Fu un’autentica e vera “rivoluzione mondiale”, come afferma Immanuel Wallerstein, perché cambiò il mondo in modo drastico e irreversibile. Il sociologo statunitense aggiunge, a modo di provocazione e polemica, che fu più importante anche delle due grandi rivoluzioni che tutti ricordiamo: la francese e la russa.
Questo modo di mettere a confronto i fatti storici sfida, certamente, il senso comune delle sinistre e delle accademie. Ma quello è, giustamente, il punto forte del pensiero critico; la capacità di sfidare le convenzioni stabilite, le inerzie e il pensiero comodo, come dichiarano gli zapatisti.
Nonostante ciò, quando parliamo dei fatti del 1968 possiamo dimostrare che il fuoco appare legato alle manifestazioni di Parigi, dove milioni di giovani (studenti ma anche operai), sfidarono le autorità: da quelle statali e universitarie fino alle dirigenze sindacali e a quelle dell’onnipotente Partito Comunista.
Sfidarono anche il patriarcato. O, meglio, furono i primi passi del lungo cammino delle donne e di coloro che vivono sessualità differenti da quelle egemoniche, nella decostruzione del sistema patriarcale.
Il 1968 fu una rivoluzione politica, culturale, sociale. Che ebbe un impatto nella vita quotidiana introducendo modi di vivere nuovi, che molto presto presero corpo tra i giovani.
Dovremmo, tuttavia, ampliare lo sguardo per includere non solo quanto successo quell’anno, ora si tratta di un processo iniziato tempo addietro e che continuò per alcuni anni. Ma, soprattutto, dobbiamo andare più in là dei fatti parigini ed europei e includere tutto il mondo, con le sue specificità.
Le lotte studentesche messicane e il massacro di Tlatelolco fanno parte dell’immaginario collettivo di quell’anno, forse per la brutalità del regime che inviò carri armati e paramilitari contro i giovani, e per la vicinanza con i Giochi Olimpici.
Manca di porre lo sguardo su fatti non meno rilevanti. La fondazione del Partito dei Poveri data dal 1967, ad opera del professore della Scuola Normale Rurale di Ayotzinapa, Lucio Cabañas. Nella medesima genealogia, anche se a mala pena precedente, dovrebbe essere collocata la prima azione importante della guerriglia messicana, l’assalto alla caserma di Madera, nel Chihuahua, da parte di contadini, studenti e professori normalisti del Gruppo Popolare Guerrigliero, il 23 settembre 1965.
Ricordare la brutalità del regime, che anticipava altre della medesima risma, esibendo a modo di monito i cadaveri dei guerriglieri su un camion attraverso la città.
Considerare anche l’offensiva del Tet, in Vietnam, contro l’occupazione militare degli Stati Uniti, che provocò una svolta nella guerra. L’offensiva riuscì a mostrare le debolezze militari e politiche dell’esercito più potente del mondo, che giunse ad avere mezzo milione di soldati in Vietnam. I comunisti vietnamiti ebbero 50 mila caduti e non riuscirono a liberare per lungo tempo nessuna città, ma crearono le condizioni per la prima sconfitta militare nella storia dell’impero.
In America Latina, la rivoluzione del 1968 provocò cambiamenti politici di lunga durata. L’insurrezione degli operai industriali e degli studenti nella città di Córdoba (Argentina), conosciuta come Cordobazo, fece crollare il governo militare di Juan Carlos Onganía. Mostrò che le dittature potevano essere sfidate e sconfitte nelle strade, giacché i manifestanti misero in fuga i poliziotti e ripiegarono solo di fronte all’apparizione dell’esercito.
Si generò un ciclo di lotte che in quasi tutti i paesi poté essere frenato solo con colpi di stato. Nel decennio del 1970 la maggior parte dei paesi sudamericani hanno regimi militari, che nemmeno poterono impedire l’attivismo dei movimenti popolari.
Quando commemoriamo il 1968, dobbiamo non solo focalizzarci su quello che successe nei grandi viali, ma soprattutto sulle relazioni sociali nella vita quotidiana, sui legami tra maschi e donne, tra giovani e adulti, tra operai e padroni, tra popoli e governanti. In quegli anni cominciarono ad aprirsi crepe nella dominazione, si crearono le grandi organizzazioni che oggi sono nella prima fila delle lotte e quelli più in basso (donne, indigeni, neri) accelerarono i loro movimenti … fino ad oggi.
15 gennaio 2018
Desinformémonos
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Raúl Zibechi, “Medio siglo de la revolución de 1968” pubblicato il 15-01-2018 Desinformémonos, su [https://desinformemonos.org/medio-siglo-la-revolucion-1968/] ultimo accesso 28-01-2018. |