Il Perù di Tia Maria e quello di Hugo Blanco


Raúl Zibechi

La minaccia più pericolosa per l’acqua, la terra e i contadini del Perù viene dalle miniere a cielo aperto e dall’ideologia che ne sostiene il modello, l’estrattivismo (1). Non ha dubbi e lo spiega nell’intervista che trovate in fondo.

Anche perché, dice, all’epoca degli Incas e degli Aztechi l’oro si estraeva, scaldava e fondeva, poi sono arrivati gli Spagnoli e hanno cominciato a usare il mercurio, un metallo liquido che avvelena ancora oggi in ogni miniera del pianeta. Adesso poi, per estrarre un grammo d’oro, fanno esplodere quattro tonnellate di roccia. La realizzazione del progetto minerario Tia Maria (zia maria, ndt) nella Valle del Tambo, avversato da grandi lotte guidate dai contadini della regione di Arequipa, rappresenta in questo momento la battaglia decisiva contro le multinazionali dell’industria mineraria. Raúl Zibechi ci spiega perché quelli della Southern Copper considerano chi si oppone alla miniera un terrorista e los de abajo nemici da sterminare.

Dalla fine di marzo i contadini della provincia di Isly, nella regione di Arequipa (Perù meridionale), stanno affrontando una delle più potenti multinazionali minerarie, la Southern Copper, che pretende di aprire una miniera di rame nella valle del Tambo. In più di un mese, hanno ottenuto la solidarietà attiva dei lavoratori edili, degli insegnanti e della gente della Asociación de Urbanizaciones Populares de Arequipa (l’associazione dei quartieri popolari di Arequipa, ndt).

In Perù, quella della Southern Copper è una storia nera. Nel 1956 ha cominciato sfruttando a Toquepala una miniera a cielo aperto – il più grande giacimento di rame del paese – e nel 1960 ha costruito una raffineria ad Ilo, entrambe località che si trovano nel dipartimento di Moquegua, vicino ad Arequipa. Nel 1976 ha aperto una seconda miniera, ancora più grande, a Cuajone, nello stesso dipartimento. Per anni la Southern è stata il maggior contribuente del Perù.

Una recente inchiesta del giornale conservatore El Comercio, fervente sostenitore della miniera, riconosce che nella regione meridionale ancora molte persone conservano viva memoria delle enormi nubi nere che venivano emanate dalla raffineria, cosa che ha danneggiato l’immagine e la credibilità della multinazionale. “Quando negli anni Cinquanta la Southern ha iniziato ad operare, ha gravemente inquinato la costa con i suoi processi di fusione e la produzione di ganga [minerali di scarto, ndt] ” (El Comercio, 12 aprile 2015).

E’ da notare che la regione meridionale ha un importante valore strategico in quanto concentra importanti vie di comunicazione dell’Iniciativa para la Integración de la Infraestructura Regional Suramericana (Iirsa- Iniziativa per l’Integrazione delle Infrastrutture Regionali Sudamericane): in particolare l’asse Centrale Interoceanico e l’asse Perù-Brasile-Bolivia che, con la presenza di tre importanti porti (Ilo, Marcona e Matarani) e attraverso l’Autostrada Interoceanica, offrono alla produzione agricola e industriale brasiliana un veloce sbocco verso i mercati asiatici.

I lavori di esplorazione per la nuova miniera Tía María sono iniziati nel 1994 e nel 2007 la Southern (già nelle mani del Grupo México) ha annunciato il suo piano di investimenti. Fin dall’inizio, la popolazione si è opposta all’impresa – che prevede investimenti di 1.400 milioni di dollari nella prima fase – poichè si suppone che la miniera si servirà dell’acqua che viene utilizzata per l’agricoltura. Dal 2010 l’opposizione si è trasformata in un movimento permanente.

Il 16 marzo 2011, la popolazione è venuta a conoscenza, attraverso il Fronte di Difesa della Valle del Tambo, di un rapporto di impatto ambientale dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i Servizi e i Progetti che evidenziava la mancanza di uno studio idreogeologico della zona da parte della multinazionale. La risposta a questa beffa sono state grandi manifestazioni nelle quali si sono avuti tre morti e cinquanta feriti. Il governo ha respinto lo studio di impatto dell’impresa e il progetto è stato congelato.

Tuttavia nell’agosto 2014, il Ministero dell’Energia e delle Miniere ha approvato il secondo studio di impatto ambientale assicurando che le obiezioni fatte erano state superate. Questa decisione ha innescato l’attuale mobilitazione che ha l’appoggio dei tre sindaci della Valle del Tambo che partecipano attivamente alla protesta.

