Claudia Rafael

“Omicidio aggravato”, hanno detto i membri della corte e hanno ordinato di arrestare Francisco Pintos. Perfetto. Colui che alle spalle e con un fucile mise fine alla vita di Rafael Nahuel, il ragazzo mapuche di 22 anni. Mille pretesti per decidere chi vive e chi no. Francisco Pinto, in nome dello stato, questo che si veste da lupo per uscire a cacciare, ora dovrà essere giudicato per omicidio aggravato e non più per eccesso di legittima difesa come avevano evitato finora, da un anno e mezzo.

Francisco Pinto, mano d’opera, braccio armato di un patto sociale creato per criminalizzare coloro che alzano la testa e si ribellano all’ordine stabilito. “Omicidio aggravato” e non più il prefetto che si difende sparando alle spalle. Con fuoco che è reale, contundente, assassino. Che si scatena davanti a coloro che recuperano le proprie terre, davanti a coloro che occupano le strade, davanti a coloro che si fanno carico di essere trasformatori della mancanza di memoria e dell’usurpazione.

Fino a quando i membri della corte di General Roca hanno messo la propria firma al cambiamento degli addebiti nessuno aveva assassinato Rafita. Forse, proprio perché Rafa Nahuel era un nessuno agli occhi dello stato. Come tanti nessuno che girano ai margini della storia e che, forse, fanno la Storia dal basso. Nessuno che sono fucilati come dolci uccelli in volo da una civilizzazione che devasta. Che trasuda morte. Che sparge terrore. E che stabilisce attraverso i discorsi del potere e la pratica quotidiana che ci sono coloro che saranno i padroni della vita e i portatori degli strumenti della crudeltà, perché hanno un permesso ufficiale per uccidere.

Omicidio aggravato, dicono oggi i membri della corte un anno e mezzo dopo.

Un prefetto. Un solo prefetto, di fronte alla decisione intera di uno stato.

Fonte: APe

15 maggio 2019

Resumen Latinoamericano

L’ultima foto di Rafa Nahuel