Antonio García, ELN: “Continuiamo ad essere un’organizzazione sollevata in armi”


L’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) della Colombia, attualmente, è la forza guerrigliera attiva più antica dell’America Latina, e forse del mondo.

Antonio García*, membro del Comando Centrale (COCE) e secondo comandante dell’organizzazione, parla in esclusiva per Marcha ed El Furgón della mancanza di fiducia che attraversa il negoziato di pace con il governo, dell’attualità della lotta armata, delle loro relazioni con altre organizzazioni clandestine del Latinoamerica, delle basi militari degli Stati Uniti e del loro modo di agire “per far tornare indietro i processi di cambiamento che ancora persistono in questa parte del mondo”.

L’ELN, nel suo V Congresso, ha puntualizzato che le ingiustizie strutturali che hanno dato origine alla lotta armata sono ancora vigenti e che loro si avvicinerebbero al negoziato di pace in modo esploratorio, senza l’impegno di abbandonare le armi e proponendo la necessità di cambiamenti strutturali. Crede che potrete effettivamente trovare degli accordi con il governo di Santos, o con uno successivo che allo stesso modo rappresenta le classi dominanti alleate degli interessi nordamericani?

Il governo voleva che fin dall’inizio dei colloqui l’ELN dicesse o si impegnasse ad abbandonare le armi, e che se così fosse anche il governo potrebbe aprirsi a considerare alcuni cambiamenti, ma il governo pone alcuni di questi cambiamenti come inamovibili, all’inizio si chiede alla guerriglia di consegnare la propria condizione di ribelle sollevato in armi in cambio di alcune promesse. L’ELN ha risposto al governo allo stesso modo. Il governo sta parlando su un terreno ipotetico, guardate ciò che è avvenuto con le FARC, dopo aver concordato tutto, l’istituzione ha introdotto delle modifiche a quanto già concordato.

Per questo nell’Agenda concordata con l’ELN c’è il tema delle armi, lì c’è scritto che si parlerà del tema delle armi, allo stesso modo e con la stessa profondità con cui il governo è disposto a conversare su gli altri temi segnalati nell’Agenda. L’ELN non può né deve dire che parlerà dell’abbandono delle armi, dato che all’inizio è come se dicesse che non vede un futuro alla propria lotta, fino a quel momento continuiamo ad essere un’organizzazione sollevata in armi, ed è in questa condizione che realizzeremo tutto il corso delle conversazioni.

Crede che la lotta armata abbia la possibilità di continuare ad essere considerata una strada di liberazione in un’America Latina che, come l’ELN segnala riguardo la Colombia, mantiene intatte le proprie cause strutturali di ingiustizia? Il comandante Uriel, del Fronte di Guerra Occidentale della sua organizzazione, ha recentemente dichiarato la propria sfiducia che i padroni del potere rispettino i loro impegni con la pace.

Ciò che esprime il comandante Uriel è il punto di vista dell’ELN. Fino a questo momento quel che il governo di Santos ha mostrato è il proprio interesse a che la guerriglia si smobiliti e si disarmi, non del perché il paese debba cambiare o in che modo questi governi debbano migliorare la vita delle persone umili.

D’altra parte, neppure hanno potuto organizzare gli accampamenti dove le FARC devono concentrarsi, e questo è ciò che motiva il governo, bisognerà vedere come saranno rispettati gli accordi. Nel caso del processo con l’ELN, non abbiamo ancora iniziato a discutere i temi dell’agenda, e i tempi li ha sempre dati il governo, di questo l’ELN ne sa già abbastanza, quando vuole porre delle condizioni unilaterali le pone e non sono tali le sue urgenze. Se non considerassimo che ci sono delle possibilità non saremmo sollevati in armi, è una decisione nostra e sovrana, e ciascun popolo ha il diritto di scegliere il percorso che stima conveniente.

I trionfi di Hugo Chávez e dei progetti alternativi al neoliberalismo in Bolivia, Ecuador, Argentina e Brasile sembra che abbiano segnato una tattica di accesso al governo per la sinistra continentale attraverso vie democratiche ed elettorali. Perché la sua organizzazione, già 15 anni fa quando questi processi erano al loro culmine, non decise di trasformarsi in una forza politica elettorale e di abbandonare le armi?

Questi trionfi elettorali non sono avvenuti da soli, sono stati preceduti da governi di taglio neoliberale che hanno portato profonde crisi sociali e politiche, e sono caduti in un profondo discredito per corruzione e assenza di soluzioni ai problemi della popolazione. In questo contesto ci sono state giornate di protesta sociale che hanno evidenziato la crisi del modello economico e, pertanto, dei suoi governi e partiti.

In quei momenti, la Colombia attraversava la sbornia paramilitare, quando settori dell’oligarchia scommisero su questo esperimento, che era la via per consolidare il modello neoliberale, tanto nel campo come nella città. Il paramilitarismo compiva il ruolo di annichilire le forze sociali che si opponevano al governo e al regime, ma allo stesso tempo portò a termine la controriforma agraria attraverso il saccheggio, aiutando così a consolidare il potere economico e politico dell’uribismo. In questo modo si aprì il cammino all’attuale regime, che fu iniziato da Uribe, detto governo arrivò con l’idea di mettere fine alla guerriglia in 18 mesi, meta che con il suo piano di guerra non poté realizzare durante i due governi. Come si può vedere ci furono distinte circostanze politiche, ma nell’ambito di un medesimo modello economico. In quelle circostanze di guerra, la guerriglia colombiana e in particolare l’ELN, ridisegnò la propria strategia di resistenza integrale sia nel campo politico che nel militare.

