, e sconvolge l’insieme degli attori, delle istituzioni e dei valori.

L’umanità sta vivendo, con paura, sofferenza e perplessità, un’esperienza inaugurale. Verificando concretamente che quella teoria del « fine della storia » è una fallacia… Scoprendo che la storia, in realtà, è imprevedibile. Ci troviamo in una situazione enigmatica. Senza precedenti [1]. Nessuno sa interpretare e chiarire questo strano momento di tanta opacità, quando le nostre società continuano a tremare sulle loro stesse basi come scosse da un cataclisma cosmico. E non ci sono segnali che ci aiutino a orientarci… Un mondo crolla. Quando tutto sarà finito, la vita non sarà più la stessa.

Solo poche settimane fa, decine di proteste popolari si erano diffuse su scala planetaria, da Hong Kong a Santiago del Cile, passando per Teheran, Bagdad, Beirut, Algeri, Parigi, Barcellona e Bogotà. Il nuovo Coronavirus le ha spente una ad una man mano che si diffondeva, veloce e furioso, per il mondo… Alle scene di masse festeggianti che occupano strade e piazze, succedono le insolite immagini di viali vuoti, muti, spettrali. Emblemi silenziosi che segneranno per sempre il ricordo di questo strano momento.

Stiamo soffrendo nella nostra stessa esistenza il famoso “effetto farfalla”: qualcuno, dall’altra parte del pianeta, si mangia uno strano animale e tre mesi dopo mezza umanità si trova in quarantena… Prova che il mondo è un sistema in cui ogni elemento che lo compone, per quanto insignificante, interagisce con gli altri e finisce per influenzare il tutto.

Angosciati, i cittadini rivolgono gli occhi alla scienza e agli scienziati, come in passato alla religione, implorando la scoperta di un vaccino salvavita il cui processo richiederà lunghi mesi. Perché il sistema immunitario umano ha bisogno di tempo per produrre anticorpi, e alcuni effetti collaterali pericolosi possono richiedere tempo per manifestarsi…

La gente cerca rifugio e protezione anche nello Stato che, dopo la pandemia, potrebbe tornare con forza a scapito del Mercato. In generale, la paura collettiva quanto è più traumatica, tanto più ravviva il desiderio di Stato, di Autorità, di Orientamento. Per contro, le organizzazioni internazionali e multilaterali di ogni tipo (ONU, Croce Rossa Internazionale, G7, G20, FMI, NATO, Banca Mondiale, OSA, OMC, ecc.) non sono state all’altezza della tragedia, per il loro silenzio o per la loro incongruenza. Il pianeta scopre, stupito, che non c’è nessun comandante a bordo… Screditata per la sua complicità strutturale con le multinazionali farmaceutiche [2], la stessa Organizzazione mondiale della sanità (OMS) non ha avuto l’autorità sufficiente per assumere, come le spettava, la guida della lotta globale contro il nuovo flagello.

Nel frattempo, i governi assistono impotenti all’irrefrenabile diffusione in tutti i continenti [3] di questa nuova peste. Contro la quale non esistono vaccini, né medicinale, né cura, né trattamento che rimuova il virus dall’organismo [4]… E questo durerà [5]… Finché il germe sarà presente in qualche paese, le reinfezioni saranno inevitabili e cicliche. Molto probabilmente che questa epidemia non si fermerà prima che il microbo abbia contagiato circa il 60% dell’umanità.

Quello che sembrava distopico, (sgradevole, anti-utopistico) e proprio delle dittature della fantascienza, è diventato ‘normale’. La gente viene multata per essere uscita di casa a sgranchirsi le gambe o per aver portato a spasso il cane. Accettiamo che il nostro cellulare ci controlli e ci denunci alle autorità. E si sta proponendo che chi esce senza telefono venga punito e castigato con la prigione.

Il lungo autismo neoliberale è ampiamente criticato, in particolare a causa delle sue devastanti e oltranzistiche politiche di privatizzazione dei sistemi sanitari pubblici rivelatesi criminali e assurde. Come ha detto Yuval Noah Harari: «I governi che negli ultimi anni hanno risparmiato sui servizi sanitari, ora spenderanno molto di più a causa dell’epidemia [6]». Le grida di agonia delle migliaia di malati morti per la mancanza di posti letto nelle Unità di Terapia Intensiva (UTI) condannano di gran lungo i fanatici delle privatizzazioni, dei tagli e delle politiche di austerità.

Si parla ora apertamente di nazionalizzare, di delocalizzare, di reindustrializzare, di sovranità farmaceutica e sanitaria. Si torna a usare una parola che i neoliberisti hanno stigmatizzato, messo all’angolo e bandito: solidarietà. L’economia mondiale è paralizzata dalla prima quarantena globale della storia. Nel mondo intero ci sono crisi, allo stesso tempo, sia della domanda che dell’offerta. Circa centosettanta paesi (dei centonovantacinque esistenti) nel 2020 avranno una crescita negativa. Una tragedia economica peggiore della Grande Recessione del 1929. Milioni di imprenditori e di lavoratori si chiedono se moriranno a causa del virus, dei fallimenti o della disoccupazione.

David Beasley, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale (PAM), ha messo in guardia sulla situazione catastrofica che si profila: «Siamo sull’orlo di una ‘pandemia per malnutrizione’. Il numero di persone che soffrono di fame acuta potrebbe raddoppiare entro la fine dell’anno, superando i 250 milioni di persone… [7]» Nessuno sa chi si occuperà del settore agricolo, se si perderanno i raccolti, se non ci sarà cibo, se torneremo al razionamento … L’apocalisse sta bussando alla nostra porta.

L’unica luce di speranza è che, con il pianeta in stato di pausa, l’ambiente ha avuto un respiro. L’aria è più trasparente, la vegetazione più espansiva, la vita animale più libera. L’inquinamento atmosferico che ogni anno uccide milioni di persone è regredito. Improvvisamente, lavata dallo sporco dell’inquinamento, la natura è tornata ad essere bellissima… Come se l’ultimatum alla Terra che ci lancia il Coronavirus fosse anche un disperato allarme finale sul nostro cammino suicida verso il cambiamento climatico : «Occhio! Prossima fermata: crollo».

Nella scena geopolitica, la spettacolare irruzione di un attore sconosciuto, il nuovo Coronavirus, ha completamente mandato all’aria la scacchiera del sistema-mondo. Su tutti i fronti di guerra: Libia, Siria, Yemen, Afghanistan, Sahel, Gaza, ecc., i combattimenti sono stati sospesi… La peste ha imposto de facto, con più autorità dello stesso Consiglio di Sicurezza, un’effettiva Pax Coronavírica…

Nella politica internazionale, la spaventosa gestione di questa crisi da parte del presidente Donald Trump sferra un duro colpo alla leadership mondiale degli Stati Uniti che non hanno saputo aiutare se stessi né gli altri. La Cina invece, dopo un inizio erratico nella lotta contro la nuova piaga, è riuscita a riprendersi, a inviare aiuti a un centinaio di paesi, e sembra aver superato il più grande trauma subito dall’umanità in tanti secoli. In questo momento il futuro del nuovo ordine mondiale potrebbe essere in gioco…

Tuttavia, la scioccante realtà è che le potenze più poderose e le tecnologie più sofisticate si sono rivelate incapaci di frenare l’espansione mondiale della covid-19 [8], malattia causata dal SARS-Cov-2 [9], il nuovo grande assassino planetario.

