In difesa dei movimenti sociali


Alfredo Rada Vélez

Alcune settimane fa, in attesa delle elezioni regionali, Samuel Doria Medina ha lanciato un avvertimento: “il regno dei movimenti sociali sta giungendo alla fine”. Così, questo rappresentante della borghesia, ha chiaramente identificato il suo nemico: il soggetto rivoluzionario che quindici anni fa ha dato alla luce questo processo di cambiamento e che oggi, in condizioni economiche e politiche sfavorevoli, continua a difenderlo proponendo la necessità di un suo approfondimento.

Dico quindici anni perché è una affermazione generalmente accettata che all’inizio dell’anno 2000, quando nella città di Cochabamba si formò il “Coordinamento di difesa dell’acqua e della vita”, sorgeva come la prima espressione strutturata dei settori urbano-popolari e contadini che nella guerra dell’acqua ottennero un trionfo contro il neoliberismo.

Questo nascente blocco sociale rivoluzionario successivamente cominciò ad espandersi verso l’occidente del paese e nell’ottobre del 2003, nella guerra del gas il cui epicentro fu la città di El Alto, ottenne una vittoria strategica mettendo fine al governo di Gonzalo Sánchez de Lozada. In quel momento, più che instaurarsi un’agenda denominata “di ottobre”, cominciò un processo costituente. Questo non lo intese Carlos Mesa, trasformato in presidente per successione costituzionale, che pensò che il suo lavoro fosse solo di amministrare la transizione verso nuove elezioni e non, come chiedeva il popolo, mettere in atto profonde riforme democratiche. Aggrappato al formalismo giuridico non poté convocare l’Assemblea Costituente e, sebbene realizzasse il referendum sul gas, non approfittò dell’enorme sostegno sociale alla nazionalizzazione, commettendo un errore madornale opponendosi alla nuova Legge sugli Idrocarburi, finalmente promulgata dal Congresso Nazionale nel maggio del 2005.

Allora i principali fattori di potere erano i movimenti sociali che chiedevano la nazionalizzazione del gas, l’Assemblea Costituente e una rivoluzione agraria, e i comitati civici che chiedevano le autonomie dipartimentali. Nelle elezioni di dicembre 2005, trionfò Evo Morales con un programma che trasformava queste richieste in politiche di governo, inserendo il processo autonomista nel processo costituente.

Così avvenne che dal 2006 al 2009 si manifestò tutta la potenza sociale trasformatrice dei movimenti sociali, appoggiando le iniziative governative di nazionalizzazione degli idrocarburi, redistribuzione comunitaria delle terre e buoni sociali, e portando avanti nell’Assemblea Costituente le riforme politico-statali. Il blocco conservatore, agendo attraverso i comitati civici e le prefetture della “mezza luna” cercò di bloccare queste trasformazioni; era l’epoca in cui la destra ricorreva a discorsi separatisti, regionalisti e razzisti che nel settembre del 2008 raggiunsero la loro espressione più cruenta con il massacro di Porvenir dove morirono 18 contadini pandini.

Questo ciclo di maggiore mobilitazione di massa nella nostra storia democratica, permise la trasformazione economica con il recupero delle risorse naturali, la rivoluzione politica con l’allontanamento delle tradizionali classi dominanti e la presa del potere delle nazionalità oppresse e delle classi sfruttate, così come la fondazione del nuovo Stato Plurinazionale, Comunitario e con Autonomie.

Nascita della Conalcam

Nel 2007 il Coordinamento Nazionale per il Cambiamento era stato costituito come una superstruttura politica formata dalle organizzazioni indigene e contadine, dallo strumento politico MAS – IPSP e dai gruppi masisti nell’assemblea legislativa e in quella costituente. Evo Morales, annunciando la sua creazione nel rapporto al Congresso del 22 gennaio 2007 affermò: “la Conalcam sarà la massima istanza di decisioni politiche, sarà al di sopra del gabinetto, per approfondire i cambiamenti”. Era una derivazione pratica del nuovo concetto di un governo dei movimenti sociali, nel contesto di un processo di trasformazioni i cui obiettivi programmatici e strategici, essendo democratici, vanno acquistando una proiezione rivoluzionaria per i metodi di azione di massa utilizzati per il loro conseguimento.

