Al di là dell’autoritarismo elettorale in Nicaragua


Umanzor López Baltodano

Alcuni mesi fa il regime Ortega-Murillo ha attraversato, senza rimorsi né ambiguità il Rubicone, andando molto più in là dell’Autoritarismo Elettorale.

Che da quasi un decennio le elezioni in Nicaragua non comportino la possibilità di eleggere e mandar via liberamente cariche pubbliche è un fatto abbastanza incontestabile. Nonostante ciò, questo non vuol dire che il valore politico delle elezioni dall’arrivo di Daniel Ortega al potere fino al giorno d’oggi sia stato esattamente lo stesso. Dalla mia prospettiva, le recenti elezioni municipali certificano che il regime ha chiuso definitivamente la sua fase di “Autoritarismo Elettorale”, e che ciò che ci aspetta può essere molto pericoloso.

Che significa Autoritarismo Elettorale? Questo quadro concettuale (Schedler, 2006) vuole mirare a come i regimi autoritari usano determinate istituzioni democratiche -specialmente le elezioni- come un facciata. È da notare come questa prospettiva enfatizzi che il regime è primordialmente autoritario e non solo una “democrazia imperfetta”, un “populismo responsabile” o “democrazia autoritaria”; tutti appellativi amabili usati alcune volte per far riferimento al regime Ortega-Murillo.

In breve, secondo l’Autoritarismo Elettorale, le elezioni sono:

1. Periodiche.

2. Inclusive (a suffragio universale).

3. Minimamente pluraliste (l’opposizione principale può presentarsi).

4. Minimamente competitive (l’opposizione, anche se non può ottenere i posti più importanti, ottiene quote di potere – deputati, sindaci, ecc.).

5. Minimamente aperte (la repressione ci può essere, ma è ridotta).

6. Controllate e manipolate dal regime.

È importante ribadire che questo tipo di elezioni, anche se non permettono il cambio di regime, non sono meramente decorative o un rituale di acclamazione verso il leader. In questo contesto le elezioni sono costitutive del gioco politico e servono da strumento al governante: lo aiuta a mantenere in riga i gruppi di potere attraverso la ripartizione di incarichi e prebende, indicano alle élite economiche e militari che i loro interessi sono difesi meglio dallo status quo, e gli permettono di conoscere dove incontra la simpatia o il rifiuto della popolazione. Alla fine, la celebrazione di elezioni in queste condizioni minime permette al governante di mantenere un certo grado di legittimità e sostegno esterno con l’apparenza che il regime si mantiene, fino ad un certo punto, attraverso la volontà popolare.

Tutto quanto sopra può essere detto delle elezioni in Nicaragua da quando Ortega è tornato al potere fino all’anticamera delle elezioni del 2016. Prima di quel Novembre le elezioni sono state periodiche, l’opposizione si è sempre presentata e ha chiamato la popolazione alle urne, ha ottenuto ed esercitato posti nei municipi, nell’Assemblea e in altre istituzioni, ecc. Tutto quello, in un contesto di controllo assoluto del processo elettorale da parte del regime e di una minima legittimità per le élite e le potenze estere. In questo senso, il periodo 2007-2016 in Nicaragua può essere considerato come una chiara fase di Autoritarismo Elettorale.

Come sappiamo già, molti avvenimenti hanno fatto sì che le lezioni dell’anno passato lasciassero intravedere il cambio di natura del sistema. Tra alcuni di questi avvenimenti si trova la riforma della Costituzione e la candidatura di Rosario Murillo come Vicepresidente. Nonostante ciò, a seguito di questa esposizione, ha avuto più rilevanza l’assenza di un minimo pluralismo e di competizione elettorale con partiti dell’opposizione. All’inizio, l’opposizione -seguendo il suo abituale tono- ha voluto presentarsi alle elezioni, ha proposto i propri candidati e ha fatto appello a partecipare alla corsa elettorale, ma è stata immediatamente e sorprendentemente esclusa, e i suoi deputati eletti espulsi dalle istituzioni. Le porte ad un autoritarismo senza aggettivi sono rimaste aperte senza ostacoli.

Proprio per la sfacciata evidenza dell’involuzione del regime, dalla passata elezione Ortega si è visto sottoposto a molte pressioni interne (movimenti sociali e alcune fazioni delle élite economiche) ed esterne (Nica Act). Farebbe il regime Ortega-Murillo un passo indietro per truccare la propria natura attraverso delle elezioni municipali minimamente democratiche?

Oggigiorno i nicaraguensi constatano che non c’è stato un passo indietro né un possibile maquillage. Anche se la presenza di una svalutata presenza di osservatori dell’OEA vuol rafforzare un argomento di legittimità e trasparenza, impedire la partecipazione della riconosciuta opposizione interna ed esterna impedisce di rendere effettiva una qualsiasi sfumatura; lo sfacciato uso delle risorse dello stato per intimidire, sottomettere e manipolare, elimina ogni dubbio. Se quanto sopra fosse poco, le notizie di gravi feriti e di morti nella giornata elettorale ci mostrano senza simulazioni dei denti del lupo: il regime Ortega-Murillo da mesi ha intenzionalmente attraversato, senza rimorsi né ambiguità il Rubicone, andando molto più in là dell’Autoritarismo Elettorale.

9 novembre 2017

Desinformémonos

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Umanzor López BaltodanoMás allá del Autoritarismo Electoral en Nicaragua” pubblicato il 09-11-2017 in Desinformémonossu [https://desinformemonos.org/mas-alla-del-autoritarismo-electoral-nicaragua/?platform=hootsuite] ultimo accesso 13-11-2017.

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