Honduras, la piazza preme


Geraldina Collotti

Tegucigalpa. Mandato di cattura per la vicepresidente del parlamento: corruzione di stato.

La magi­stra­tura hon­du­re­gna ha emesso un man­dato di cat­tura per la vice­pre­si­dente del par­la­mento, Lena Gutier­rez, e altre 15 per­sone, tutte accu­sate di frode all’interno del grande scan­dalo che inte­ressa l’Istituto hon­du­re­gno per la sicu­rezza sociale (Ihss). La prima udienza si terrà domani. Una vicenda che ha scosso la popo­la­zione e pro­vo­cato nume­rose mani­fe­sta­zioni. Ma eser­ci­tare il dis­senso, in Hon­du­ras, costa caro. Dome­nica, una mani­fe­sta­zione paci­fica orga­niz­zata dagli indi­gna­dos con­tro la cor­ru­zione e l’impunità è stata attac­cata dalle forze mili­tari e da mem­bri del par­tito di governo, il Par­tido Nacio­nal. Un gruppo di gio­vani, in scio­pero della fame da una set­ti­mana davanti al palazzo pre­si­den­ziale è stato aggre­dito a colpi di pie­tra e mal­me­nato mal­grado la pre­senza di difen­sori dei diritti umani.

Nono­stante il peri­colo, le mani­fe­sta­zioni per esi­gere una Com­mis­sione inter­na­zio­nale con­tro l’impunità con­ti­nuano. Il 26 luglio, gli indi­gna­dos hanno orga­niz­zato una fiac­co­lata, deno­mi­nata La mar­cia delle torce: una delle più grandi mai viste finora in Hon­du­ras, che ha por­tato al cul­mine una serie di pro­te­ste con­tro il governo del pre­si­dente Juan Orlando Her­nan­dez. Quest’ultimo ha chia­mato «al dia­logo» tutti i set­tori che lo con­te­stano, a seguito del­ grosso scan­dalo per cor­ru­zione che vede coin­volti i più alti ver­tici del potere.

Dome­nica scorsa, i mani­fe­stanti hanno sfi­lato per ricor­dare il 28 giu­gno del 2009, quando venne desti­tuito con un colpo di stato l’allora pre­si­dente Manuel Zelaya. Anche allora, si erano svolte mani­fe­sta­zioni in tutto il paese: per chie­dere il rien­tro di Zelaya, depor­tato in tutta fretta in Costa Rica dai mili­tari. I gol­pi­sti ave­vano anche inti­mi­dito gli amba­scia­tori di Vene­zuela, Cuba e Nica­ra­gua, tenen­doli seque­strati per ore. Nono­stante le sue posi­zioni mode­rate, Zelaya aveva com­messo “l’errore” di vol­gere lo sguardo alle alleanze soli­dali dell’America latina, gui­date da Cuba e Vene­zuela, e aveva indetto un refe­ren­dum non vin­co­lante per l’elezione di un’assemblea costituente.

La sera del “golpe isti­tu­zio­nale” — ordi­nato dalla Corte suprema – il Con­gresso dif­fonde un comu­ni­cato di rinun­cia a nome del pre­si­dente che, dal Costa Rica, smen­ti­sce. Il golpe è però senza ritorno e Zelaya è sosti­tuito dal pre­si­dente del Con­gresso, Roberto Miche­letti. Nono­stante la pre­senza dell’esercito nelle strade e la repres­sione che si sca­tena, sini­stra e movi­menti mobi­li­tano diversi set­tori sociali e indi­cono uno scio­pero gene­rale per chie­dere il ritorno del pre­si­dente legit­timo: otter­ranno solo la pro­messa che Miche­letti non rimarrà in carica oltre la sca­denza del man­dato di Zelaya, a gen­naio del 2010. Il ritorno delle destre riporta pesan­te­mente indie­tro l’orologio delle riforme avviate tra il 2006 e il 2009 dopo decenni di riven­di­ca­zioni. Con l’arrivo al governo di Zelaya, nel 2006, la disu­gua­glianza eco­no­mica aveva comin­ciato a ridursi. A par­tire dal 2010, disoc­cu­pa­zione e povertà estrema ripren­dono ad aumen­tare, al pari della cor­ru­zione e della violenza.

La suc­ces­siva ele­zione di Por­fi­rio Lobo, nel novem­bre del 2009, fa regi­strare un tasso di asten­sione di circa il 70%. Intanto, le orga­niz­za­zioni popo­lari denun­ciano il per­si­stere della repres­sione, l’assassinio dei lea­der, la repres­sione di sin­da­ca­li­sti e gior­na­li­sti. Cio­no­no­stante, le forze di oppo­si­zione si orga­niz­zano e si uni­scono. Dopo meno di due anni di vita, il Frente Nacio­nal dà vita al Par­tido Liber­tad y Refun­da­cion (Libre), un fronte ampio che in poco tempo si tra­sforma nella prima forza poli­tica elet­to­rale. A novem­bre del 2013, Libre can­dida alle pre­si­den­ziali Xio­mara Castro, moglie di Zelaya. Vince, però, Her­nan­dez, can­di­dato della destra per il Par­tido Nacio­nal. La sini­stra denun­cia bro­gli e vio­lenze, ma rico­no­sce i risultati.

Ora, dopo l’approvazione di una modi­fica alla costi­tu­zione, Her­nan­dez potrebbe anche rican­di­darsi: a meno che la piazza non lo mandi a casa. L’opposizione accusa il pre­si­dente di aver stor­nato fondi dell’Ihss per la pro­pria cam­pa­gna elet­to­rale. Nel 2014 si sco­pre che l’Istituto ha un buco di oltre 200 milioni di dol­lari: la cor­ru­zione a livello di governo non è più occul­ta­bile. Nel 2015, la magi­stra­tura arre­sta il diret­tore dell’Ihss insieme a otto mini­stri. Ini­ziano le fiac­co­late, sem­pre più vicine al palazzo presidenziale.

02.07.2015

il manifesto

Geraldina Collotti, Honduras, la piazza premepubblicato il 02-07-2015 in il manifesto, su [http://ilmanifesto.info/honduras-la-piazza-preme/] ultimo accesso 03-07-2015.

 

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