Si chiamava Alexander Mora Venancio, aveva 21 anni e la sua unica colpa è stata quella di essere uno studente della Scuola Normale “Raúl Isidro Burgos” di Ayotzinapa. Il corpo di Alexander – o meglio, ciò che ne rimane, un frammento di dente – è stato identificato pochi giorni fa con un test del DNA in un laboratorio austriaco, dove un mese fa sono stati inviati i resti carbonizzati di diverse persone, che le autorità messicane suppongono appartenere ai 43 normalisti scomparsi il 26 settembre a Iguala.
L’identificazione di Alexander rappresenterebbe per ora l’unica, flebile, prova a sostegno della tesi del Governo, secondo la quale i desaparecidos sarebbero in realtà stati uccisi, bruciati vivi e gettati in un fiume da una gang di narcotrafficanti affiliata al governatore dello stato del Guerrero e legata a doppio filo con la polizia locale.
Non si è però indebolita la grande mobilitazione guidata dai familiari e dei compagni dei 43 studenti, che da più di due mesi manifestano quasi quotidianamente per chiedere verità e giustizia e, soprattutto, pretendendo che i propri cari facciamo ritorno in vita nelle loro case.
Il 6 dicembre a Città del Messico decine di migliaia di persone hanno preso parte alla “Mega Marcha” del #6DMX per ribadire ancora una volta lo slogan che accompagna le moblitazioni per Ayotzinapa: “¡Vivos se los llevaron, vivos los queremos!”. Il corteo, oceanico, ha percorso il tragitto inverso all’ultima manifestazione del 1 dicembre, dall’Ángel de la Independencia al Monumento a la Revolución, esattamente 100 anni dopo che Emiliano Zapata e Pancho Villa compivano il loro ingresso vittorioso nella capitale.
E’ proprio nel corso di questa imponente giornata di lotta che è giunta la terribile notizia dell’identificazione di Alexander Mora. “Oggi ci hanno colpito di nuovo, ma sappiamo che i semi torneranno a fiorire, e sono i fiori e le voci che chiedono giustizia e cambiamento” ha immediatamente dichiarato il padre, mentre Omar Garcia, uno dei sopravvissuti all’attacco del 26 settembre, ha ribadito come la lotta non si arresterà fintanto che il Messico rimarrà un paese pieno di fosse comuni e di persone scomparse.
La manifestazione ha proseguito il suo percorso in maniera pacifica ma estremamente determinata, attraversata da un composizione variegata che è sintomo della profonda sensibilità che le vicende di Ayotzinapa hanno suscitato in tutta la società civile. Si moltiplicano ormai gli slogan contro il presidente Enrique Peña Nieto e la classe politica messicana nel suo insieme – emblematico lo striscione “Queremos politicos presos, no presos politicos” – identificata come la vera responsabile e mandante della tragedia di Ayotzinapa.
La protesta e l’indignazione, dunque, non intendono cessare, e il prossimo obiettivo rimane quello di conoscere le sorti dei 42 normalisti ancora scomparsi. La notizia del riconoscimento di Alexander Mura, nel frattempo, ha scosso profondamente l’animo del paese contribuendo ad alimentarne il ricordo perché quanto successo non venga mai dimenticato.
Pubblichiamo qui la poesia “Lo que vuelve” (“Ciò che ritorna”) di R. Rahal dedicata alla memoria di Alexander Mora Venancio:
Tanto amore, e non poter nulla contro la morte
Masa, César Vallejo
Solo un dente tornò a casa
Resistette all’abbraccio del fuoco
Al colpo della terra
Alla forza del fiume
Si trattenne a ricordare tutte le tue
Parole
Che adesso gridano le nostre bocche
Denti e ossa restituirono a tuo padre
un dicembre freddo per sempre
Una luce contaminata dall’odio
La notte di un settembre
Interminabile
Tanti piedi che camminano senza sapere dove porta la strada per trovarvi
Tante grida che cercano senza scoprirlo a quale bocca appartengono quelle parole
Quanto è rimasto di tutto ciò che ci manca?
08 Dicembre 2014
InfoAut
“Messico, identificato il corpo di uno dei 43 di Ayotzinapa” pubblicato il 08-12-2014 in InfoAut, su [http://www.infoaut.org/index.php/blog/conflitti-globali/item/13460-messico-identificato-il-corpo-di-uno-dei-43-di-ayotzinapa-nuove-manifestazioni-nella-capitale] ultimo accesso 09-12-2014. |