Il papa, all’Avana, non ha incontrato i mediatori delle Farc. La guerriglia marxista colombiana, impegnata nei dialoghi con il governo Santos per portare a soluzione politica il conflitto che dura da oltre cinquant’anni, aveva chiesto un incontro con Bergoglio. Il messaggio era stato trasmesso al presidente della Conferenza episcopale colombiana, Luis Augusto Castro, ma il Vaticano aveva subito fatto sapere che l’appuntamento non era stato previsto nell’agenda papale. Tuttavia, già il 15 giugno Bergoglio ha incontrato il presidente colombiano in Vaticano e gli ha offerto la mediazione della chiesa cattolica per avanzare nel processo di pace, in corso all’Avana dal 2012. E domenica il papa è entrato nel merito della questione, auspicando– nell’omelia più importante del suo viaggio — l’avvento di «una pace duratura» che metta fine «alla lunga notte di dolore e di violenza». Una pace da ottenere «nel rispetto del diritto nazionale e internazionale».
Parole che suonano come monito e avvertimento, affinché l’annunciato ritorno della guerriglia in politica non finisca come in passato: nel sangue e nella repressione. Nel paese dei paramilitari e della democrazia bloccata, gli spazi di agibilità politica in sicurezza restano infatti chiusi fin dall’uccisione del leader progressista Eliecer Gaitan, nel 1948. Perché la pace sia «duratura» non basta perciò un accordo scritto — avvertono le organizzazioni combattenti e quelle popolari — ma interventi strutturali che risolvano alla radice le cause che hanno provocato il conflitto armato. Storture evidenziate dalle cifre della disuguaglianza e dalla violenza in un paese che ospita 5 tra le 100 città più violente al mondo, conta 92.000 scomparsi, 6 milioni di sfollati, e ha costruito i falsi positivi (contadini o civili uccisi e fatti passare per «terroristi»). Il recente arresto del noto leader indigeno Feliciano Valencia, accusato di «terrorismo», si aggiunge alle costanti minacce e attentati contro gli attivisti per i diritti umani, contro gli esponenti della Union Patriotica e delle organizzazioni sociali come Marcia patriottica e Congresso dei popoli, che sostengono la soluzione politica.
Il 25 ottobre si svolgono le regionali e, per quella data, Santos vuole portare a casa un risultato. Per questo, il governo e la coalizione Unidad Nacional hanno presentato al Congresso un testo denominato «riforma costituzionale per la pace». Un atto legislativo che mira a porre le basi giuridiche per applicare gli accordi realizzati ai tavoli dell’Avana. Al presidente viene perciò concessa la prerogativa di emettere decreti per 90 giorni, prorogabili per altri 90. L’iniziale idea di Santos di sottoporre a referendum gli accordi è stata scartata, ma tantomeno è stata accettata la proposta delle Farc di indire un’assemblea costituente per definire i cambiamenti con la partecipazione ampia della popolazione.
Intanto, in Colombia, l’ex presidente Andrés Pastrana ha invitato i senatori a non permettere che il Congresso si comporti da «eunuco» nei confronti delle Farc e della riforma costituzionale, prevista per giugno del 2016. Santos — impegnato a Quito per risolvere la crisi di frontiera con il Venezuela — ha espresso apprezzamento per le parole del papa.
In serata, è arrivato il comunicato delle Farc dalle montagne di Colombia: indirizzato al “Caro Papa Francesco, fratello dei poveri, missionario di pace e concordia”
21.9.2015,
il manifesto
Geraldina Colotti, “Il papa: pace «duratura» con la guerriglia colombiana” pubblicato il 22-09-2015 in il manifesto, su [http://ilmanifesto.info/il-papa-pace-duratura-con-la-guerriglia/] ultimo accesso 23-09-2015. |