Il Coronavirus

Il numero delle vittime è in costante aumento… Al momento della redazione di questo articolo, il numero delle vittime supera i centocinquantamila… Quello dei contaminati supera i due milioni e mezzo… E i confinati nelle proprie abitazioni sono più di quattro miliardi… Anche quest’ultimo evento non era mai accaduto… Le parole ‘confinamento’ e ‘quarantena’  che sembravano appartenere a tempi dimenticati e al lessico medievale sono diventate parole comuni. Quelli che in fin dei conti meglio illustrano la nostra attuale “anormale normalità”.

Ci sono polemiche, al più alto livello [10], sull’origine di questo virus comparso a Wuhan (Hubei, Cina). Poiché il ‘paziente zero’ [11], ovvero il primo contagio da animale a umano, non è ancora stato identificato, e circolano diverse speculazioni.  Da un lato, le autorità di Pechino hanno accusato l’esercito americano di aver prodotto il germe in un laboratorio militare di Fort Detrick (Frederick, Maryland) come arma batteriologica per frenare l’ascesa cinese nel mondo, e di averlo disperso in Cina in occasione dei Giochi Militari Mondiali, una gara disputata nell’ottobre 2019, precisamente… a Wuhan [12]. Invece, negli Stati Uniti, lo stesso presidente Trump ha ripetutamente accusato Pechino [13], dopo che l’influente senatore repubblicano dell’Arkansas, Tom Cotton, presentato a volte come il prossimo direttore della Central Intelligence Agency (CIA), ha accusato gli scienziati militari cinesi [14] di aver prodotto il nuovo germe in un laboratorio «di virologia e di biosicurezza» anch’esso situato…a Wuhan [15].

Ampiamente diffuse dagli adepti cospiratori delle ‘teorie del complotto’ di entrambe le parti, queste versioni contraddittorie (ce ne sono altre [16]) hanno circolato molto sui social network [17]. Non hanno un solido fondamento. Studi scientifici affidabili escludono che il nuovo Coronavirus sia un’arma biologica progettata e rilasciata intenzionalmente o accidentalmente [18]: «Le nostre analisi dimostrano chiaramente che la SARS-Cov-2 non è una costruzione di laboratorio o un virus deliberatamente manipolato [19]». ha affermato Il professore dell’Università di Sydney (Australia) Edward C. Holmes, il migliore esperto mondiale del nuovo patogeno.

Ignoriamo ancora molte cose di questo agente infettivo: non sappiamo, per esempio, se è già mutato o se sta per mutare… Né perché infetti gli uomini più delle donne. Né quali siano gli elementi determinanti che fanno sì che due persone con caratteristiche simili, giovani, sane, senza patologie associate, sviluppino forme opposte della malattia; lieve una, grave o mortale l’altra. Né perché i bambini raramente hanno forme gravi di infezione. Tantomeno se i malati guariti continuino a trasmettere il virus, né se vengono effettivamente immunizzati…

Ma tra i ricercatori internazionali [20] c’è un ampio consenso nel riconoscere che questo nuovo germe è apparso allo stesso modo di altri conosciuti precedenti: saltando da un animale all’essere umano… I pipistrelli, gli uccelli e vari mammiferi (in particolare i suini) ospitano naturalmente più Coronavirus. Negli esseri umani, ci sono sette tipi di Coronavirus conosciuti che possono infettarci. Quattro di loro causano diverse varietà di raffreddore comune. E altri tre, di recente comparsa, che producono disturbi molto più letali come la sindrome respiratoria acuta e grave (SARS), questo apparso nel 2002; la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS), sorto nel 2012; e infine questa nuova malattia, la covid-19, causata dalla SARS-Cov-2, il cui primo focolaio è stato rilevato, come abbiamo detto, nel mercato dei frutti di mare di Wuhan nel dicembre 2019. Questo nuovo germe avrebbe il pipistrello come ‘portatore sano’ e un altro animale non ancora formalmente identificato, -il pangolino? [21] (specie di formichiere)- come ‘ospite intermedio’ dal quale, dopo essere diventato particolarmente pericoloso, sarebbe saltato negli esseri umani.

Quello che non si capisce è perché, se già conviviamo con altri sei Coronavirus e li manteniamo globalmente controllati, questo nuovo patogeno ha provocato questa colossale pandemia? Cosa c’è di particolare in questo germe? Perché la sua velocità di contagio ha superato le previsioni delle migliori autorità sanitarie del mondo?

Senza dubbio, come è stato più volte ripetuto, condizioni estranee al virus come l’attuale velocità delle comunicazioni, l’ipermobilità e l’intensità degli scambi nell’era della globalizzazione ne hanno favorito la diffusione. Ovvio. Ma poi, perché la SARS nel 2002 o il MERS nel 2012, ugualmente causati anche da nuovi Coronavirus, non si sono “globalizzati” allo stesso modo in tutto il pianeta?

Per rispondere a queste domande, la prima cosa da ricordare è che «i virus sono inquietanti perché non sono vivi né morti. Non sono vivi perché non possono riprodursi da soli. Non sono morti perché possono entrare nelle nostre cellule, sequestrare i loro meccanismi e replicarsi. E in questo sono efficaci e sofisticati perché sono milioni di anni che sviluppano nuovi modi per aggirare il nostro sistema immunitario [22]». Ma ciò che distingue specificamente il SARS-Cov-2 dagli altri virus assassini è proprio la sua strategia di irradiazione silenziosa. Vale a dire, la sua capacità di propagarsi senza destare sospetti, anche nella sua vittima. Almeno durante i primi giorni del contagio in cui la persona infetta non presenta alcun sintomo della malattia.

Non sappiamo con certezza perché il virus viaggia così velocemente, ma sappiamo che, dal momento in cui penetra attraverso gli occhi, il naso o la bocca nel corpo della vittima, comincia già a replicarsi in modo esponenziale… Secondo la ricercatrice Isabel Sola del Centro nazionale spagnolo di biotecnologia: «Una volta all’interno della prima cellula umana, ogni Coronavirus genera fino a 100.000 copie di se stesso in meno di 24 ore… [23]» Ma inoltre, un altro tratto singolare e astuto di questo patogeno è che, invadendo un corpo umano, concentra il suo primo attacco, quando ancora invisibile, nel tratto respiratorio superiore della persona infetta, dal naso alla gola, dove si replica con frenetica intensità. Da quel momento, già quella persona, che non prova nulla, diventa una potente bomba batteriologica e comincia a diffondersi massicciamente nel suo ambiente, semplicemente parlando o respirando attraverso il virus letale…

Questa è la caratteristica principale, la fatale singolarità di questo nuovo Coronavirus. In Cina, fino all’86% dei contagi sono stati causati da persone asintomatiche, senza segni rilevabili di infezione. All’Università di Oxford, un gruppo di ricercatori ha dimostrato che oltre la metà dei casi di contagio da SARS-Cov-2 è dovuto a persone non diagnosticate e senza sintomi apparenti.

Solo una minoranza dei contagiati soffre del secondo attacco del germe, concentrato questa volta nei polmoni, in modo simile alla SARS 2002 (anche se la carica virale del nuovo Coronavirus è mille volte superiore a quello della SARS), provocando polmoniti che possono diventare letali, soprattutto nelle persone di età superiore ai 65 anni con malattie croniche.

