Il sistema ha creato il “principio di autodistruzione”: Leonardo Boff


Pedro Rendón

Il dottor Leonardo Boff, ecologo, che è stato una delle personalità in materia di difesa dell’ambiente che, lo scorso 20 agosto è andato nell’Università Iberoamericana Città del Messico per essere testimone dell’apertura del Centro Interdisciplinare Universitario per la Sostenibilità e della Laurea in Sostenibilità Ambientale di questo istituto.

Prima della sua partecipazione al dibattito “Università e Sostenibilità in Messico”, che il Vicerettorato Accademico della IBERO ha promosso per annunciare le aperture, Boff, filosofo e uno dei fondatori della Teologia della Liberazione, ha acconsentito a dare varie interviste; abbiamo qui ciò che ha risposto in una di quelle.

– In un mondo dove il capitalismo è il sistema economico e politico egemonico, è impossibile mitigare i danni all’ambiente, alla Madre Terra?

– Io credo che dentro al sistema è impossibile, perché il sistema di per sé stesso è altamente distruttivo della natura, la sfrutta e non si sente parte della natura, ma si sente il suo signore e padrone, e dispone di quella a suo piacimento.

Questo ha creato tutta la cultura moderna, ha cambiato il pianeta Terra e simultaneamente ha creato il “principio di autodistruzione”, sia con armi chimiche, nucleari o biologiche; sia anche per le reazioni che la Terra sta avendo di fronte alla sistematica aggressione che sta subendo e che appare con il nome di riscaldamento globale.

Riscaldamento globale che si manifesta attraverso effetti estremi: grandi siccità, grandi inverni, vulcani che si sono attivati, uragani e grandi inondazioni, che lasciano intravedere che la Terra ha perso il proprio equilibrio e il proprio centro. Questo è la conseguenza di un tipo di relazione che abbiamo con la natura, che non è una relazione di cooperazione e di rispetto, ma di dominio e di sfruttamento.

Continuando in questa direzione andiamo incontro al peggio. A mio giudizio, e quello che tanti altri ecologisti dicono, può essere una tragedia ecologico-sociale che può decimare gran parte della biosfera e far scomparire anche gran parte dell’umanità.

– Come proteggere la “Pacha Mama” (la Madre Terra) e le comunità originarie che vivono nelle grandi riserve ecologiche, dal saccheggio dei grandi capitali, per esempio, dall’estrazione mineraria e petrolifera, dall’industria turistica, eccetera?

– In Brasile abbiamo il problema dell’agronegozio che sta terribilmente avanzando sull’Amazonia, l’Amazonia che è importante per l’equilibrio dei climi mondiali e per la biodiversità.

Io credo che il miglior modo di difendere quella ricchezza naturale è attraverso gli abitanti che vivono lì: popoli originari, persone che lavorano nella pesca, nella foresta, nell’estrazione dei beni, ma preservando gli alberi e le fonti della loro ricchezza; loro li sanno proteggere e sanno come gestire quella realtà senza danneggiarla. La figura più emblematica su questo fu Chico Mendes, che ideò come estrarre i beni della foresta, siano frutti o medicine, ma preservando la foresta.

Allo stesso tempo, c’è bisogno di un processo di educazione collettiva di tutta l’umanità, che parta da due ragioni. Uno, dalla paura; quando l’essere umano si rende conto che può scomparire, perché la Terra sta manifestando l’esaurimento dei beni e dei servizi, e l’essere umano può scomparire dentro una catastrofe ecologico-sociale, allora cambia, perché l’istinto di vita è più forte dell’istinto di morte.

Secondo, bisogna rieducare gli esseri umani: nel modo di produrre, rispettando i beni della natura; nel modo di consumare; avere un senso di solidarietà con tutti e condividere i beni della natura e i beni industriali. È un equilibrio difficile ma dobbiamo giungere a questo, ad un consumo cosciente e generoso, e a mantenere un equilibrio riguardo alle leggi della natura.

Questo è un lavoro che deve attraversare tutte le società, che tutti si rendano conto che siamo responsabili del futuro del sistema vita, del sistema Terra e della nostra civiltà. Se non facciamo questo, possiamo andare incontro al peggio.

– Dentro all’attuale mondo diseguale, dove pochi concentrano la maggior parte della ricchezza, come promuovere lo sviluppo economico e sociale di tutti, principalmente dei più poveri, soprattuto di coloro che vivono nelle zone rurali?

Il sistema come totalità è insostenibile, perché dove giunge crea due fenomeni. Primo, una profonda disuguaglianza tra coloro che hanno e accumulano e, al lato e come conseguenza, genera una povertà molto grande. D’altra parte, crea anche una ingiustizia ecologica, che è il super sfruttamento dell’ambiente, dei beni e dei servizi della natura. È un sistema dannoso per la vita, che accumula in una parte e genera una immensa povertà nell’altra; e questo è insuperabile, è la logica del sistema.

Per questo dobbiamo creare delle alternative, che a mio giudizio incominciano con il lavorare nel territorio, che in ecologia si chiama bio-regionalismo, perché lì si può creare la sostenibilità, con la regione, con le risorse che ha, di acqua, di beni della natura, con la cultura della popolazione. Un bio-regionalismo definito non dalle nostre divisioni artificiali, in stati e municipi, ma come la natura si è divisa, con fiumi e montagne.