La società mineraria con sede in Messico si trova davanti a serie controversie. L’Agenzia per la Valutazione ed il Controllo Ambientale ha multato 14 volte la Southern Copper. Nel gennaio 2015, la Procura specializzata per le questioni ambientali ha chiesto di condannare l’amministratore delegato della Southern Perù, il messicano Óscar González Rocha, a due anni e mezzo di privazione della libertà e al pagamento di un risarcimento civile di un milione di dollari per il reato di inquinamento ambientale del mare di Ilo.

Il 23 marzo, all’inizio dello sciopero ad oltranza, il governo peruviano ha deciso di inviare nella Valle del Tambo duemila poliziotti che hanno già provocato un morto e decine di feriti. Julio Morriberón, responsabile delle Relazioni Istituzionali della Southern Copper, incaricato di andare a fare lavoro sul campo con gli agricoltori, ha detto che gli oppositori sono “terroristi anti-miniera”. Sebbene in seguito sia stato smentito dalla multinazionale, la campagna continua a crescere. Un ex membro del Congresso ha dichiarato che Marco Arana, dirigente della ONG anti-miniera Grufides, è il successore del senderista Abimael Guzmán.

Mentre il governo respinge la possibilità di fare una consultazione pubblica sulla miniera, i media vicini al potere ufficiale, sostengono che nella Valle del Tambo c’è una maggioranza silenziosa favorevole alla miniera che sarebbe sottomessa dalla minoranza. Il 26 aprile il quotidiano La República ha pubblicato un sondaggio nazionale dal quale risulta che il 51% della popolazione ritiene che “la gente ha ragione, il progetto provocherà inquinamento e che le azioni predisposte dalla miniera per evitarlo non sono sufficienti”, a fronte del 32% che si dice invece favorevole alla miniera. Di fronte alla resistenza popolare si prospettano tre importanti problemi.

Il primo è che il Perù non è un paese qualsiasi. È un elemento strategico nel controllo della regione sudamericana, tanto quanto la Colombia, adesso che il Pentagono non può contare sul Venezuela. Ha una lunga storia di lotte, ma anche di massacri e sterminii, compresa una guerra con 70 mila morti negli anni Novanta.

Secondo: l’attività mineraria non è un’attività qualsiasi, bensì quella che nel modello estrattivo ostenta il più alto livello di militarizzazione. Secondo l’Osservatorio dei Conflitti Minerari dell’America Latina, il Perù, assieme al Messico e al Cile, è il paese che concentra il maggior numero di conflitti minerari. Tra i grandi paesi della regione, [questi] sono i tre in cui il militarismo ha trasformato le comunità indigene, nere e meticce, rurali e urbane, in zone dove si impone lo stato di eccezione permanente.

Terzo: anche se la grande maggioranza della popolazione peruviana è contro il modello minerario, l’affermazione del responsabile della Southern Copper secondo cui gli oppositori all’industria mineraria sono terroristi, non è una gaffe isolata, bensì qualcosa che non va dimenticato: conserano “los de abajo” (quelli che stanno in basso), e non solo quelli che resistono, nemici da sterminare.

Note:

(1)   Nota della redazione sull’estrattivismo. Molto di più di un modello produttivo di sfruttamento intensivo delle risorse e di accumulazione del capitale, l’estrattivismo fa parte del complesso speculativo-finanziario che oggi domina il mondo. Ha l’effetto di un saccheggio: sta creando nuovi blocchi di potere, corrompe la politica, depreda l’ambiente e spezza i legami sociali. Da diversi anni, in America latina, il concetto di “estrattivismo” è oggetto di molte e vivaci discussioni. Nonostante il termine continui a essere escluso dal dizionario della Real Accademia della Lingua Spagnola, l’estrattivismo è una forma di accumulazione che affonda le sue radici nella conquista coloniale dell’America, dell’Asia e dell’Africa, dunque nel sistema capitalista, con l’idea che alcune regioni del pianeta dovessero limitarsi a estrarre e produrre materie da esportare verso le manifatture realizzate nel “primo mondo”. Nel corso dei secoli, però, le materie prime da “estrarre” hanno allargato a dismisura i propri confini prima alle foreste, poi alla fauna ittica e quindi all’agricoltura. Nella pratica, con l’estrattivismo si intende un processo di saccheggio coloniale neo-coloniale delle risorse “rinnovabili”, che rinnovabili non sono affatto. Raúl Zibechi è stato tra i primi a segnalare nell’estrattivismo dei governi progressisti latinoamericani una nuova fase del neoliberismo.

4 maggio 2015

Comune-info

Traduzione per Comune-info di Daniela Cavallo

Fonte: la Jornada

Traduzione di Daniela Cavallo:
Raúl Zibechi, “Il Perù di Tia Maria e quello di Hugo Blancopubblicato il 04-05-2015 in Comune-info, su [http://comune-info.net/2015/05/il-peru-di-tia-maria-e-quello-di-hugo-blanco/] ultimo accesso 05-05-2015.

 

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