Poiché il numero di contagiati è massiccio e simultaneo, questa minoranza, che rappresenta il 15% di tutti gli infetti, -e che è quella che si recherà negli ospedali- può raggiungere rapidamente cifre molto elevate a seconda del volume di popolazione… Come abbiamo visto in Cina, Iran, Italia, Spagna, Francia, Regno Unito o Stati Uniti, è sufficiente che diverse migliaia di persone si rechino contemporaneamente al pronto soccorso degli ospedali per far crollare l’intero sistema sanitario di qualsiasi paese, per quanto sviluppato sia [24]…

A Wuhan, Teheran, Milano, Madrid, Parigi, Londra o New York, medici e infermieri si sono trovati ben presto completamente inadeguati. Mancavano maschere, gel disinfettante, materiale di protezione per il personale sanitario, letti nelle UTI, respiratori, ecc. In diverse città (Wuhan, Madrid, New York), le autorità, con le spalle al muro, hanno dovuto ricorrere alle forze armate o ai volontari civili per costruire velocemente ospedali improvvisati con migliaia di letti. Quasi ovunque, le autorità hanno confessato di non aver previsto una tale ondata di malati, di aver assistito a un continuo tsunami di pazienti in gravissime condizioni… [25]

Una pandemia molto annunciata

Di fronte alla valanga di critiche su ciò che l’opinione pubblica ha percepito come una ‘cattiva gestione’ della pandemia, alcuni governanti hanno anche sostenuto che la rapidità dell’attacco pandemico li aveva colti di sorpresa… Donald Trump, ad esempio, non ha esitato ad affermare più volte, quando già nel suo paese si erano verificati i primi decessi per Coronavirus, -e comunque mesi dopo la Cina o l’Europa- che «nessuno sapeva che ci sarebbe stata una pandemia o un’epidemia di questo tipo» e che si trattava di un «problema imprevedibile», «qualcosa che nessuno si aspettava»… [26]

Si possono dire molte cose per spiegare la scarsa preparazione delle autorità a questo brutale flagello, ma l’argomento della sorpresa non è accettabile. Primo, perché c’è un famoso proverbio nella sanità pubblica: «I focolai sono inevitabili, le epidemie no». Secondo, perché decine di scrittori di fiction e di fantascienza -da James Graham Ballard a Stephen King passando per Cormac Mccarthy o il regista Steven Soderbergh nel suo film Contagio (2011)- hanno descritto in dettaglio l’incubo sanitario apocalittico che minacciava il mondo. Terzo, perché pensatori come Rosa Luxembourg, Gandhi, Fidel Castro, Hans Jonas, Ivan Illich, Jürgen Habermas, hanno da tempo avvertito che il saccheggio e la distruzione dell’ambiente potrebbero avere nefaste conseguenze sanitarie. In quarto luogo, recenti epidemie come la SARS del 2002, l’influenza aviaria del 2005 [27], l’influenza suina del 2009 [28] e la MERS del 2012 avevano già raggiunto livelli di pandemia incontenibile, causando in alcuni casi migliaia di morti in tutto il pianeta. Quinto, perché quando si è manifestata la prima morte per il nuovo coronavirus negli Stati Uniti, il 10 marzo 2020 nel New Jersey, come abbiamo già detto, l’epidemia era già scoppiata a Wuhan da quasi tre mesi travolgendo rapidamente l’intero sistema sanitario in Cina e in varie nazioni europee; quindi, c’è stato il tempo per prepararsi. E sesto, perché decine di analisti e diverse relazioni tecniche avevano lanciato avvertimenti molto seri sull’imminenza dell’insorgere di un qualche tipo di nuovo virus che avrebbe potuto causare qualcosa come la madre di tutte le epidemie.

Forse la più importante di queste analisi è stata presentata, nel novembre 2008, dal National Intelligence Council (NIC), l’ufficio di valutazione geopolitica della CIA, che ha pubblicato per la Casa Bianca un rapporto intitolato «Global Trends 2025: A Transformed World» [29]. Questo documento era il risultato della messa in comune -riveduta dalle agenzie di intelligence degli Stati Uniti- dei studi elaborati da circa 2.500 esperti indipendenti di università di circa 35 paesi d’Europa, Cina, India, Africa, America latina, mondo arabo-musulmano, ecc.

Con insolito anticipo, il documento confidenziale annunciava, entro il 2025, “la comparsa di una nuova malattia respiratoria umana altamente trasmissibile e virulenta per la quale non esistono contromisure adeguate e che potrebbe trasformarsi in una pandemia globale”. Il rapporto segnalava che «l’insorgenza di una malattia pandemica dipende dalla mutazione o dal riordinamento genetico di ceppi di malattie attualmente in circolazione, o dalla comparsa di un nuovo patogeno nell’uomo che potrebbe essere un ceppo dell’influenza aviaria ad alta patogenicità, come H5N1, o altri patogeni, come la SARS Coronavirus, che posseggono anch’essi questo potenziale».

La relazione ammoniva, con impressionante anticipo, che «in caso di insorgenza di una malattia pandemica, probabilmente si verificherebbe in un’area caratterizzata da un’alta densità di popolazione e da una stretta associazione tra esseri umani e animali, come molte zone della Cina meridionale e dell’Asia sudorientale, in cui le pratiche di allevamento degli animali selvatici non sono regolamentate, il che potrebbe consentire a un virus di mutare e provocare una malattia zoonotica potenzialmente pandemica…».

Gli autori della relazione prevedevano anche il rischio di una risposta troppo lenta da parte delle autorità: “Potrebbero volerci settimane prima di ottenere risultati di laboratorio definitivi che confermino l’esistenza di una nuova malattia con potenziale pandemico. Nel frattempo, i malati inizierebbero a manifestarsi nelle città del sud-est asiatico. Nonostante i limiti imposti ai viaggi internazionali, i viaggiatori con sintomi lievi o persone asintomatiche potrebbero trasmettere la malattia in altri continenti”. Cosicché «ondate di nuovi casi (di contaminazione) si diffonderebbero in pochi mesi. L’assenza di un vaccino efficace e la mancanza universale di immunità renderebbero le popolazioni vulnerabili all’infezione. Nel peggiore dei casi, da decine a centinaia di migliaia di americani, negli Stati Uniti, si ammalerebbero, e le morti, a livello mondiale, sarebbero milioni».

Come se tale documento non fosse sufficiente, un’altra relazione più recente, del gennaio 2017, elaborata questa volta dal Pentagono e anch’essa destinata al presidente degli Stati Uniti (che era già Donald Trump), ha nuovamente e chiaramente avvertito che “la minaccia più probabile e significativa per i cittadini americani è una nuova malattia respiratoria” e che, in questo scenario, «tutti i paesi industrializzati, compresi gli Stati Uniti, sarebbero sprovvisti di respiratori, farmaci, letti ospedalieri, attrezzature di protezione e mascherine per far fronte a un’eventuale pandemia [30]».

Nonostante tali espliciti e ripetuti avvertimenti, Donald Trump non ha esitato a disfarsi, alcuni mesi dopo quest’ultima relazione (!), del Comitato incaricato -in seno al Consiglio di Sicurezza Nazionale- alla Protezione della Salute Globale e della Biodifesa, presieduto dall’ammiraglio Timothy Ziemer, un noto esperto di epidemiologia [31]. Era proprio questo Comitato di tecnici che doveva guidare il processo decisionale in caso di una nuova pandemia… “Ma -spiega il giornalista Lawrence Wright, che ha intervistato Ziemer e tutti i membri di quel comitato- Trump ha eliminato coloro che sapevano di più su questo argomento… Uno dei tanti errori colossali del Presidente degli Stati Uniti. Gli annali dimostreranno che è stato responsabile di uno dei più catastrofici problemi di salute pubblica della storia di questo paese. Se avesse ascoltato mesi fa gli avvertimenti dei servizi segreti e degli esperti di sanità pubblica sulla grave minaccia rappresentata dall’epidemia di coronavirus in Cina, l’attuale esplosione di covid-19 avrebbe potuto essere evitata [32]”.

