Nel Catatumbo la storia non può tornare a ripetersi


Gabriel Becerra Y.

Mentre nei grandi mezzi di comunicazione il Ministro della Difesa, la Cancelliera e il Generale Jaime Carvajal -comandante della seconda divisione dell’Esercito colombiano- negavano le denunce dei contadini organizzati del Catatumbo, dal Venezuela un comunicato ufficiale dell’Agenzia per i Rifugiati dell’ONU -datato 14 febbraio- affermava quanto segue:

“Dallo scorso 11 febbraio un gruppo di persone ha attraversato la frontiera in cerca di protezione dal settore La Gabarra, nel Norte de Santander, Colombia, verso il settore “El Cruce”, municipio Jesús María Semprún, stato dello Zulia, Venezuela. Queste persone, che in maggioranza sono arrivate attraverso il fiume Catatumbo, dichiarano la paura di persecuzione per le minacce di presunti gruppi armati illegali che volevano entrare nella zona dopo il processo di smobilitazione delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC)”.

Poiché un’agenzia dell’ONU non si presterebbe ad un inganno, è indiscutibile che un numero di circa 400 contadini si sono visti obbligati ad attraversare la frontiera verso il Venezuela intimoriti dal ritorno di gruppi paramilitari in questa strategica subregione colombiana. Questo secondo gli ultimi rapporti ricevuti domenica 19 febbraio da parte del Fronte Frontaliero per la Pace.

Alti funzionari del governo, coscientemente o inconsciamente, dimenticano che dal 1999 questa regione ha subito uno dei capitoli più sanguinosi del terrore paramilitare in Colombia. Secondo il sito verdadabierta.com nel periodo di cinque anni, tra il 1999 e il 2005, furono assassinate 13.919 persone. I responsabili di queste morti selettive, massacri, smembramenti e scomparse furono i gruppi paramilitari che contavano sulla collaborazione diretta o indiretta dell’Esercito che beneficiava anche di queste azioni di terrore mediante esecuzioni extra-giudiziarie di innocenti che gli permetteva di dimostrare risultati operativi.

È impossibile che le comunità del Catatumbo non reagiscano con veemenza e grande preoccupazione sentendo che fatti simili a quelli di quell’epoca possano tornare a ripetersi; ancor di più quando si presume che con il processo di abbandono delle armi da parte della guerriglia l’obiettivo è il contrario: scacciare definitivamente la violenza e garantire investimenti sociali e sviluppo per la regione.

Tra il 17 e il 19 febbraio sul posto è stata effettuata la visita della commissione di verifica straordinaria che è stata convocata dall’Associazione Contadina del Catatumbo (ASCAMCAT), dal popolo indigeno Barí, dal Comitato di Integrazione Sociale del Catatumbo (CISCA), dall’Associazione Collettivo di Avvocati Luis Carlos Pérez, dall’Associazione per la Difesa dei Diritti Umani (CREDHOS), dal CPDH, tra le varie organizzazioni. C’è stato anche l’accompagnamento del senatore Alberto Castilla e dei delegati dell’Unione Patriottica e del Partito Comunista Colombiano. Così si è potuta constatare e documentare la validità delle denunce dei contadini e degli indigeni, in un giro che ha incluso anche la visita alle frazioni Caño Tomás, Las Timbas, El 40, al settore La Gabarra e all’accampamento umanitario a Caño Indio.

Né i contadini della regione, né il popolo indigeno Barí stanno mentendo. Uomo armati con indumenti riservati alle Forze Militari si trovano nella regione e, secondo le informazioni che sono arrivate ai contadini, sono “para” che lasceranno lavorare ma a chi non lavorerà per loro, lo uccidono. La risposta del Governo non può essere di chiamare allarmisti o bugiardi i contadini, né di concentrarsi in più militarizzazione del territorio come è stato annunciato dal Ministero della Difesa che prevede di aumentare da 6.300 a 8.500 gli uomini in divisa nella regione per rafforzare le forze speciali e il battaglione antidroga. Più presenza militare, che continua ad essere vista dalle comunità con sfiducia, si chiede lo smantellamento del paramilitarismo e la validità dei programmi statali che aiutino a superare la povertà strutturale e a rendere reale la sostituzione delle coltivazioni dichiarate illecite.

In un’assemblea contadina è stata fatta conoscere una prima versione del rapporto della commissione che sarà consegnato alla comunità nazionale e internazionale. Lì si è approvato, oltre ad altre misure, di convocare ad una riunione di emergenza tutte le autorità della regione con un invito speciale alla Commissione di Osservazione, Promozione e Verifica dell’Applicazione dell’Accordo Finale e alla Commissione Nazionale di Garanzia della Sicurezza e della Non Ripetizione, e ai responsabili di accogliere le varie denunce secondo l’Accordo di Pace; allo stesso tempo saranno invitate la Commissione di Pace del Congresso della Repubblica e le organizzazioni che possono accogliere le denunce, offrire immediate misure di sicurezza e definire un percorso concreto per l’applicazione degli accordi, specialmente per quanto riguarda i programmi di sostituzione delle coltivazioni di uso illecito e la Riforma Rurale Integrale.

Ciò che sta vivendo il ceto contadino e il popolo indigeno del Catatumbo può essere riassunto con le parole del presidente di una delle Giunte Amministrative Locali della regione durante una delle assemblee: “Questa volta non ce ne andremo correndo, questa volta resisteremo, la storia non può tornare a ripetersi”.

21-02-2017

Agencia Prensa Rural

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Gabriel Becerra Y.La historia no se puede volver a repetir en El Catatumbo” pubblicato il 21-02-2017 in Agencia Prensa Ruralsu [http://prensarural.org/spip/spip.php?article21053] ultimo accesso 01-03-2017.

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