Li hanno liberati nella notte, come per non farli vedere da nessuno. Non un giorno qualsiasi, ma il 26, quando sono 16 mesi dall’attacco ai normalisti di Ayotzinapa. Il freddo della notte di gennaio era intenso.
L’emozione era evidente al portone del Penale Mil Cumbres, dove decine di familiari e amici li aspettavano, insieme ai compagni e ai maestri del Coordinamento dei Lavoratori dell’Educazione.
“Più che un trionfo politico, la loro liberazione è un atto di giustizia che viene fatto ai ragazzi, avendoli resi responsabili di qualcosa che non avevano fatto”, ha detto a Quadratín Michoacán l’avvocato degli studenti, Féliz Pérez Lobato.
I 30 studenti sono usciti camminando lentamente per incontrarsi di nuovo con i propri familiari, con i capelli rasati per i 57 giorni in cui sono stati tenuti ingiustamente in prigione. Senza elementi. Così ha inteso il giudice, il cui nome non è stato riportato dai giornalisti della stampa locale, e che li ha liberati per mancanza di prove contro di loro.
I ragazzi sono usciti calmi, scortati da Alejandro Montiel, sottosegretario per la prevenzione e il reinserimento sociale della Segreteria per la Sicurezza Pubblica e da un nutrito gruppo di poliziotti. Fuori, gli applausi dei presenti hanno festeggiato come prima avevano protestato gridando “prigionieri politici libertà”. Prima di essere trasferiti a questo Penale situato nello loro stato, il Michoacán, i ragazzi erano stati dispersi, inviati a scontare la condanna nel nord del paese: sono stati un mese nel Penale di Alta Sicurezza di Hermosillo, Sonora. Erano stati arrestati nell’Autostrada Siglo XXI, il 7 dicembre 2015.
Fin dall’inizio, i loro familiari e compagni avevano denunciato la componente politica dell’arresto degli studenti, giacché fin da ottobre dell’anno scorso oltre alle loro lezioni regolari, facevano varie mobilitazioni contro l’applicazione del Piano Integrale di Diagnosi, Ridisegno e Rafforzamento delle Scuole Normali mentre veniva elaborato un progetto alternativo. Così come anche per protestare per i debiti che il governo dello stato ha con gli studenti della Normale Rurale Vasco de Quiroga di Tiripetío.
Due elementi giuridici sostengono la lettura che gli studenti siano stati criminalizzati:
Da un lato, il fatto che i 30 maschi erano stati arrestati insieme a 22 donne, anche loro normaliste. Tutti, i 52, furono accusati degli stessi reati di diritto comune e federale. Ma le ragazze furono liberate a metà dicembre. Anche loro erano recluse fuori dal Michoacán, nel Penale Federale di Coatlán del Río, nel Morelos.
Dall’altro, i 52 normalisti erano accusati di violare la legge federale sulle armi da fuoco e sull’uso degli esplosivi. Suona evidente, ma la prova forte che aveva la giustizia per accusarli era una specie di molotov, che era stata fatta con una bottiglia di una bibita di una marca che nemmeno si vende nel Michoacán.
“Non possiamo dire che la lotta sia terminata, semplicemente termina un’altra fase di un processo che è stato giudicato e che ci ha portati ad una fase critica, con 52 famiglie che ad un certo punto si sono viste colpite, e tutto un movimento studentesco e docente che si è consolidato con un avvenimento così deplorevole come è stata la detenzione”, ha detto José Ortega Madrigal ai media fuori da Mil Cumbres.
Il Segretario Generale della XVIII Sezione della CNTE ha raccontato ai giornalisti Juan Pacheco e Leopoldo Hernández che: “questa è un’esperienza che ci obbliga a fare un’esame a fondo, ad intendere che solo coordinati, organizzati potremo evitare azioni come quella di oggi, ma non rinunciamo a nessuna forma di lotta. Ad un certo punto le nostre assemblee decideranno cos’è che avverrà, perché è a rischio la stabilità del lavoro di centinaia di migliaia di lavoratori ed è a rischio l’educazione pubblica”.
I ragazzi hanno concesso alcune parole, chiare e giuste, sul sopruso patito: “non abbiamo fatto nessuna cattiva azione. Ci penseremo dopo, come sempre: siamo studenti e continueremo a fare quello che vogliamo. Perché vogliamo essere dei maestri molto buoni, questa è la nostra meta, vigilare per il bene del paese”.
In compagnia sono andati fino al Centro Storico dove altra gente li aspettava fin dal tramonto del sole intorno ad un picchetto che i familiari avevano installato per chiedere la loro liberazione. Più di 50 giorni sono stati nell’Accampamento, nonostante la pioggia di critiche che imperversavano poiché lottavano per la liberazione dei propri figli. Prima di andarsene hanno pulito lo spazio.
Foto: El Pueblo, Media Indipendente
27 gennaio 2016
Desinformémonos
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Redacción Desinformémonos, “Los 30 Normalistas de Arteaga, Michoacán están libres” pubblicato il 27-01-2016 in Desinformémonos, su [http://desinformemonos.org.mx/los-30-normalistas-de-arteaga-michoacan-estan-libres/] ultimo accesso 29-01-2016. |