Sarebbe bastato che Trump e altri leader mondiali ascoltassero i ripetuti richiami di allarme diffusi dalla stessa OMS. In particolare il grido d’allarme lanciato da questa organizzazione nel settembre 2019, cioè alla vigilia del primo attacco del nuovo Coronavirus a Wuhan.   L’OMS non esitava a denunciare che il prossimo flagello potesse essere apocalittico: «Ci troviamo di fronte alla minaccia molto reale di una pandemia fulminante, estremamente letale, provocata da un patogeno respiratorio che potrebbe uccidere da 50 a 80 milioni di persone e liquidare quasi il 5% dell’economia mondiale. Una pandemia globale di tale portata sarebbe una catastrofe e scatenerebbe caos, instabilità e insicurezza generalizzate. Il mondo non è pronto [33]».

Più precisamente, un altra relazione precedente aveva già messo in guardia sul pericolo specifico dei nuovi Coronavirus: «La presenza di un grande serbatoio di virus simili alla SARS-Cov nei pipistrelli di ferro di cavallo, insieme all’usanza di mangiare mammiferi esotici nel sud della Cina, è una bomba a orologeria… La possibilità di un’altra SARS causata da nuovi Coronavirus da animali non deve essere esclusa. È quindi necessario essere preparati. [34]».

Tra il 2011 e il 2019, numerosi scienziati non hanno smesso di lanciare l’allarme su numerose epidemie infettive che, secondo loro, annunciavano una maggiore frequenza dell’insorgenza di parassiti a diffusione potenzialmente rapida, sempre più difficili da affrontare… [35] L’ex presidente Barack Obama, nel dicembre 2014, ha dichiarato che si sarebbe dovuto investire di più in strutture sanitarie per affrontare il possibile arrivo di una epidemia di nuovo tipo. Ha anche ricordato che si può sempre presentare un flagello simile alla «influenza del Kansas» (mal chiamata «spagnola») del 1918: «Probabilmente arriverà un momento in cui dovremo affrontare una malattia mortale, e per poterla affrontare, abbiamo bisogno di infrastrutture, non solo qui negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo, per riuscire a individuarla e isolarla rapidamente [36]».

È ben noto anche che, nel 2015, Bill Gates, fondatore di Microsoft, ha segnalato che esistevano tutte le condizioni per l’insorgenza di un nuovo virus infettivo che poteva facilmente essere diffuso nel mondo attraverso i contagiati asintomatici: «Potrebbe apparire un virus con cui le persone si sentano abbastanza bene nonostante siano infette, mentre salgono su un aereo o vanno al supermercato… E questo renderebbe il virus capace di diffondersi in tutto il mondo molto rapidamente… La Banca mondiale stima che un’epidemia planetaria di questo tipo costerebbe non meno di tre miliardi di dollari, con milioni e milioni di morti… [37]».

Nonostante Donald Trump e quanti hanno parlato di «sorpresa» o di «stupore», la realtà è che il pericolo imminente dell’irruzione di un nuovo Coronavirus che potesse passare da animali a umani, provocando una terrificante pandemia… si conosceva da anni,  «La scienza sapeva che stava per accadere. I governi sapevano che poteva accadere, ma non si sono preoccupati di prepararsi, -spiega il veterano giornalista e divulgatore scientifico David Quammen che, per scrivere il suo libro Contagio [38] (Spillover. Animal infections and the next human pandemic), ha percorso i quattro angoli del pianeta inseguendo i virus zoonotici, cioè quelli che si trasmettono dagli animali agli esseri umani-. Gli avvisi dicevano: potrebbe accadere l’anno prossimo, in tre anni, o in otto». I politici dicevano: non spenderò i soldi per qualcosa che potrebbe non accadere sotto il mio mandato. Questo è il motivo per cui non sono stati spesi soldi per altri letti ospedalieri, unità di terapia intensiva, respiratori, maschere, guanti… La scienza e le tecnologie adeguate per affrontare il virus esistono. Ma non c’era volontà politica. Non c’è nemmeno la volontà di combattere il cambiamento climatico. La differenza tra questo e il cambiamento climatico è che questo sta uccidendo più velocemente [39]».

In altre parole, questa pandemia è la catastrofe più prevedibile nella storia degli Stati Uniti. Ovviamente molto più di Pearl Harbor, dell’omicidio di Kennedy o dell’11 settembre. Gli avvertimenti circa l’attacco imminente di un nuovo Coronavirus erano molti e noti. Non erano necessarie ricerche da parte di servizi segreti di intelligence per sapere cosa stava per accadere. Si sapeva… Lo sapevano… Il disastro sarebbe potuto essere evitato…

Cambiamento climatico

Anche se l’origine di tutto, come dice David Quammen, risiede nei comportamenti ecopredatori che ci condannano, se non lo impediamo, alla fatalità del cambiamento climatico. Ciò che è veramente in discussione è il modello di produzione che da decenni saccheggia la natura e modifica il clima. Da decenni, i militanti ecologisti hanno denunciato che la distruzione umana della biodiversità sta creando le condizioni oggettive per la comparsa di nuovi virus e nuove malattie: «La deforestazione, l’apertura di nuove strade, l’estrazione mineraria e la caccia sono attività coinvolte nello sviluppo di molte epidemie -spiega, ad esempio, Alex Richter-Boix, dottore in biologia e specialista in cambiamento climatico-. Vari virus e altri patogeni si trovano negli animali selvatici. Quando le attività umane entrano in contatto con la fauna selvatica, un patogeno può saltare e infettare animali domestici e quindi passare di nuovo agli esseri umani; o direttamente da un animale selvatico agli esseri umani… Pipistrelli, primati e anche lumache possono avere malattie che, in un momento dato, quando alteriamo i loro habitat naturali, possono essere trasmesse agli umani.  [40]»

Da milioni di anni, gli animali possiedono nel loro organismo una grande varietà di virus contro i quali, durante questa lunga convivenza, ne hanno saputo sviluppare l’immunità. Ma quando l’uomo toglie un animale dal suo ambiente naturale, l’equilibrio si rompe, e un virus può poi essere trasmesso ad un’altra specie con la quale l’animale non ha mai vissuto… La distruzione degli habitat delle specie selvatiche e l’invasione di questi ecosistemi selvatici da parte di progetti urbani o industriali creano situazioni proprie per la mutazione accelerata dei virus… Probabilmente è quello che è successo a Wuhan. Da anni molte organizzazioni animaliste cinesi chiedono il divieto permanente del commercio e consumo di animali selvatici per conservare le specie e soprattutto per evitare epidemie prevedibili [41].

L’Europa e gli Stati Uniti hanno ignorato tutti questi avvertimenti. E quando è arrivata ‘la pandemia delle pandemie’, i suoi governi non avevano preso alcuna precauzione, non avevano preparato nessuna strategia da seguire, né misure di azione a breve, medio e lungo termine… In Asia orientale, invece, i modelli di gestione dell’epidemia hanno avuto più successo. Soprattutto in Corea del Sud. In uno degli articoli più commentati su questa crisi [42], l’intellettuale sudcoreano residente a Berlino, Byung-Chul Han, sostenitore del “Dataismo”, ha elogiato la «biopolitica digitale» attuata dal governo sudcoreano e ha affermato che i paesi asiatici stavano affrontando questa pandemia meglio dell’Occidente perché si basavano sulle nuove tecnologie, il “big data” e gli algoritmi. Minimizzando il rischio di intrusione nella privacy: «La consapevolezza critica della sorveglianza digitale, ha ammesso Byung-Chul Han, è praticamente inesistente in Asia [43]».

