Messico: Braccianti di San Quintín: tra lo sfruttamento e la resistenza


Guillermo Castillo Ramírez

“Una società che tratta i lavoratori e gli emigranti come oggetti, è una società malata”. Parola d’ordine di una manifestazione pro-emigranti.

Di fronte al disprezzo, la mobilitazione

Martedì 17 marzo del corrente anno, dopo due tentativi di negoziato e come protesta per denunciare lo sfruttamento e far sentire le proprie richieste riguardo i diritti lavorativi, migliaia di braccianti della Valle de San Quintín (al sud di Ensenada nella Bassa California Nord), convocati da AONEMJUS (Alleanza di Organizzazioni Nazionale, Statale e Municipale per la Giustizia Sociale), hanno portato a termine per più di 26 ore uno sciopero e il blocco della strada peninsulare (Proceso No 2003) (La Jornada, 21/03/2015); le zone nelle quali si sono concentrate le azioni di blocco sono state giustamente quelle in cui si trovavano le aziende agricole contraddistinte dalle condizioni di lavoro più precarie e irregolari (Proceso No 2003). A poco più di un giorno dall’inizio di queste mobilitazioni, mercoledì 26 marzo, con l’avallo delle autorità statali e del governatore Vega, la forza pubblica dei tre gradi di governo ha arrestato più di duecento persone (Proceso No 2003), mediante arresti di massa e usando proiettili di gomma e gas lacrimogeni (La Jornada Baja California, 19/03/2015).

La genesi della protesta 

Queste mobilitazioni non sono azioni isolate né repentine, sono state una tappa di una lotta che, come antecedenti, ha avuto due fatti precedenti.

(a) Da un lato e in relazione ad una situazione di abuso strutturale, le condizioni di sfruttamento lavorativo che per anni hanno sofferto i braccianti nelle aziende agricole della regione. Molti di questi braccianti provengono dal sud del paese (specialmente da Oaxaca) e sono indigeni che da anni si sono allontanati dai propri luoghi di origine in cerca di migliori condizioni di vita e di lavori meglio remunerati; le imprese e le aziende agricole se ne approfittavano e fino ad oggi abusano della condizione di emigranti e di lavoratori stagionali di questi braccianti per lesinare i diritti lavorativi e le prestazioni che per legge gli devono. Come ha precisato Luis Hernández, i proprietari di queste aziende agricole e delle imprese cercano questi lavoratori agricoli come mano d’opera economica e “usa e getta” (La Jornada, 24/03/2014). Secondo i braccianti organizzati, c’è una dozzina di imprese agricole soprattutto nazionali ma anche straniere che si distinguono per la loro costante e profonda mancanza di rispetto degli elementari diritti umani e lavorativi dei lavoratori agricoli (Proceso No 2003); e di queste imprese, specialmente due, Santa María de los Pinos (con le peggiori condizioni di lavoro della Valle de San Quintín) e Valladolid Aragonés, hanno o hanno avuto legami diretti con il governo statale (i proprietari di ambedue le imprese hanno esercitato e/o detengono alti incarichi pubblici a livello statale relazionati alla produzione agropastorale) (Proceso No 2003).

(b) D’altra parte e come fatto precedente, l’inefficace processo di negoziato e i due falliti tavoli di dialogo (15 ottobre 2014 e 22 gennaio 2015), dove le esigenze di decine di migliaia di braccianti non sono state attese con serietà né dal governo statale (che non ha inviato agli incontri concordati la Segreteria del Lavoro della Bassa California), né dai settori padronali e dai gruppi sindacali governativi, che nemmeno hanno fatto atto di presenza (Proceso No 2003). Allo stesso modo, risalta l’assenza di sensibilità e volontà politica del governo statale e del gruppo padronale per dare seguito, attenzione e soluzione al documento di richiesta di questo gruppo di braccianti organizzati, mostrando di fatto la loro indifferenza e disprezzo verso questi lavoratori agricoli. Questo non è un caso nuovo né isolato di abuso lavorativo e di emarginazione sociale di emigranti, indigeni e contadini. Al contrario, rimanda ad una condizione generale e strutturale di buona parte del paese e si collega ad altri fatti di abuso sociale come le recenti denunce di sfruttamento lavorativo di duecento tarahumara nella Bassa California e di quarantanove braccianti nel Colima.

Le necessità e le richieste dei braccianti, risultato della legge come lettera morta

Nel frattempo soggetti con capacità di organizzazione e resistenza sociale, i braccianti hanno delineato le loro azioni intorno, sia al riconoscimento e al rifiuto di una condizione di acuta oppressione che vivono nella propria carne, sia alla richiesta di una piattaforma molto puntuale con lo scopo di ottenere altre situazioni di lavoro e di vita. Le loro richieste sono le seguenti: aumento del salario giornaliero (300 pesos al giorno), riduzione della giornata lavorativa a quanto stipulato secondo la legge, che inizi il processo di affiliazione dei braccianti all’Istituto Messicano di Previdenza Sociale, il pagamento delle prestazioni secondo la legge, avere il diritto alle vacanze e ad un giorno di riposo alla settimana, che le ore di lavoro extra siano volontarie e remunerate in modo addizionale e secondo quanto stipulato nella legge, il rispetto e l’esercizio dei diritti delle madri lavoratrici, e l’assoluta cessazione e le indagini sull’abuso sessuale che subiscono le donne braccianti nelle aziende agricole (Proceso No 2003) (La Jornada, 21/03/2015).

Questo documento di richieste riflette e denuncia due dinamiche di emarginazione ed esclusione socio-economica che certi settori della popolazione (indigeni, contadini, emigranti) subiscono permanentemente in modo simultaneo e in differenti ambiti. (A) Primo, i processi di sfruttamento a cui sono sottoposti i braccianti da parte dei datori di lavoro e delle aziende, che vanno dall’eccessivo numero di ore lavorate e dalla insignificante remunerazione economica che ricevono per il loro lavoro, fino all’assenza del contratto di lavoro, di condizioni di lavoro sicure, di prestazioni e diritti alla previdenza sociale, passando per le vessazioni e le aggressioni sessuali nel caso delle donne. (B) Secondo, che la legge del lavoro, che regola e probabilmente dovrebbe essere in vigore e regolare i contratti tra impiegato e datore di lavoro, con lo scopo di difendere i diritti di tutti i lavoratori (specialmente dei più indifesi e vulnerabili), è lettera morta e una promessa incompiuta. In questo modo, lo stato, non facendo valere e applicare la legge del lavoro, non rispetta uno dei suoi obblighi fondamentali verso i suoi cittadini: avere accesso ad un lavoro giusto, sicuro e ben remunerato, che permetta di avere una vita degna.

*Guillermo Castillo Ramírez è professore della UNAM.

http://unam.academia.edu/GuillermoCastilloRamirez

25/03/2015

Alai

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Guillermo Castillo Ramirez,  “México: Jornaleros de San Quintín: entre la explotación y la resistencia” pubblicato il 25-03-2015 in Alai, su [http://alainet.org/es/articulo/168443] ultimo accesso 09-04-2015.

 

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