Orfani della sinistra


Juanónimo

Bisogna reinventare la sinistra, che in un nuovo contesto sta affrontando urgentemente nuove sfide.

Sono di troppo preamboli e introduzioni. Non importa chi io sia. Uno dei tanti con il viso coperto. Sono nato in Nicaragua in mezzo alla guerra e alla Rivoluzione degli ’80. Da mia madre ho appreso l’impegno con il popolo e i valori del sandinismo. E di mio padre… mi è rimasta solo una foto, vestito da miliziano, dove mi tiene in braccio poiché io ero un bimbo da poco nato.

Sono uno dei tanti e tante che hanno dovuto mettersi la maschera quando il governo se l’è tolta.

Ciò che oggi mi spinge -o detto meglio mi obbliga- a scrivere queste righe è un sentimento di “incazzatura” come diciamo noi in Nicaragua, che mi viene da molto dentro e che è molto ampiamente condiviso.

Per intenderci meglio, prima vi dirò che il nicaraguense è di natura affabile e affettuoso anche se di solito è abbastanza misurato nelle sue manifestazioni di rabbia; come se dimostrare pubblicamente la propria collera (o “gettare il berretto” come popolarmente si suole dire) fosse un segno di debolezza. Di modo che disponiamo di una scala di emozioni più estese dell’abituale: quando nel resto del mondo qualcuno è furioso, qui si dice che è “molto infastidito”, e in questa peculiare scala, il grado superiore ha un nome proprio e genuino: “L’incazzatura”. Il dittatore Somoza poté sperimentare sulla sua carne la portata di questo fenomeno e con molte similitudini, 40 anni dopo, anche la dittatura bicefala di Ortega-Murillo la sta sperimentando.

La “incazzatura” non è un semplice rialzo degli zuccheri o un attacco di collera, è un processo chimico-sociale ancora mal studiato dai politologi, che ha un’evoluzione graduale. È come uno stato di fermentazione interiore, frutto di molteplici e ripetute, contrarietà, collere, frustrazioni e umiliazioni contenute, la cui lenta macerazione termina riducendo improvvisamente i livelli di paura e provocando alcune esalazioni altamente infiammabili.

Questa “incazzatura” è giustamente ciò che ha scatenato tutta questa situazione in cui il Nicaragua è immerso dal 19 aprile. È chiaro.

Ma alla radice di tutto questo, a me, come a molti/e altri/e compagni/e, è venuta affiorando un’altra collera. È di più, si può dire che siamo “molto infastiditi” con la benpensante sinistra internazionalista. Incluso io, direi che sono “incazzato”.

Incazzato con questa sinistra giurassica che con i suoi dubbi, le sue diffidenze e i suoi silenzi è complice della sanguinosa repressione esercitata contro un genuino movimento di insurrezione civica. Una sinistra che, di passata, sta perdendo irrimediabilmente anche il treno della storia, anche se questo, sarebbe un male minore… Perché mentre i suoi pezzi grossi se la passano dibattendo sensatamente e commentando nei loro forum e nei loro think tanks sui  “golpe morbidi”, le “rivoluzioni colorate” e le tesi imperialiste di Gene Sharp, gli scagnozzi del regime Ortega-Murillo imbaldanziti e confermati nella propria guerra santa “rivoluzionaria” escono orgogliosamente a caccia per perseguitare, sequestrare o uccidere (di preferenza coloro che sono disarmati, chiaro) gli oppositori accusati di essere dei “vandali”, dei “delinquenti” e dei “terroristi”.

Che comodi questi referenti ideologici per trasformare la legittima protesta sociale in una cospirazione golpista della CIA! e che utili risultano a Ortega-Murillo per poter difendere i propri affari e giustificare i propri misfatti ostentando il marchio di instancabili rivoluzionari, tormentati da un’orda di giovani e “vandali di destra finanziati dall’Imperialismo”… solo per cercare di fare la stessa cosa di loro, 40 anni fa, ai loro tempi rivoluzionari: mandar via il dittatore! Che ironia!

E che disprezzo! Ossia, se le lotte del popolo non sono inquadrate dentro un contesto strategico adeguato, nel momento adeguato deciso da loro e diretto da loro, non hanno valore. Ossia le lotte contro una dittatura possono essere buone o cattive secondo se questa dittatura è di destra o si proclama di sinistra?

