Dalla repressione di massa all’eliminazione selettiva


Raúl Zibechi

Quando lo scomparso subcomandante insorto Marcos formulò la sua tesi della Quarta Guerra Mondiale, in una data così precoce come il 1999, non stava solo anticipando quello che sarebbe successo negli anni seguenti in Messico ma anche in tutto il mondo. La tesi zapatista ha il vantaggio sulle altre formulazioni, in particolare “l’accumulazione per saccheggio”, di dare una spiegazione completa e non solo economica dell’attuale realtà del capitalismo.

“Ora il nemico è l’umanità”, ha detto Marcos, spiegando come in questa nuova guerra il capitale consideri i popoli come un impiccio nel momento in cui si appropria della vita: l’acqua, la biodiversità, la natura, tutto quello di cui ha bisogno per continuare a dominare il pianeta.

Il recente assassinio di Berta Cáceres può iscriversi in questa tremenda logica di guerra contro l’umanità. Il suo delitto, dal punto di vista del capitale, è stato quello di essere riuscita a fermare la costruzione della diga di Agua Zarca che stava per essere realizzata dalla maggiore impresa idroelettrica cinese, Sinohydro Corporation, insieme alla locale impresa costruttrice DESA. Nel  2013 la transnazionale cinese ha abbandonato l’opera “adducendo la continua e persistente resistenza comunitaria”, secondo Francesca Gargallo (Desdeabajo, 5 marzo 2016).

Non è una casualità che sua figlia, Berta Isabel Zúñiga Cáceres, abbia incolpato la DESA dell’assassinio di sua madre. Il fatto è che Berta si era trasformata in un referente degli altri popoli, non solo in Honduras, che lottano per fermare la Quarta Guerra Mondiale. “Hanno ucciso Berta perché la temevano e il potere odia chi gli fa temere che la sua incessante produttività possa essere bloccata”, ha scritto la Gargallo. Le hanno sparato “dopo” la prima giornata di un forum sulle energie alternative secondo la visione indigena”.

È stato un crimine delle multinazionali. Le ragioni sono in vista. “La crisi climatica del XXI secolo è stata causata in grande misura da solo 90 compagnie”, scrive John Saxe-Fernández (La Jornada, 3 marzo 2016). Aggiunge che la metà dei gas ad effetto serra prodotti da quando è cominciata la rivoluzione industriale, sono stati prodotti negli ultimi 25 anni e che “dagli anni 70 le grandi imprese petrolifere guidate dalla Exxon sono state avvertite dai loro ricercatori del rischio dei gas ad effetto serra”.

Il dato non è minore, perché poco a poco stanno sorgendo prove che confermano che da molto tempo le grandi imprese sapevano delle conseguenze delle loro azioni. Per questo, si deve parlare di un genocidio pianificato e premeditato. Da un punto di vista etico, non ci possiamo sorprendere che amministratori che sono disposti a uccidere in questo modo le popolazioni abbiano il minimo rimorso al momento di promuovere crimini come quello di Berta.

Negli ultimi tempi le modalità di repressione sono andate cambiando. Gargallo denuncia che “in due anni sono stati assassinati 300 ambientalisti, la maggioranza di loro indigeni”. A questo punto c’è una combinazione di repressione di massa contro la popolazione e selettiva contro i dirigenti. In questo modo i gestori della repressione puntano su due direzioni per annichilire le resistenze.

In Colombia assistiamo ad un permanente stillicidio di omicidi di dirigenti indigeni e sociali, una vecchia pratica che si combina con la repressione di massa, che oggi è diminuita anche se permane latente e si riattiva quando si acutizzano i conflitti. In Perù la lotta contro le imprese minerarie è riuscita a paralizzare o a rallentare una dozzina di progetti. Fino a pochi anni fa, la repressione era di massa con la dichiarazione dello stato di emergenza da parte del governo di Ollanta Humala. Ma negli ultimi mesi assistiamo, anche, all’assassinio di noti dirigenti locali in quella che può essere la riedizione di una tattica antipopolare applicata durante la guerra interna.

La seconda questione che merita di essere sottolineata, è il ruolo delle multinazionali nei crimini. L’intervento di queste imprese abbraccia un ampio spettro: dalla “azione sociale” alla messa sotto processo della protesta sociale; dalla violenza verso gli ambientalisti fino alla persecuzione dei dirigenti. Milton Sánchez, dirigente della resistenza, a Celendín (Cajamarca, Perù), alla miniera d’oro Conga, ha detto durante un recente incontro a Cusco: “Ci governano le imprese che hanno catturato lo stato”.

A questo punto, dobbiamo constatare che le più diverse multinazionali agiscono allo stesso modo, siano canadesi o degli Stati Uniti, di provenienza cinese o brasiliana. Due mesi fa è avvenuto l’assassinio di un dirigente che si opponeva alla costruzione di dighe idroelettriche sul fiume Marañón (nord del Perù) per opera dell’impresa costruttrice Odebrecht, la stessa che in questo momento viene indagata in Brasile per lo storno del denaro della Petrobras.

Forse è una prova definitiva che le multinazionali dei cosiddetti “paesi emergenti” non sono per nulla differenti da quelle che provengono dai paesi imperialisti. Le une e le altre fanno parte della Quarta Guerra Mondiale contro l’umanità.

7 marzo 2016

Desinformémonos

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Raúl Zibechi, “De la represión masiva a la eliminación selectiva” pubblicato il 07-02-2016 in Desinformémonossu [http://desinformemonos.org.mx/de-la-represion-masiva-a-la-eliminacion-selectiva/] ultimo accesso 12-03-2016.

 

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