Sorveglianza sanitaria informatica

Il nuovo Coronavirus si diffonde così rapidamente e ci sono così tante persone asintomatiche infettate che risulta, infatti, impossibile tracciarne l’espansione a mano. Il modo migliore per inseguire un microrganismo così invisibile è usare un sistema computerizzato, grazie ai dispositivi dei telefoni cellulari, che calcola quante persone sono state vicine all’infetto [44]. La Corea del Sud, Singapore e la Cina, spesso citati come nazioni che hanno avuto successo contro il Coronavirus, hanno in particolare applicato strategie di macro-dati e sorveglianza digitale per tenere sotto controllo i dati dell’infezione. Questo «soluzionismo tecnologico [45]» comporta il sacrificio di una parte della privacy individuale. E questo, ovviamente, pone dei problemi.

In Corea del Sud, le autorità hanno creato un’applicazione per smartphone che ha lo scopo di controllare meglio l’espansione del Coronavirus grazie al monitoraggio digitale dei cittadini presenti in zone di contagio o contagiate dalla malattia… Questa app si chiama “Self-quarantine Safety Protection” ed è stata sviluppata dal Ministero degli Interni e della Sicurezza. L’app scopre se un cittadino è stato in zone a rischio. Sa se il suo test è positivo o meno. Se è positivo, gli ordina di rimanere in quarantena. Traccia anche i movimenti di tutti i contagiati e localizza i contatti di ognuno di loro. I luoghi in cui sono andati e i contagiati sono resi noti ai telefoni cellulari di coloro che si trovavano nelle vicinanze. E tutti vengono messe in quarantena. Quando i cittadini ricevono l’ordine di confinamento dal loro centro medico locale, gli viene vietato, legalmente, di lasciare la zona di quarantena, in genere le loro case, e sono tenuti a mantenere una rigida separazione dagli altri individui, compresi i familiari.

L’app permette anche di monitorare via satellite GPS (Global Positioning System) ogni persona sospetta. Se questa lascia l’area di contenimento assegnata, l’app lo viene a sapere immediatamente e invia un’allerta sia al sospettato che all’agente che controlla la sua zona. La multa per disobbedienza può raggiungere fino a 8.000 dollari. L’app invia anche avvisi di nuovi casi di Coronavirus al quartiere o alle zone vicine. L’obiettivo è quello di garantire un maggiore controllo del virus sapendo sempre dove si trovano sia i cittadini infetti che quelli in quarantena [46].

A Singapore, una nazione altamente sorvegliata, l’Agenzia Tecnologica Statale e il Ministero della Salute hanno lanciato, lo scorso marzo, un’app molto simile: Tracetogether, per telefoni cellulari che può identificare, retrospettivamente, tutti i contatti intimi di ogni persona e avvisarli se un familiare, un amico o conoscente ha contratto il virus. I cittadini possono essere rintracciati attraverso una sofisticata combinazione di immagini dalle telecamere di sicurezza, di geo-localizzazione telefonica e indagine di polizia condotta da veri «detective per malattie» con l’eventuale assistenza del dipartimento investigativo, dell’ufficio antidroga e dei servizi di intelligence della polizia… La “Legge sulle Malattie Infettive di Singapore” rende obbligatoria per legge la cooperazione dei cittadini con la Polizia. Un caso unico al mondo. La punizione per l’indisciplina può essere una multa fino a 7.000 dollari, o una prigione per sei mesi; o entrambe.

Anche la Cina ha messo a punto un’applicazione simile, “Healthcheck”, che si installa sui cellulari attraverso sistemi di messaggistica come “Wechat” o “Alipay”, e genera un «codice di salute» graduato in verde, arancione o rosso, a seconda della libertà di movimento consentita a ogni cittadino (movimento libero, quarantena di una settimana o di quattordici giorni). In circa 200 città cinesi, la gente utilizza Healthcheck per muoversi più liberamente, in cambio di fornire informazioni sulla propria vita privata. Questa app è stata così efficace che l’OMS stessa si sta ispirando ad essa per sviluppare un software simile chiamato Myhealth.

Questo «modello sudcoreano», adottato da questi paesi e anche da Hong Kong e Taiwan [47], si basa sull’uso massiccio di dati e associato a diversi sistemi di «video-protezione». Fino a poco tempo fa tutto ciò ci sarebbe sembrato distopico e futuristico, ma è già stato imitato anche in Germania, Regno Unito, Francia, Spagna e altre democrazie occidentali.

Va detto che, da qualche anno, alcuni Stati e i grandi operatori privati di telefonia mobile ha accumulato miliardi di dati e sa esattamente dove si trovano ciascuno dei suoi numerosi utenti. Google e Facebook hanno anche conservato montagne di dati che potrebbero essere utilizzati, con il pretesto della pandemia, per una massiccia sorveglianza intrusiva. Inoltre, applicazioni per incontri o appuntamenti con coordinate urbane, come “Happn” o “Tinder”, potrebbero ora essere utili per rilevare le persone contaminate… Senza dimenticare che Google maps, Uber, Grab, Cabify o Waze conoscono anche i percorsi e la cronologia dei loro milioni di clienti…

Ovunque, il controllo digitale si è accelerato. In Spagna, ad esempio, il Segretariato di Stato per la Digitalizzazione e l’Intelligenza Artificiale, il 1º aprile scorso, ha lanciato un programma ‘Datacovid’ per rintracciare 40 milioni di cellulari e controllare i contagi. Da parte sua, l’impresa ferroviaria RENFE obbligherà i passeggeri a fornire il proprio nome e numero di cellulare per acquistare un biglietto di trasporto.

In Italia, i principali fornitori di telefonia mobile e di Internet hanno deciso di condividere i dati sensibili, ma anonimi, dei loro clienti con il Gruppo di lavoro per la prevenzione dell’epidemia formato presso il Ministero della Scienza e dell’Innovazione. Nella Regione Lombardia si utilizza la geo-localizzazione GPS in collaborazione anche con i teleoperatori di telefonia mobile. I movimenti delle persone vengono tracciati in modo anonimo. Si è così potuto constatare che, nonostante le misure di contenimento, gli spostamenti erano diminuiti solo del 60%… Molto meno di quanto previsto.

In Israele, il governo ha anche deciso di utilizzare le ‘tecnologie antiterrorismo di sorveglianza digitale’ per rintracciare i pazienti con diagnosi di Coronavirus. Il Ministero della Giustizia ha dato il via libera all’uso di ‘strumenti di tracciamento di intelligenza’ per il monitoraggio digitale dei pazienti infetti, mediante l’uso di Internet e della telefonia mobile, senza l’autorizzazione degli utenti. Pur ammettendo «una certa invasione della privacy», le autorità hanno spiegato che l’obiettivo è «isolare il Coronavirus e non l’intero paese» verificando con chi sono entrati in contatto i contagiati, cosa è successo prima e cosa è successo dopo… [48].

Nella stessa prospettiva, su scala globale, i due giganti digitali planetari Google e Apple hanno deciso di associarsi per rintracciare i i contatti delle persone colpite dalla pandemia. Recentemente, hanno annunciato che lavoreranno insieme sullo sviluppo di una tecnologia che permetterà ai dispositivi mobili di scambiare informazioni attraverso connessioni Bluetooth per allertare le persone quando sono stati vicini a qualcuno che è risultato positivo al nuovo Coronavirus [49].

La covid-19 è così diventata la prima malattia mondiale contro la quale si lotta digitalmente. E, naturalmente, questo dà luogo a un dibattito, come abbiamo detto, sui rischi per la privacy individuale. Persino alcuni sostenitori del sistema di sorveglianza informatica lo riconoscono: «Il fatto che l’app geo-localizza la persona e che, secondo determinati dati, stabilisca una sorta di semaforo che funga da certificato per uscire in strada, può scontrarsi con la privacy [50]».

