Bagliori di antagonismo in America Latina


Massimo Modonesi

Bisogna festeggiare la rinnovata emergenza antagonista che fa fronte alla svolta a destra in Ecuador e in Cile e sembra riempire il vuoto lasciato dal progressismo. In questo senso, l’irruzione delle proteste di massa sembra corrispondere alla logica di un momento specifico della struttura e delle relazioni di potere: contro le destre emergenti, più al di là o al di qua del progressismo logoro e andato a destra. Pertanto, visto che si tratta di uno scenario diffuso, anche se con le sue differenze nazionali, non bisogna escludere che appaiano fenomeni simili in altri paesi e che, una volta di più, si dia un certo grado di sincronia latinoamericana nei processi politici.

Possiamo constatare che, se la variabile sono i colori dei governi, la costante, anche se si manifesta in modo intermittente, continua ad essere la capacità di lotta e l’insubordinazione delle classi subalterne latinoamericane.

In effetti, sebbene le rivoluzioni passive progressiste siano finite a destra, non sono stati assenti, in particolare negli anni successivi al 2013, mobilitazioni popolari di colore antineoliberale. In questo senso, l’antagonismo non è stato solo latente, ma si è manifestato, anche se in modo sporadico e incoerente -per usare aggettivi gramsciani. La capacità di irruzione che continuano a conservare e ad utilizzare le classi subalterne, si presenta secondo alcuni formati che meritano di essere brevemente registrati alla luce dello sconvolgente ritorno in scena di questa modalità distruttiva della politica latinoamericana.

A livello provvisorio, si configurano come episodi che rompono e superano le routine della conflittualità ordinaria e quotidiana, di cui, al medesimo tempo, si nutrono. L’intensa brevità dell’antagonismo concentrato in queste irruzioni ha il suo limite e la sua prova del fuoco non tanto nella durata ma nell’impatto e nella capacità di modificare la correlazione di forze. Al medesimo tempo, a livello spaziale, come dire dell’ampiezza sociale, le irruzioni si organizzano con le pratiche e l’accumulazione di esperienze e con la formazione di tessuti sociali e comunitari, ma diventano di massa nella misura in cui si allargano a settori non organizzati, la cui politicizzazione e capacità di mobilitazione può essere preesistente e latente o generarsi al calore del conflitto. In ogni caso, l’attivazione di frange non organizzate delle classi subalterne conferisce il carattere di massa e gli permetti un impatto.

Al medesimo tempo, ambedue le dimensioni di questo formato antagonista che si espande e contrae sono state identificate come problematiche nel momento in cui, nel riflusso della marea, la valutazione dei saldi è oggetto di diverse interpretazioni. Segnalo due di queste, che configurano l’antinomia della politica latinoamericana degli ultimi decenni: l’autonomista e l’egemonista. In estrema sintesi, l’autonomista esalta la capacità di lotta e di organizzazione dal basso e, pertanto, attribuisce un valore assoluto ad ogni tipo di manifestazione di conflittualità che sia espressione e che rafforzi le capacità e le risorse di politicizzazione, organizzazione e autodeterminazione, mettendo in secondo piano o anche diffidando radicalmente dal saldo in termini di modifica degli equilibri nel sistema politico di partito o istituzionale. L’egemonista, al contrario, valuta questo tipo di manifestazioni solo in quanto scuotono equilibri  statici e permettono di dilatare l’influenza e la capacità di articolazione di un polo o una forza politica che intervenga nella lotta per il potere statale, sia in modo diretto o delegato, come dire espressione dei movimenti e dei settori popolari o solo a nome loro. Con questi punti di vista, la fine del ciclo progressista e il ritorno del formato dell’antagonismo di irruzione torna a porre, mutatis mutandi, questioni che a partire dall’inizio del millennio hanno solcato i dibattiti. Valorizzare i movimenti nella loro relativa spontaneità e nel loro effetto simbolico ed esperenziale di organizzazione dal basso e/o lamentare la loro incapacità di mantenersi al centro dello scenario e di produrre risultati contundenti irreversibili di fronte al rifluire nella normalizzazione sistemica. Posizioni che non sono antitetiche in senso stretto, ma mettono l’accento su posizioni che tendono a scontrarsi. Il valore congiunturale dell’irruzione si è tradotto e continua a tradursi in distinti linguaggi politici e si proietta in modi a volte contrastanti nella media durata.

La distanza tra una e l’altra prospettiva si riduce quando le destre sono al governo e si allontanano quando partiti o movimenti progressisti lo occupano o sono in condizioni di farlo. In questo senso, una dato storico e politico è cambiato rispetto agli anni 90 e l’inizio del 2000 giacché la fine del momento progressista, salvo -per il momento- il caso messicano, caccia via l’esistenza logora o la semplice sopravvivenza delle forze che sono state protagoniste del ciclo governativo. Bisogna allora domandarsi quanto questi sono percepiti o possono presentarsi come alternativi alle destre o a sé stessi, come dire capaci di superare i propri limiti e contraddizioni o, più semplicemente, essere accettati come male minore di fronte alle destre manifestamente reazionarie e incapaci di istituire una dinamica egemonica, come è stato il caso nelle recenti elezioni in Argentina. Quanto, in queste condizioni, in mezzo ad una svolta a destra epocale e culturale, da parte delle classi subalterne latinoamericane, possono costituirsi, mantenersi ed espandersi dinamiche che, sebbene non disdegnino l’impatto sul piano istituzionale, si sostengono principalmente e fondamentalmente su un lavoro di costruzione di contropoteri, di una risorsa di maggiore durata e consistenza.

Quello che possiamo registrare, una volta di più, è che la conflittualità latinoamericana può diventare incandescente e, a questa temperatura, perfino i metalli più duri diventano malleabili e, come avvenne negli anni 90 e all’inizio del XXI secolo, possono crearsi esperienze e scenari insperati. Nulla lo garantisce, ma, una volta di più, nessuno se lo aspettava.

29 ottobre 2019

Desinformémonos

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Massimo ModonesiDestellos de antagonismo en América Latina” pubblicato il 29/12/2019 in Desinformémonos, su [https://desinformemonos.org/destellos-de-antagonismo-en-america-latina/?fbclid=IwAR1mPcqkkpALYfFcoRmNNC7d_l9R5PAUBYHK7Fq5gk0AkGzeopNY_JJMtqk] ultimo accesso 12-12-2019.

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