Deve essere che siamo giovani, ignoranti, senza basi teoriche e senza esperienza di vita e inguaribilmente miopi, perché dove noi vediamo lotta di democrazia contro l’autoritarismo loro vedono ragioni di stato, cospirazioni su grande scala e battaglie strategiche per preservare spazi che la sinistra non può perdere. Che mala sorte che la nostra lotta sembri troppo a quelle citate “rivoluzioni colorate” per poter essere omologata dal sinedrio dei rivoluzionari!

Ciò nonostante, ci giustificherà l’audacia signori della sinistra benpensante (e dico signori perché fortunatamente quasi non ci sono dame) per offrirvi qui alcune riflessioni.

In primo luogo non ignoriamo la nostra storia. Una storia segnata dalla disgrazia di essere nati nel cortile posteriore di un impero con tutto quello che questo implica, e anche di essere stato il Nicaragua il luogo designato per la costruzione di un canale interoceanico che prima di esistere era già servito da pretesto per una guerra civile e molte invasioni di marine yankee. Il Nicaragua è sempre stato al crocevia di interessi geopolitici e strategici, e affinché in un luogo così qualcosa cambi, non sempre basta che il popolo lo decida… bisogna anche chiedere permessi più in alto.

Non siamo ingenui. Sappiamo che i gringos cercheranno sempre di interferire, di far abortire o recuperare i veri processi di cambiamento sociale, per quanto molto incipienti o soavi sembrino.

Ma rispondere a questa minaccia, accusando di golpista ogni iniziativa popolare non controllata e massacrando il suo stesso popolo in nome di principi rivoluzionari, non solo è immorale e inammissibile, è anche totalmente controproducente, perché mentre questo avviene, i gringos giocano il ruolo dei buoni, apparendo come gli unici protettori della democrazia e dei diritti umani e lasciando alla sinistra il penoso ruolo di difendere le cause più impresentabili.

Funerale di Gerald Vásquez, assassinato dai paramilitari nella Chiesa Divina Misericordia

In nome di quali principi e di quale etica si può giustificare tanta crudeltà, tanta perversità con cui si sta castigando il nostro popolo? Perché in realtà di questo si tratta: di un castigo esemplare per ingrati, per rivoltosi, per capricciosi recidivi e per essere venuti a provocare rivolte nel podere che loro controllavano placidamente.

Come si può governare con tanto odio? Con quale mente tanto sconvolta si è potuto dare l’ordine di chiudere le porte degli ospedali a giovani che si stavano dissanguando? o licenziare i medici per il semplice fatto di aver curato dei manifestanti feriti? o dare del cibo avvelenato agli studenti nelle barricate? o passare lanciando acido sul viso dei manifestanti? o mandare ad assassinare i poliziotti che non hanno voluto far parte dei questo massacro? o pagare 2.500 cordoba extra ai lavoratori del Municipio di Managua per andare alla caccia con licenza di uccidere e rubare? e quando hanno già terminato i propri lavori di “pulizia” continuare a perseguitare, minacciare, sequestrare, torturare.

Solo per menzionare alcuni fatti assolutamente comprovati e irrefutabili.

Di quale sinistra stiamo parlando, capace di assalire o nascondere simili barbarie?

Confondere questa deriva assassina e questo nepotismo da repubblica bananiera con un progetto socialista, sandinista o minimamente di sinistra, difenderlo, o almeno fingere neutralità di fronte a questo, non solo è un errore grossolano, è una vergogna che la storia difficilmente perdonerà.

Una cosa è riconoscere che oggi l’impero ha affinato i propri metodi con strategie molto più difficili da scoprire e più in sintonia con l’era della comunicazione di massa e manipolata in cui viviamo.

Una cosa molto differente, è applicare meccanicamente questa analisi a qualsiasi situazione di protesta civile o esimere da responsabilità qualsiasi regime, solo per il fatto che questo si autoproclama socialista e rivoluzionario, e in nome di quei sacrosanti principi il nostro popolo dovrebbe tollerare le violenze e gli orrori che neppure Somoza commise in così poco tempo.

Questo sarebbe un nonsenso, un insulto all’intelligenza e, soprattutto, un atteggiamento di profondo disprezzo elitario per la lotta di un popolo disarmato (fino a quando…?) che di fronte ad un reiterato abuso di autorità perde la paura e si getta in strada recuperando la propria memoria e la propria dignità.

Un nonsenso, in primo luogo, perché il regime Ortega-Murillo, dovunque si guardi, non è di sinistra, per quanto si impegni a mascherare il proprio neoliberalismo con la propria intossicante verbosità pseudo rivoluzionaria. Questo governo non ha di sinistra altro che il marchio e l’intestazione, strappato con inganni a un partito che loro stessi hanno svuotato di ogni sostanza e hanno trasformato in una macchina elettorale e repressiva al sevizio dei propri interessi politici ed economici.