Non c’è dubbio che il monitoraggio dei telefoni cellulari, anche per una buona causa, apre la porta alla possibilità di una sorveglianza digitale di massa. Tanto più che le applicazioni che identificano ogni istante dove sei, possono raccontare tutto allo Stato… E questo, quando passerà la pandemia, potrebbe generalizzarsi e diventare la nuova normalità… Lo Stato vorrà accedere anche alle cartelle cliniche dei cittadini e ad altre informazioni finora protette dalla privacy. E quando questa piaga sarà finita, le autorità, in tutto il mondo, potrebbero voler usare la vigilanza per meglio controllare la società. Come per le leggi antiterrorismo (pensiamo al USA Patriot Act [51]) dopo degli attentati dell’11 settembre 2001.

Paradisi della sorveglianza informatica, Corea del Sud, Singapore, Taiwan e la Cina potrebbero essere i modelli del futuro. Società in cui regna una sorta di coronóptikon [52], dove l’intrusione nella vita privata e l’iper-vigilanza tecnologica diventano una cosa abituale. Infatti, un recente sondaggio di opinione in Europa sull’accettazione o meno di un’applicazione sul cellulare che permette di rintracciare gli infetti da coronavirus ha dimostrato che il 75% degli intervistati sarebbe d’accordo [53]. In tal modo, i governi, anche i più democratici, potrebbero erigersi ai Big Brother di oggi, non esitando a trasgredire le proprie leggi per meglio vigilare sui cittadini [54]. Le misure ‘eccezionali’ che le autorità pubbliche stanno adottando di fronte all’allarme pandemico, potrebbero restare nel futuro, soprattutto per quanto riguarda la ciber-vigilanza e il bio-controllo. Sia i governi che Google, Facebook o Apple potrebbero sfruttare la nostra attuale angoscia per farci rinunciare a una parte importante dei nostri segreti intimi. Dopo tutto, potranno dirci: se durante la pandemia, per salvare delle vite, avete accettato senza protestare che altre libertà siano state assolutamente limitate…

Il sapone e la macchina per cucire

È indubbio che la geo-localizzazione e il monitoraggio della telefonia mobile, insieme all’uso degli algoritmi di previsione, delle sofisticate applicazioni digitali e dello studio computerizzato di modelli statistici molto affidabili, hanno contribuito a un certo controllo delle infezioni. Ma è anche vero che, nonostante quanto afferma Byung-Chul Han, questo spreco di tecnologie futuristiche non è stato sufficiente e definitivo per contrastare l’espansione del covid-19. Nemmeno in Corea del Sud, Cina, Taiwan, Hong Kong, Vietnam o Singapore…

Il relativo successo di questi paesi contro la covid-19 si spiega soprattutto con l’esperienza acquisita nella loro lunga lotta, tra il 2003 e il 2018, contro la SARS e la MERS, le due epidemie precedenti causate anche da coronavirus… La SARS -che fu il primo virus letale alimentato dalla iper-globalizzazione- passò agli umani dalle civette, un altro mammifero venduto nei mercati cinesi. Trasportato dai voli commerciali globalizzati, questo microorganismo si è diffuso in tutto il mondo raggiungendo una trentina di paesi. Durante il periodo dell’epidemia, contro la quale non esistevano né vaccini né terapie, sono stati confermati circa 10.000 contaminati e quasi 800 decessi [55]… Nel 2012, quando queste nazioni avevano appena finito di controllare l’epidemia di SARS, è apparso il MERS, causato da un altro Coronavirus che questa volta è passato dai cammelli agli umani in Medio Oriente.

Nessuna di queste due piaghe è arrivata in Europa né negli Stati Uniti. Ciò spiega anche, in parte, perché i governi europeo e americano hanno reagito tardi e male alla pandemia. Mancavano di esperienza… Mentre la Cina, Taiwan, Hong Kong, Singapore e il Vietnam sono stati duramente colpiti dalla SARS… E la Corea del Sud dovette inoltre affrontare, nel 2015, un’epidemia particolarmente dannosa dell’epidemia del MERS [56]…

Contro quei due nuovi Coronavirus, in una situazione di assoluta urgenza, e senza che nessuna potenza occidentale si sia recata in loro aiuto, tutte queste nazioni asiatiche non hanno perso tempo sperimentando tecnologie digitali per fermare i contagi.  Si sono avvalsi di disposizioni di sanità pubblica del passato che gli epidemiologi conoscevano bene perché, di fronte a numerose epidemie, come abbiamo già detto, fin dal Medioevo, erano state impiegate con efficacia… Perfezionate e affinate a partire dal XIV secolo, misure come la quarantena, l’isolamento sociale, le zone soggette a restrizioni, la chiusura delle frontiere, il taglio delle strade, la distanza di sicurezza e il monitoraggio dei contatti di ogni infetto, sono state attuate immediatamente… Senza ricorrere alle tecnologie digitali, le autorità si sono basate su una convinzione bene semplice: se per magia tutti gli abitanti rimanessero immobili dove sono per quattordici giorni, a un metro e mezzo di distanza l’uno dall’altro, l’intera pandemia si arresterebbe all’istante.

Da allora, l’uso di maschere si diffuse in tutta l’Asia. Sono state create decine di fabbriche specializzate nella produzione di massa di maschere di protezione… I controlli della febbre con i termometri digitali a infrarossi a forma di pistola sono diventati di routine. Nelle città dei paesi asiatici interessati, è diventato abituale, dal 2003, la rilevazione della temperatura della gente prima di entrare in un autobus, un treno, una stazione della metropolitana, un edificio di uffici, una fabbrica, una discoteca, un teatro, un cinema o addirittura un ristorante… È stato inoltre reso obbligatorio il lavaggio mani con acqua clorata [57] o sapone. Negli ospedali, come si faceva nel XIX secolo, le aree erano divise in zone “pulite” e “sporche”, e le apparecchiature mediche non si incrociavano. Sono state costruite pareti divisorie per separare aree complete; il personale sanitario entrava da un’estremità della stanza avvolto in scaffali protettivi e usciva dall’altra parte disinfettata sotto l’ispezione degli infermieri…

Tutta quella zona dell’Asia orientale visse allora, per la prima volta, ciò che stiamo vivendo noi su scala planetaria. Qui, in particolare in Corea del Sud, sono stati realizzati, e non a caso, alcuni dei migliori film post-apocalittici sul tema del contagio fulminante: Virus (2013), da Kim Sung-soo e Tren a Busán (2016), da Yeon Sang-ho.

Con la SARS e il MERS, i governi di questi paesi hanno imparato ad accumulare, per precauzione, enormi quantità di attrezzature di protezione (maschere, scudi facciali, guanti, scafandri, gel disinfettante, camici, ecc.).  Sapevano che, in caso di nuova epidemia epidemica, bisognava agire in fretta e aggressivamente [58]. È quello che hanno fatto lo scorso gennaio, quando ha iniziato a diffondersi il covid-19. La Cina non ha tardato a imporre la quarantena rigorosa. Ha isolato i contagiati e i loro contatti in zone ermetiche. Non hanno fatto lo stesso la Corea del Sud, né il Giappone, ma tutti hanno richiesto la distanza di sicurezza e indossare maschere igieniche. E moltiplicarono massicciamente i test epidemiologici.

Il caso più paradigmatico, nel sud-est asiatico, è quello del Vietnam. Era stato uno dei paesi che più rapidamente e più risolutamente ha agito contro la SARS nel 2003. E ha imparato la lezione. Quando il nuovo SARS-Cov-2 ha iniziato a diffondersi nella regione, le autorità di Hanoi hanno immediatamente applicato le più severe misure di confinamento e di isolamento, con sei sole persone contagiate. E nel febbraio del 2020, hanno annunciato di aver contenuto la pandemia [59]. È stato il primo paese al mondo a sconfiggere il nuovo Coronavirus [60]. Tutti i contagiati sono guariti. Nessun paziente è morto.