Creare lì una totalità che può essere sostenibile, con piccole imprese, un senso comunitario di produzione e distribuzione, includendo tutta la parte culturale, delle feste, tradizioni, celebrazioni dei propri eroi, delle proprie persone significative. Questa totalità può essere sostenibile; ma nel piccolo.

Ma il sistema, come sistema globale, non è sostenibile; perché è una minaccia che ha portato ad una guerra totale contro la Terra, sia nell’aria, sia nel suolo, sia nel mare. E questa guerra, l’essere umano non ha nessuna chance di vincerla, perché la Terra è più forte. Noi abbiamo bisogno della Terra, ma la Terra non ha bisogno di noi, lei può andare avanti senza di noi.

– Nel presente contesto di crisi ecologica, economica e sociale varrebbe la pena di avere una seconda ondata di teologia della liberazione, che ponga nei mezzi di comunicazione e nell’immaginario collettivo questi problemi e la necessità di optare per i poveri?

– Sì. Il nucleo centrale della teologia della liberazione è l’opzione per i poveri, lottare contro la povertà, a favore della giustizia sociale e della liberazione. E tra i poveri, bisogna porre il grande povero, che è la Terra. Bisogna trattarla in modo tale che siano protetti i beni e i servizi necessari per la vita; questo è il senso della lettera enciclica di Papa Francesco, Laudato Si´, come aver cura della Casa Comune (la Terra).

Qui la parola chiave è aver cura. Aver cura è una relazione amichevole, amorosa, protettrice della realtà. Se non facciamo questo, stiamo aggredendo, distruggendo e creando le condizioni per avere una grande crisi ecologico-sociale che può danneggiare gran parte della biosfera e la medesima specie umana.

– Come possono le università, come l’Iberoamericana, aiutare a promuovere la sostenibilità, la cura della Terra?

– È un compito di tutte le facoltà, come dire, bisogna ecologizzare tutte le scienze. Ogni scienza deve dare il suo apporto, sia la fisica, siano le matematiche, sia la pedagogia; tutte insieme devono avere come scopo quello di creare comportamenti e conoscenze che favoriscano la vita e non solo il mercato, che permettano la partecipazione di tutti e che non ci siano degli esclusi, per avere una relazione di appartenenza alla natura, alla Terra, e non di dominio su di essa.

Una università può creare una specie di cosmovisione che inglobi in modo sistematico in tutti i suoi corsi questa preoccupazione per il futuro del sistema vita, del sistema umanità. Perché se non ci preoccupiamo ora non avremo il tempo né la saggezza sufficiente a cambiare, sarà troppo tardi e andremo incontro ad una grande catastrofe ecologico-sociale.

– Che pensa dell’apertura del Centro Interdisciplinare Universitario per la Sostenibilità e della Laurea in Sostenibilità Ambientale della IBERO?

– Io lo intendo come se fosse un seme, qualcosa che incomincia come una seme. Dentro al seme c’è di tutto, ci sono le radici, c’è il tronco, ci sono le foglie, ci sono i fiori, ci sono i frutti.

Da quei semi possono irradiarsi le altre facoltà. Creare una rete dove le questioni di sostenibilità siano discusse insieme, poiché ciascuna scienza può dare degli apporti, poiché ciascuno può fare trasformazioni, perché si parla della grande trasformazione della modernità. Quella grande trasformazione deve incominciare con la trasformazione di sé stesso, avendo un senso di rispetto verso tutto ciò che vive, esiste, avendo un consumo più solidale, non essere consumista, avendo cura dell’acqua, dell’aria.

Alla fine, della cura che ricopre tutte le dimensioni dell’umano, specialmente delle relazioni, affinché non siano aggressive, non giungano a creare marginalità. C’è gente nell’umanità che si rende conto che abbiamo solo questa Casa Comune (la Terra) e non c’è un piano B, o abbiamo cura di questa o, allora, andiamo incontro alla distruzione.

Bisogna rilevare che in questa, la sua più recente visita in Messico, Boff è stato anche nell’Università Iberoamericana Puebla, dove il Sistema Universitario Gesuita (SUJ) gli ha consegnato il Dottorato Honoris Causa, che si aggiunge a quelli che precedentemente gli concessero l’Università di Torino (Italia) e l’Università di Lund (Svezia).

Leonardo Boff è dottore in teologia e filosofia dell’Università di Monaco (Germania), professore emerito dell’Università dello Stato di Río de Janeiro (Brasile), consulente di comunità di base e un prolifico autore, che ha scritto i libri: Ecologia: grido della Terra, grido dei poveri, La dignità della Terra. Ecologia, mondializzazione, spiritualità, e La grande trasformazione, tra gli altri.

Foto: Pedro Rendón/ICM

24 agosto 2018

Ibero

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Pedro Rendón, El sistema ha creado el ‘principio de autodestrucción’: Leonardo Boff” pubblicato il 24/8/2018 in Ibero, su [http://www.ibero.mx/prensa/el-sistema-ha-creado-el-principio-de-autodestruccion-leonardo-boff] ultimo accesso 28-08-2018.

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