C’è di più, il governo Ortega-Murillo è probabilmente l’alunno più diligente del FMI nella regione.

Che direbbe Sandino, che iniziò la sua lotta contro le compagnie minerarie insediate in Nicaragua se sapesse che il governo che oggi usurpa il suo nome ha venduto la maggior parte del sottosuolo del paese a grandi multinazionali estrattive? Senza parlare della vendita della concessione per la costruzione del canale interoceanico ad una torbida impresa cinese, strappando arbitrariamente le terre ai contadini senza neppure consultarli o almeno cercare di convincerli.

Dove sono le politiche di sinistra di un personaggio capace di ordire qualsiasi stratagemma pur di perpetuarsi al potere, lui, sua moglie e la sua marimba di figli e figlie, ciascuno dei quali alla guida di imprese, affari, concessioni, canali della TV, ecc.?

Come possono continuare a vedere nella figura di Ortega un referente della sinistra dopo che è stata più che comprovata l’aberrante storia di abusi sessuali commessi per anni contro la sua figliastra Zoilamérica, quando questa era una minore?

Referente di sinistra una persona capace di patteggiare con la Chiesa Cattolica una legge medievale che penalizza l’aborto, sia anche terapeutico (come dire, che impedisce ai medici di intervenire per salvare la vita di una madre se questo implica che il feto è a rischio).

Ma anche con tanta indulgenza e tanti accordi, la giocata gli è riuscita male. Dopo essersi sollazzato per 11 anni con il grande capitale, con la Chiesa, e anche con gli USA, Daniel Ortega si è sentito improvvisamente tradito ed è tornato cinicamente a rispolverare la sua artiglieria “rivoluzionaria”: dalla notte alla mattina l’impresa privata si è trasformata in golpista, la Chiesa in una setta satanica e la gioventù “tesoro divino” della Patria, a cui si riferiva nei suoi discorsi, in un’orda di vandali, terroristi e criminali al soldo dell’Imperialismo.

Giunto a questo punto critico, quello di cui Daniel Ortega ha più bisogno è non perdere la franchigia di Sinistra, continuare a vendere il racconto che lui rappresenta e difende, l’essenza dell’antimperialismo e in questo modo riaffermare che tutti gli oppositori del regime non sono altro che un mucchio di somozisti, liberali e pro imperialisti.

Non è cadere in nessuna contraddizione, nonostante ciò, riconoscere che in situazioni come questa i primi a cercare un guadagno sono quelli di sempre, i più preparati e quelli che hanno più risorse ed esperienza: la destra appoggiata dagli USA e i suoi molteplici dipendenti.

Ovvio che i gringos sono sempre pronti a pescare (e di più nel torbido) e a ricondurre i processi sociali su terreni che loro controllano. Ma allora che facciamo? Ci rassegniamo? gettiamo la spugna? o continuiamo da soli in questa lotta?

Il fatto è che di fronte all’incapacità della sinistra ad accompagnare e incanalare i genuini processi di cambiamento, a loro risulta più facile e più comodo condannarli e reprimerli.

Ma nemmeno lì ci inganniamo. Se gli USA non hanno promosso un colpo più forte a questo governo non è per mancanza di mezzi o di idee, ma perché in qualche modo continua a servire ai loro interessi nella regione e perché ai gringos, come alla destra, spaventa di più una rivolta popolare che non controllano, che una tirannia con la quale possono negoziare. Daniel Ortega lo sa bene e ben se ne approfitta, lanciando la minaccia che senza di lui la regione sprofonderebbe in un incontrollabile caos.

E di fronte a tutto questo che pensa la Sinistra benpensante?

Bene, è certo che interessi creati non ammettono troppi ragionamenti ma, anche, molti dei pezzi grossi non sono disposti a rischiare che il proprio curriculum antimperialista sia messo in dubbio se ritirano il loro appoggio al vecchio compagno di strada. Nel migliore dei casi possono giungere ad ammettere che Daniel Ortega si sia sbagliato, che gli sia sfuggita un poco la mano o anche che questo gli sia accaduto per aver lasciato che sua moglie Rosario si mettesse in materie che non le competevano.