Tutto ciò dimostra che, nonostante la loro importanza, le tecnologie digitali di localizzazione e identificazione non sono sufficienti a contenere il Coronavirus. Inoltre, l’uso generalizzato di maschere igieniche impedisce un uso efficace dei sistemi biometrici di riconoscimento facciale.

Fin dalle prime settimane, la Cina, la Corea del Sud, Hong Kong, Taiwan e Singapore hanno constatato che, a causa dell’uso massiccio di maschere e di protezioni oculari, il loro sistema di bio-controllo mediante telecamere di video-protezione non era efficace.

Quindi la spettacolare supremazia tecnologica di cui tanto ci vantavamo, con i nostri smartphone di ultima generazione, i droni futuristici, i robot di fantascienza e le biotecnologie innovative sono serviti a poco, come abbiamo già detto, a contenere il primo impatto della marea pandemica. Per tre obiettivi urgenti: disinfettarci le mani, confezionare maschere e fermare l’avanzata del virus, l’umanità ha dovuto ricorrere a prodotti e a tecniche vecchie di diversi secoli fa. Rispettivamente:il sapone, scoperto dai romani prima della nostra era; la macchina da cucire, inventata da Thomas Saint a Londra intorno al 1790; e, soprattutto, la scienza del confinamento e dell’isolamento sociale, affinata in Europa contro decine di ondate di Peste successive dal V secolo… [61] Che lezione di umiltà!

Sacrificando i “troppo vecchi”

Sono anche tempi di mancanza di solidarietà. Gli egoismi nazionali si sono manifestati con sorprendente e brutale rapidità. Paesi vicini e amici non hanno esitato a lanciarsi in una «guerra delle mascherine [62]» o ad appropriarsi, come pirati, di materiale sanitario destinato ai loro partner. Abbiamo visto governi pagare il doppio o il triplo del prezzo del materiale sanitario per ottenere i prodotti e impedirne la vendita ad altre nazioni. I media hanno mostrato come, sulle piste degli aeroporti, interi contenitori di mascherine venivano strappati dagli aerei da carico per dirottarli verso altre destinazioni. L’Italia ha accusato la Repubblica Ceca di aver rubato le partite di maschere acquistate in Cina e che facevano scalo a Praga. La Francia ha denunciato gli Stati Uniti per lo stesso motivo. La Spagna ha accusato la Francia… I produttori asiatici hanno informato i governi dell’Africa e dell’America Latina che non potevano vendere loro materiale sanitario perché gli Stati Uniti e l’Unione europea pagavano prezzi più elevati [63].

Nella vita di tutti i giorni, il sospetto e la sfiducia sono cresciute. Molti stranieri o forestieri, o semplicemente anziani malati [64], sospettati di introdurre il virus, sono stati discriminati, perseguitati, lapidati [65], espulsi… È vero che gli anziani sono il gruppo con il più alto tasso di mortalità [66]. Non sappiamo perché. Alcuni fanatici ultra-liberali non hanno tardato a rivendicare senza esitazione l’eliminazione maltusiana dei più deboli. Un vice-governatore, negli Stati Uniti, ha dichiarato: «I nonni dovrebbero sacrificarsi e morire per salvare l’economia. [67]»  Nella stessa vena annientatrice, l’analista neoliberale del canale statunitense CNBC, Rick Santelli, ha rivendicato un “darwinismo sanitario” e ha chiesto «di inoculare il virus a tutta la popolazione. Questo accelererebbe solo l’inevitabile corso… Ma i mercati si stabilizzerebbero [68]». Nei Paesi Bassi, dove il primo ministro ultraliberale Mark Rutte punta anche “sull’immunità di gregge” [69], il capo di Epidemiologia del Centro Medico dell’Università  de Leiden, Frits Rosendaal, ha dichiarato che «non devono essere ammesse in terapia intensiva persone troppo vecchie o troppo deboli [70]». Minacce degne di demoni sterminatori … In più assurde, perché, come spiega un’infermiera: «Il covid-19 è mortale. E posso confermare che non distingue l’età, il colore, la taglia, né l’origine, la classe sociale… Né niente. Attaccherà chiunque [71]».

Il covid-19 non distingue, è vero, ma le società inique sì. Perché quando la salute è una merce, i settori sociali più poveri, discriminati, emarginati, sfruttati sono molto più esposti all’infezione. È il caso, ad esempio, di ciò che accade a Singapore dove, come abbiamo visto, le autorità sono riuscite in un primo tempo a controllare l’epidemia. Ma in quella opulenta città-Stato vi è una minoranza di centinaia di migliaia di migranti provenienti da paesi poveri, impiegati nella costruzione, nel trasporto, nei lavori domestici e nei servizi. Il paese dipende da questi lavoratori per il funzionamento della loro economia. Ma l’isolamento fisico è quasi impossibile in quei posti di lavoro. A causa del loro status sociale, molti di questi immigrati hanno dovuto continuare il loro lavoro nonostante il rischio di contrarre l’infezione… Inoltre, una legge impone ai lavoratori stranieri di risiedere in ‘camere da letto’, che ospitano fino a una dozzina di uomini, con bagno, cucina e doccia collettivi. Inevitabilmente questi locali sono diventati focolai di infezione…

Da questi nuclei, il virus è stato nuovamente disperso… È ufficialmente documentato che circa 500 nuovi contagi si sono manifestati proprio da lì. Un solo ‘dormitorio’ ha causato il 15% di tutti i nuovi casi nel paese[72]. A tal punto che Singapore, “esempio” di paese che ha vinto la pandemia, ora sta affrontando un pericoloso ritorno della covid-19. Il coronavirus ha rivelato le disuguaglianze occulte della società…

Quello che è successo in quei ‘dormitori’ di Singapore dà un’idea di quello che potrebbe accadere nel sud-est dell’Asia, in India, in Africa, in America Latina, e in nazioni con scarse risorse, con sistemi sanitari embrionali. Se negli Stati ricchi, l’Italia, la Francia, la Spagna, il virus ha fatto i terribili danni che conosciamo, che cosa accadrà in alcune zone depauperate dell’Africa?  Come parlare di ‘confinamento’, o di ‘isolamento’, o di ‘gel disinfettante’, o di ‘distanza di protezione’, o anche di ‘lavarsi le mani’ a milioni di persone che vivono senza acqua corrente, affollate in favelas, baracche o quartieri di latta, o che dormono per la strada, o vivono in campi profughi improvvisati, o nelle rovine di edifici distrutti dalle guerre? Solo in America latina, il 56% dei lavoratori attivi vive nell’economia informale…

Da parte sua invece, la principale superpotenza del pianeta, gli Stati Uniti, hanno rinunciato, per la prima volta nella loro storia, a guidare la lotta sanitaria e ad aiutare i malati del mondo.  In una nazione così ricca, il virus è arrivato a rivelare le eccessive disparità in materia sanitaria. Gli abitanti scoprono una mancanza di risorse di base e le carenze del loro sistema sanitario pubblico. Il senatore Bernie Sanders è da un po’ di tempo che sostiene che il sistema sanitario debba essere considerato un diritto fondamentale dell’uomo ». E molte altre personalità reclamano questo cambio di rotta: «Abbiamo bisogno di una nuova economia dell’assistenza -ha detto, ad esempio,  Robert J. Shiller, premio Nobel per l’economia- che integri i sistemi sanitari nazionali pubblici e privati [73]».

