Dalla Colombia sullo Sciopero Nazionale 2019


A partire dal 22 Aprile, le mobilitazioni ripartono in Colombia, questa volta le comunità contadine, nere e autoctone occupano le strade per opporsi al Piano Nazionale di sviluppo del governo.

La Minga delle comunità autoctone e contadine del Cauca è terminata dopo 27 giorni di blocchi con la promessa del presidente Ivan Duque di sedersi a un tavolo di negoziato. Tuttavia il 9 Aprile il presidente, che in quel momento si trovava a un centinaio di metri dall’incontro, ha deciso di tornare indietro lasciando così la “sedia vuota”.

Un Piano Nazionale di Sviluppo all’insegna dell’estrattivismo

Numerosi attori della società colombiana respingono in tutto o in parte il piano che dovrà essere adottato dal Congresso dei rappresentanti da ora al 7 Maggio. Nonostante la Colombia si sia impegnata in occasione del COP 21 a ridurre le emissioni, il suo piano di sviluppo si basa principalmente sull’estrazione di risorse naturali, petrolio, carbone e dighe idroelettriche. Il 90% delle risorse estrattive sono destinate all’esportazione, offrendo incentivi fiscali così ingenti alle multinazionali che la Colombia vende queste risorse in perdita.

Le comunità residenti in territori colpiti dai mega-progetti hanno utilizzato dei referendum popolari che sono stati in seguito giudicati non validi dalla Corte Costituzionale la quale, come altrove nel mondo, considera lo sfruttamento energetico una questione che non può essere lasciata in mano alla volontà delle autorità locali o delle comunità.

Queste politiche che acuiscono la crisi ambientale provocano indignazione. Bisogna considerare che la Colombia soffre direttamente le conseguenze del cambiamento climatico, tra inondazioni e una siccità intensa, che provocano la perdita di raccolti, frane mortali e devastazione.

Il PND (Piano Nazionale di Sviluppo) rappresenta ugualmente un attacco diretto ai diritti sociali. Uno degli obiettivi del piano è di trasformare l’economia contadina delle zone rurali e convertire i contadini in operai agricoli. Si considera che il 63% della popolazione attiva colombiana lavora informalmente, giacché non ha accesso ai diritti sociali di base come il salario minimo. Il PND ha creato una nuova formula di “lavoro in proprio” al fine di formalizzare queste attività: in breve, legalizza il lavoro remunerato al di sotto del salario minimo già ridicolmente basso (250 USD al mese). Altri attacchi diretti ai fondi pensione, alla sanità e all’educazione dovrebbero aggravare i problemi causati dalle ondate di privatizzazioni.

La sezione sulla messa in atto degli accordi di pace del PND è una riscrittura delle politiche di sicurezza democratica del presidente Uribe (2002 – 2010), basate sulla militarizzazione dei territori e la messa in sicurezza degli investimenti stranieri.

Questo piano, così come l’insieme della Politica di governo di Ivan Duque, in carica da agosto 2018, non riconoscono gli accordi e i processi di negoziazione avviati dal precedente governo con differenti attori sociali.

Insoddisfazione e indignazione generale

Quali che siano i negoziaziati con le organizzazioni contadine, afro e autoctone riunite all’interno del vertice agricolo, gli accordi conclusi al termine dello sciopero studentesco del Dicembre 2018 o quelli con i sindacati dei professori, il governo non mostra alcuna intenzione di rispettare i patti o di portare a termine le politiche concertate con gli attori sociali.

Le politiche sociali incluse negli accordi di pace tra le FARC e il governo colombiano nel 2016, avevano generato delle aspettative, nonostante ciò, l’essenza stessa degli accordi è in pericolo. Dopo il referendum di pace, perso per qualche migliaio di voti nel 2016, il Parlamento ha ridotto poco a poco la portata degli accordi, mentre in questo momento lo stesso sistema di giustizia transizionale è sotto accusa. Tutto ciò mentre Jesus Santrich, uno dei negoziatori della FARC, è imprigionato da un anno senza alcuna prova e minacciato di estradizione negli Stati Uniti D’America. Ivan Marquez e i “Paisa”, gli altri leader della FARC, sono da allora “dispersi” mentre qualche senatore e i rappresentanti della FARC fanno del loro meglio in Parlamento per salvare gli accordi.

Laddove la “pace” con le FARC è disprezzata dal governo, la guerra aperta contro i movimenti sociali prosegue. Gli omicidi di leader sociali, la criminalizzazione degli attivisti che lottano per la difesa dei propri territori sembra in costante aumento.

Gli omicidi restano impuniti mentre la giustizia imprigiona le persone che si oppongono alle politiche del governo nel quadro di montature giudiziarie. Questi hanno come obiettivo l’associazione di tali persone ai movimenti armati insorti e, alle volte, allo stesso narcotraffico, con l’obiettivo di isolarli e screditarli. Nella maggior parte dei casi le persone sono liberate dopo il processo, nonostante ciò una nuova forma di sistema giudiziario fa passare da 1 a 3 anni il tempo di detenzione preventiva autorizzata prima del processo, creando a volte un contesto atto a criminalizzare l’opposizione.

Nelle vie, nelle strade e nelle piazze

A partire dal 22, il Sindacato petrolifero USO e le comunità del dipartimento dell’Arauca e del Vichada bloccano i pozzi di petrolio della OXY e di Parex, impresa statunitense e canadese. Le comunità del Sur de Bolivar, del Catatumbo, dell’Antioquia e del Cauca si mobilitano dal 23 aprile. Il 25, i sindacati, gli studenti e le studentesse si uniranno alle mobilitazioni.

Accesso 26-04-2019.

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