La Colombia conta su un regime formalmente democratico, anche se questo non impedisce che ci siano i più alti indici di violenza del continente contro il movimento sociale e popolare. Crede che questa realtà colombiana possa essere un modello che attueranno le nuove destre del continente?

La formalità di una democrazia non può essere misurata per il fatto che si effettuano alcune elezioni, dato che in quelle chi ha denaro e può comprare voti, ha maggiori opzioni di vincere. Anche la medesima formalità della democrazia deve fare riferimento all’equità sociale, al rispetto dei diritti umani. Noi preferiamo dire che in Colombia c’è assenza di democrazia, non parliamo neppure di apertura democratica, ma è necessario un integrale processo di democratizzazione. Non è giusto parlare di copie nel campo delle esperienze nella costruzione delle società. Nel caso in cui dovessi dare dei suggerimenti, preferirei farlo mettendo in evidenza l’esperienza di lotta e resistenza che ha dovuto vivere il popolo e di quelli di noi che si sono sollevati in ribellione per trasformare i regimi ingiusti e antidemocratici.

L’ELN ha contatti con altri gruppi clandestini o organizzazioni armate in America Latina?

Per nessuno è un segreto che i processi di ribellione armata si tramano in silenzio, che possono durare anni e anche decenni percorrendo selve e strade, sono forze che camminano senza che nessuno le veda e dopo arrivano i tempi dei vulcani con le loro eruzioni. Abbiamo conosciuto il grosso della dirigenza guerrigliera dell’America Latina dei decenni dei 70, 80 e 90, ma anche il nuovo che si è andato formando parallelamente a questi processi e gli altri nuovi punti di vista indipendenti. Alcuni si vedono e altri no.

Di quando in quando la nostra gente si incontra, ci scambiamo in un quadro di grande rispetto, cerchiamo sempre di apprendere dagli altri, più che insegnare, tutti loro mantengono le proprie speranze di vedere i propri paesi liberi e sovrani, con equità sociale e vera democrazia protagonista, che si allontani dal disastro neoliberale. È in costruzione un’agenda politica molto legata ai processi sociali, ad una orizzontalità che parte dalla base, che riscatti la sua partecipazione da protagonista, con nuovi paradigmi ecologici, ambientali, di genere, etici. Non si ignorano gli apporti e le ricerche dei governi che vengono menzionati, ma vogliono riscattare la forza dell’organizzazione sociale dalla base per dare una maggiore capacità di resistenza, per rovesciare la piramide della politica: più partecipazione della base nel prendere decisioni.

Le basi militari degli Stati Uniti si contano a decine in America Latina, e in Colombia si trova la maggiore concentrazione militare nordamericana del continente. Crede che gli Stati Uniti potranno ricorrere a quelle in prossime congiunture di crisi o per fronteggiare processi di cambiamento?

Non sono solo l’America Latina o la Colombia gli unici territori in cui ci sono interventi militari da parte degli Stati Unici, ma è il mondo intero. Per questo ci sono le centinaia di basi militari disseminate per il pianeta, i suoi commando e le sue flotte che si ripartiscono il controllo dei continenti; non lo possono fare più come alcuni anni fa, ma lo continuano a fare. Attualmente stanno agendo con intensità per far tornare indietro i processi di cambiamento che ancora ci sono in questa parte del mondo, e ora con un presidente Repubblicano che se ne esce dai gangheri, ci si può aspettare qualsiasi follia. Ma la lotta continua e tutto dipenderà dalla capacità dei governi e della loro popolazione nell’organizzare la resistenza.

Da un’altra parte, le Forze Armate dello stato colombiano hanno realizzato una profonda revisione e aggiornamento della propria Dottrina Militare, qui diventano chiari i suoi obiettivi per questi prossimi 30 anni, progettando di trasformarsi in una “guida” militare per la regione, dentro un’alleanza strategica con gli Stati Uniti all’interno della dottrina di Azione Unificata, cercando di standardizzare le strutture, la visione operativa e, pertanto, gli obiettivi nella geopolitica continentale e mondiale mano nella mano con le truppe della NATO. La sua visione di ingerenza diventa chiara in detta dottrina, poiché segnala di aver la capacità di realizzare operazioni dentro e fuori il territorio nazionale, di entrare ed uscire in qualsiasi territorio, di proteggere il terreno e mantenersi lì fino a far cambiare le circostanze. Queste sono le maggiori parole. Possiamo dire che le Forze Armate colombiane sono un grande operatore dell’impero americano. L’instabilità politica che oggi vive il continente camminerà dando la mano a questa visione di dominio militare dell’oligarchia colombiana.

* “Antonio García” (Mocoa, 1956) è il nome che adottò al suo ingresso nell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) della Colombia. Prima di unirsi alla guerriglia fu docente di scuola primaria e studente di Ingegneria Elettrica nell’Università Industriale di Santander (UIS). Attualmente fa parte del massimo organo dell’organizzazione, il Comando Centrale (COCE).

28 marzo 2017

Marcha

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Antonio GarcíaAntonio García, ELN: “Seguimos siendo una organización alzada en armas”” pubblicato il 28-03-2017 in Marchasu [http://www.marcha.org.ar/34903-2/] ultimo accesso 03-04-2017.

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