Nel frattempo, il covid-19 sta causando in quel paese decine di migliaia di morti. E la situazione può aggravarsi perché circa 27 milioni di persone (8,5% della popolazione) non hanno un’assicurazione sanitaria e altri 11 milioni sono lavoratori illegali, senza documenti, che non osano nemmeno recarsi negli ospedali…

In quello che è oggi l’epicentro mondiale della pandemia, gli analisti osservano una “esacerbazione della disparità della salute”. Alcune minoranze etniche, gli afro-americani, gli ispanici,  hanno infatti,un tasso di mortalità a causa del coronavirus molto superiore alla loro rappresentatività sociale. A New York, per esempio, gli afro-americani e i latini rappresentano il 51% della popolazione, ma raggiungono il 62% dei decessi per covid-19. Nello stato del Michigan, gli afro-americani costituiscono il 14% della popolazione, ma concentrano il 33% dei contagiati e il 41% dei decessi. A Chicago, gli afro-discendenti rappresentano il 30% della popolazione, ma rappresentano il 72% dei decessi… «Cifre che lasciano senza fiato…» ha detto Lori Lightfoot, il sindaco di Chicago [74].

In un paese dove il test per sapere se qualcuno è positivo al nuovo Coronavirus costa 35.000 dollari [75], la salute è spesso un riflesso dell’iniquità sociale. Il capitalismo selvaggio non ha cura del dolore dei poveri. Se i latino-americani e afroamericani che vivono negli Stati Uniti sono più vulnerabili contro il coronavirus, è perché sono vittime di una serie di discriminazioni sociali. Sono anche le minoranze che, avendo storicamente avuto meno accesso ai servizi sanitari, soffrono spesso di una serie di gravi patologie: «Abbiamo sempre saputo -spiega il dottor Anthony Fauci, direttore dell’Istituto Nazionale Statunitense per le allergie e le malattie infettive- che malattie come il diabete, l’ipertensione, l’obesità e l’asma colpiscono in modo sproporzionato le popolazioni minoritarie, in particolare gli afroamericani. [76]».

Nonostante il flagello della COVID-19, alcuni imprenditori hanno continuato ad esigere che i lavoratori tornassero ai loro posti di lavoro per salvare l’economia. Latino-americani e afro-americani devono quindi continuare a lavorare per le strade, facendo alcuni dei lavori più duri; pulendo edifici, guidando autobus, disinfettando ospedali, servendo nei supermercati, guidando taxi, distribuendo pacchi, ecc. Al rischio di infezione nei loro quartieri emarginati si aggiungono i pericoli che affrontano nei trasporti pubblici e nei loro posti di lavoro… Per quanto riguarda gli immigrati irregolari e clandestini, perseguitati dalle autorità, non ricorrono ai servizi sanitari, come abbiamo già detto, per paura di essere arrestati …

Ogni giorno da questa piaga, la gente si convince di più che è lo Stato, e non il mercato, che salva. «Questa crisi, spiega Noam Chomsky, è l’ennesimo esempio del fallimento del mercato. E un esempio anche della realtà della minaccia di una catastrofe ambientale. L’assalto neoliberale ha lasciato gli ospedali senza risorse. I letti degli ospedali sono stati soppressi in nome della ‘efficienza economica’… Il governo americano e le multinazionali farmaceutiche sapevano da anni che c’era una forte probabilità che si verificasse una pandemia. Ma, dato che prepararsi non era un bene per gli affari, non è stato fatto nulla [77]». Da parte sua, il filosofo francese Edgar Morin constata: «Dopo tutto, il sacrificio dei più fragili, anziani, malati, è funzionale ad una logica della selezione naturale. Come nel mondo del mercato, chi non sopporta la concorrenza è destinato a perire. Creare una società autenticamente umana significa opporsi a tutti i costi a questo darwinismo sociale».

Eroi del nostro tempo

La pandemia ha anche i suoi eroi e i suoi martiri. E in questa lotta, i guerrieri che sono saliti in prima linea, agli avamposti per affrontare il letale SARS-Cov-2 sono stati i medici, le infermiere, il personale ausiliario e altri operatori sanitari diventati protagonisti involontari, conquistando lodi e applausi dai balconi, dalle piazze e dalle strade di città di tutto il mondo. Quasi tutti funzionari pubblici, per i quali la salute della popolazione non è una merce ma una necessità fondamentale, un diritto umano.

Passeranno alla storia, stanchi, esausti, per la loro dedizione nel lavoro quotidiano di combattere l’infezione e salvare vite umane. Hanno spesso affrontato il contagioso virus senza maschere, camici, attrezzature di protezione… «Marciamo in guerra senza armi!» ha denunciato una veterana infermiera di Guayaquil, in Ecuador, furiosa per il contagio di ottanta colleghi e la morte di altri cinque… [78].

Il personale sanitario sta infatti mettendo a rischio la propria vita. Secondo il Centro per il Controllo delle Malattie degli Stati Uniti, il 10-20% di tutti i malati di Coronavirus sono operatori sanitari. Molti stanno morendo. Un giorno, quando questo incubo svanirà, dovremo erigere monumenti in onore di quei martiri in vestaglia bianca. Per ricordare per sempre il suo coraggio, la sua abnegazione, la sua umanità. Probabilmente quando Albert Camus diceva che «la peste ci insegna cosa c’è negli uomini più cose degne di ammirazione che di disprezzo [79]», pensavo a loro.

Al riguardo, un piccolo paese, anche degno di ammirazione,  si è distinto per il suo altruismo e generosità. Si tratta di Cuba. Assediata e bloccata da sessant’anni dagli Stati Uniti e sottoposta inoltre da Washington a brutali misure coercitive unilaterali, l’isola è stata la prima ad andare in aiuto della Cina quando è scoppiata questa pandemia. Da allora le autorità cubane non hanno cessato di inviare brigate di medici e operatori sanitari a combattere il covid-19 in una ventina di paesi [80], rispondendo alle sollecitazioni angosciate dei loro governi. Di cui tre della ricca Europa: Italia, Francia e Andorra [81]. Queste Brigate Internazionali di Medici Specializzati in Situazioni Disastrose e Gravi Epidemie esistono dagli anni ’60. Nel 2005, presero il nome di “Henry Reeve”, un brigadiere americano che lottò e morì per l’indipendenza cubana, in occasione del passaggio dell’uragano Katrina nel sud degli Stati Uniti [82].

Il mondo sta scoprendo quello che i principali media dominanti internazionali hanno cercato di nascondere finora, che Cuba è una superpotenza medica [83] con più di 30.000 medici e infermieri schierati in 66 nazioni [84]. Tutto ciò obbedisce a una parola di Fidel Castro che dice: «Un giorno ho detto che noi non potevamo e non avremmo mai sferrato attacchi preventivi e sorpresivi contro nessun angolo oscuro del mondo; ma che, invece, il nostro Paese era in grado di inviare i medici necessari ai più oscuri angoli del mondo. Medici e non bombe, medici e non armi intelligenti [85]». L’Avana fornisce anche il suo farmaco antivirale Interferone Alfa-2B Ricombinante messo a punto dai suoi scienziati nei suoi laboratori di biotecnologia, il cui uso eviterebbe l’aggravamento e le complicazioni in pazienti infettati dal nuovo coronavirus.

(segue II parte: https://comitatocarlosfonseca.noblogs.org/post/2020/05/04/la-pandemia-e-il-sistema-mondo-ii-parte/?fbclid=IwAR3GTQkds4zrPHR3dPoS9NAYZCPt_N41mCFikICy1of7RuhzbJ3oiJowjPE)

NODAL

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Ignacio Ramonet, “La pandemia y el sistema-mundo” pubblicato il 22/04/2020 in NODAL, su [https://www.nodal.am/2020/04/la-pandemia-y-el-sistema-mundo-por-ignacio-ramonet/] ultimo accesso 04-05-2020.

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