Celso Guanipa Castro
Dopo sei anni, con una decisione storica contro la menzogna istituzionalizzata dal latifondo e dalle transnazionali dell’agro-negozio, la Sala Penale della Corte Suprema di Giustizia del Paraguay ha assolto questo giovedì 26 luglio i contadini accusati ingiustamente e illegalmente per il massacro di Curuguaty.
I magistrati hanno sentenziato che non si è potuto comprovare che gli accusati ebbero un qualsiasi tipo di partecipazione nel massacro del 15 giugno 2012, quando sei poliziotti e 11 lavoratori rurali morirono dopo uno “scontro” provocato dall’azione di franco tiratori (alcuni da elicotteri) nell’accampamento di contadini senza terra di Marina Kue, a Curuguaty.
La sentenza ha mandato in frantumi la farsa montata dai settori più retrogradi della società paraguaiana con il sostegno della stampa egemonica, dimostrando che il massacro montato non fu altro che una scusa per il colpo di stato e, con quello, il tentativo del potere di frenare la lotta del popolo paraguaiano per la terra, l’indipendenza e la sovranità.
Secondo il giudice Emiliano Rolón, la decisione è stata unanime a favore dei contadini: “non ci sarà un nuovo processo, semplicemente viene revocata la decisione del Tribunale. Devono uscire liberi”. Il fatto, ha sottolineato, “è che non si è potuto vedere chi sparò, ci fu mancanza di prove, sommata a numerose irregolarità, come alterazioni della scena del crimine”.
“L’indagine fu molto incompleta, furono commessi molti errori”, ha ribadito il giurista, per i quali i ricorrenti liberati, sempre a favore di un lato della bilancia, esigono una profonda riflessione. “È un’amministrazione della Giustizia in crisi”, ha messo in rilievo.
A Curuguaty c’era una disputa tra lo stato e la famiglia del senatore Blas Riquelme, uno dei grandi beneficiati dalla dittatura pro-statunitense di Alfredo Stroessner (1954-1989), che accusava i contadini di aver invaso una proprietà che non era sua.
Quel giorno di giugno del 2012, 324 poliziotti circondarono meno di 60 contadini, la metà di loro donne, bambini e anziani. I magistrati alla fine hanno riconosciuto che i lavoratori rurali non portavano armi di grosso calibro -dalle quali partirono i proiettili che provocarono le morti- e le pistole di cui disponevano nemmeno spararono.
Per completare la manipolazione, ingrandita dai media, che contribuì al rovesciamento del presidente Fernando Lugo una settimana dopo il massacro, il 22 giugno, la polizia fece sparire il rumore dell’elicottero che sorvolava l’accampamento, così come una serie di prove e indizi favorevoli al gruppo di avvocati dei senza terra, ricorda il giornalista brasiliano Wexell Severo, osservatore internazionale del Tribunale delle Sentenze.
Utilizzati per giustificare il golpe contro il governo di Lugo, i contadini di Curuguaty furono trasformati in prigionieri politici, di un processo, viziato fin dalla sua nascita, dalla cricca dei successori di Stroessner. Wexell Severo ha spiegato nei propri libri come il capitale monopolista nazionale e i cartelli delle transnazionali agiscano in raffinata sintonia contro la democrazia e la sovranità, criminalizzando la lotta per la terra.
Per l’avvocato Victor Azuaga, i pezzi dell’enorme rompicapo del presunto scontro, “è chiaro che è stato un massacro pianificato, lo scopo molto ben definito”.
In questo modo, all’unanimità i magistrati Cristóbal Sánchez, Emiliano Rolón Fernández e Arnaldo Martínez Prieto hanno votato per la nullità della sentenza del Tribunale di prima istanza, composto da Ramón Zelada, Benito González e Samuel Silvero, e del Tribunale d’appello, composto dai membri della camera d’appello Narciso Ferreira, María Belén Agüero e Carlos Domínguez.
“È un momento unico e felice che segna le nostre vite, moltiplica e potenzia la lotta dei paraguaiani per la giustizia, la terra e la libertà. Questa è una vittoria maiuscola che mobiliterà e darà energia a migliaia”, ha dichiarato Guillermina Kanonikkoff, coordinatrice del Comitato di Solidarietà con i prigionieri di Curuguaty, annunciando quello che avverrà.
Dolores López, Lucía Agüero e María Fani Olmedo, condannati a sei anni di prigione, e Adalberto Castro, Alcides Ramírez, Felipe Benítez Balmori e Juan Carlos Tillería, condannati a quattro anni, avevano già scontato le loro pene.
Restano ancora da liberare i quattro prigionieri restanti reclusi nel Penitenziario Nazionale di Tacumbú, condannati in modo totalmente illegittimo e senza prove per omicidio doloso aggravato, consumato e tentato, associazione criminale e invasione di immobile: Rubén Villalba, condannato a 30 anni di carcere più cinque di misure di sicurezza, Luis Olmedo Paredes, ad una pena di 20 anni di prigione, Néstor Castro, a 18 anni, come Arnaldo Quintana.
– Celso Guanipa Castro, giornalista, associato al Centro Latinoamericano di Analisi Strategica (CLAE, www.estrategia.la)
foto di Mariana Serafini
27/07/2018
ALAI
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Celso Guanipa Castro, “Fin de la farsa: Fueron absueltos los campesinos de Curuguaty” pubblicato il 27-07-2018 in ALAI, su [https://www.alainet.org/es/articulo/194368] ultimo accesso 01-08-2018. |