Ma alla fine dei conti, essendoci di mezzo l’Imperialismo, finiscono invariabilmente con il pensare che il fine giustifica i mezzi e che di conseguenza “non è il momento di entrare in dibattiti che indeboliscono il campo progressista in America Latina”. Ragione sufficiente secondo loro, affinché il Nicaragua continui ad essere immolata in nome dell’Alba! e con questa logica, sicuramente a voce bassa, più di uno starà dicendo di Daniel la stessa cosa che i gringos dicevano del loro alleato, il dittatore Somoza, per giustificare i suoi soprusi sanguinosi: “È un figlio di puttana, ma è un nostro figlio di puttana. Per continuare ad argomentare che “quello che viene dopo Daniel può essere un rischio”. Effettivamente, in questo paese così sottomesso ad interessi stranieri ogni cambiamento è un rischio, ma afferrarsi alla trave marcia per paura a che crolli tutto il pavimento non sembra l’opzione più intelligente.

Di fronte ad una opposizione ideologicamente dispersa e con l’unico progetto comune di esigere l’uscita di Ortega-Murillo, non sarebbe molto più conseguente, da una prospettiva di sinistra, accompagnare con solidarietà quei giovani che ancora si riconoscono negli ideali di Sandino e appoggiare quei movimenti popolari autentici affinché non rimangano soli e che le loro cause non siano recuperate da altri interessi estranei?

Bisogna gridarlo anche se è nel deserto: si può lottare per abbattere questo governo corrotto essendo di sinistra, essendo sandinisti e condannando l’imperialismo. Si deve lottare per abbattere questo dittatore, giustamente per poter rivendicare e riscattare a testa alta quei valori di sinistra macchiati.

Affinché i nostri padri, che sacrificarono la parte migliore delle loro vite (e della nostra infanzia) per una causa così generosa, non sentano di aver lottato invano né pensino che queste sanguinose e demenziali derive abbiano qualcosa a che vedere con gli ideali a cui credettero. Loro non hanno colpa del fatto che alcuni psicopatici assassini mascherati da rivoluzionari li facciano giungere alla tomba con quel ingiustificato onere di colpevolezza sulle spalle.

Che avrà questo paese per essere così segnato dalla storia? 40 anni fa toccò ai nostri padri abbattere una dittatura. Ora tocca a noi. Senza armi, quasi senza appoggi, circondati da incomprensione, quasi senza mezzi e quasi senza tempo per pensare e organizzarci.

Signori pezzi grossi della sinistra benpensante, se voi volete tanto Daniel Ortega come riferimento e compagno di strada, tenetevelo! Ma per rispetto di tutti coloro che hanno sacrificato le proprie vite e le continuano a sacrificare per sogni, ideali e non per meschini interessi, per favore, smettete di intralciare, attraversate il marciapiede e cambiate nome. Bisogna reinventare la sinistra, l’internazionalismo. Smettere di dire bugie e abbassarsi al livello dei sampietrini. Perché contrariamente a quello che voi pensiate, da lì si intravede meglio l’orizzonte.

Invece di continuare a travisare la realtà fino a farla adattare alle proprie obsolete teorie, invece di difendere quanto è indifendibile, cerchino almeno di trovare un buchetto nelle loro speculazioni per giustificare che un pugno di gente incazzata, senza armi, senza risorse, senza contatti con la CIA abbia diritto di esistere, di esprimersi e lottare per i propri diritti e i propri ideali di sinistra.

Signori pezzi grossi: non solo non riusciamo a riconoscerci nelle pratiche di questa sinistra che voi rappresentate, ma a questa altezza del gioco ci dichiariamo orfani di questa!

La Sinistra si confronta urgentemente con nuove sfide in un contesto nuovo di fronte al quale non abbiamo domande né risposte chiare e molto meno certezze o teorie. Ci sono cose che non riusciamo ad intendere. Ma c’è qualcosa di molto peggio che non intendere: essere convinti che si intende e ricorre a risposte inadeguate. Ma in ogni caso, e nel frattempo, ci sono principi ai quali bisogna, sì afferrarsi: l’etica e l’umanesimo senza i quali non c’è una sinistra possibile.

Diceva in un’altra epoca un profetico e lucido dissidente comunista:

“Il vecchio mondo muore. Il nuovo tarda ad apparire. E in quel chiaroscuro sorgono i mostri”.

Speriamo che la Sinistra non continuerà a rendersi complice di quelli…

Nicaragua, luglio del 2018

Nicaragua Investiga

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Huérfanos de la izquierda” pubblicato il 07-2018 in Nicaragua Investiga, su [http://nicaraguainvestiga.com/huerfanos-de-la-izquierda/] ultimo accesso 16-08-2018.

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