La Conalcam si rafforzò ancor di più nell’anno 2008 con la piena aggregazione della Centrale Operaia Boliviana. Fu nell’ottobre di quell’anno che tutte le organizzazioni indigene-operaie-popolari convocarono una enorme mobilitazione sociale chiedendo la convocazione del referendum costituzionale. In questa consultazione dell’inizio del 2009 fu approvata la nuova Costituzione con il 61% dei voti. Fu una vittoria strutturale, ratificata dopo nelle elezioni di dicembre 2009, nelle quali Evo stravinse con lo storico e forse irripetibile 64%.

Crepe e riorganizzazione

Dopo venne il riflusso con il quale cominciò a chiudersi il processo costituente. Fiduciose del trionfo, le moltitudini consegnarono il protagonismo ai propri dirigenti di partito e sindacali, mentre nel governo la tecno-burocrazia finì con il dominare nelle decisioni. Le conseguenze si videro nel dicembre del 2010 con il “gasolinazo”, un errore strategico il cui costo politico fu la rottura con la COB. Tempo dopo, la cattiva gestione del conflitto nel Tipnis ruppe anche il Patto di Unità, allontanando i dirigenti della Cidob e della Conamaq.

Anche scontrandosi nella palestra pubblica, i dirigenti contadini e indigeni coabitavano nella direzione del Fondo Indigeno, dedicandosi a gestire denaro e progetti. In un processo di svilimento interno, in alcune organizzazioni cominciarono a sorgere cricche corrotte, uno dei casi più gravi fu quello di El Alto, dove il sindaco Patna formò con i “dirigenti altegni” una rete che funzionò da base per prebende e che soffocava ogni iniziativa sorta dalla base comunale.

Comportò anni rivitalizzare la Conalcam. Alla fine del 2013, sconfitta l’ultrasinistra in seno ai sindacati minerari, la dirigenza cobista approvò il Riavvicinamento al processo di cambiamento. Nel giugno del 2014, i movimenti sociali del paese, riuniti in un Incontro Antimperialista a Cochabamba, approvarono una Tesi Politica la cui idea-forza è: passare dalla rivoluzione democratica e culturale alla rivoluzione economica e sociale, in un processo che permetta di iniziare la costruzione del socialismo comunitario sotto il paradigma del vivere bene. Dopo abbastanza tempo tornavano i dibattiti ideologici e le proposte strategiche.

L’innesto del progetto socialista della classe operaia con il progetto comunitario delle nazioni originarie ci potrà essere solo se, a partire dal rafforzamento della Conalcam e con un programma di misure rivoluzionarie, si produrranno nuove mobilitazioni sociali che radicalizzino le conquiste democratiche; questo viene chiamato “approfondimento del processo”. L’idea del socialismo comunitario va attecchendo nei movimenti sociali, per cui è logico che sia attaccata tanto dalla destra tradizionale che l’accusa come “populista”, come dalla destra indigena di Félix Patzi, il cui messaggio “né capitalismo né socialismo, terzo sistema” suona come una melodia alle orecchie della borghesia aymara.

La democrazia boliviana deve molto ai movimenti sociali. I grandi progressi in diritti economici, sociali e culturali per i popoli indigeni, i lavoratori e le donne ci pongono all’avanguardia nel Latinoamerica, senza che questo significhi che si sia messo fine al colonialismo interno, al capitalismo e al patriarcato. Gli avanzamenti in democrazia partecipativa e comunitaria, così come la redistribuzione economica e le politiche sociali, sono stati possibili grazie alla lotta dei movimenti sociali. È molto chiaro che il sacrificio di centinaia di migliaia non può essere screditato dall’agire corrotto di un pugno di dirigenti. Oggi, in un contesto politico segnato dalla sconfitta elettorale (nelle elezioni regionali dello scorso 29 marzo) del MAS nelle grandi città, la lotta contro la corruzione nelle istituzioni pubbliche e nelle organizzazioni sociali è un compito urgente, senza la cui attuazione qualsiasi prospettiva di recuperare la guida morale e intellettuale sull’insieme della società non sarà possibile.

11-04-2015

Rebelión

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Alfredo Rada Vélez, “En defensa de los movimientos sociales” pubblicato il 11-04-2015 in Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=197525&titular=en-defensa-de-los-movimientos-sociales-] ultimo accesso 21-04-2015.

 

I commenti sono stati disattivati.