Lear: un provvedimento giudiziario per un conflitto irrisolto


Fernando Rosso

La misura giudiziaria che ordina il ritiro della Gendarmeria dalla Panamericana è espressione delle contraddizioni politiche del governo di fronte al conflitto sociale.

“I provvedimenti giudiziari sono una manifestazione della relazione di forze”, affermava un attento lettore di La Izquierda Diario in uno dei primi commenti alla notizia che abbiamo pubblicato in esclusiva, con la quale informavamo del provvedimento che ordina l’allontanamento della Gendarmeria Nazionale (GNA) da possibili manifestazioni sulla Panamericana.

La deliberazione è verificata, perché il provvedimento preso questo martedì dalla giudice federale di San Isidro, Sandra Arroyo Salgado, interviene in un conflitto che per il Governo si è trasformato in un acuto problema politico, e che pone al rosso vivo le contraddizioni che lo attraversano. Contraddizioni che non sono altro che la manifestazione di una relazione di forze storica, nella quale si inscrive lo specifico conflitto della fabbrica americana di ricambi e della quale il “racconto” kirchnerista è stato una espressione distorta.

In un comma della sentenza, la giudice registra questo carattere del conflitto dei licenziati della Lear: “non si deve perdere di vista che l’azione della giustizia penale, in ultima ratio, ha luogo in un contesto di conflittualità lavorativa che già da mesi è in corso tra l’impresa LEAR CORPORATION e i lavoratori licenziati, la cui risoluzione compete alla giustizia del lavoro e al Ministero del Lavoro e della Sicurezza Sociale della Nazione”.

Più avanti, lo scritto giudiziario aggiunge: “A questo si aggiunga la reiterazione e la permanenza nel tempo delle misure di forza applicate con eventuale rilevanza giuridico penale nonostante la tutela costituzionale –non in assoluto– alla libera espressione e alla protesta, con in più l’assenza di una risoluzione del conflitto da parte dei canali istituzionali previsti a tal fine, hanno provocato che il malessere sociale aumentasse fino a giungere ad un punto di agitazione che impone l’urgente adozione di misure concrete per affrontarlo”.

Tradotto: la tenace perseveranza di un gruppo di licenziati nella lotta per la propria reintegrazione, sostenuti moralmente e politicamente dalla sinistra classista, e l’annullamento e l’impotenza che ha manifestato fino ad ora il Ministero del Lavoro nel suo presunto ruolo di arbitro, hanno portato all’intervento giudiziario in un conflitto che aveva preso un chiaro carattere politico. Non nel senso volgare e interessato che il governo ha voluto dare a questa definizione, ponendo un segno uguale tra “politico” e di partito nel senso stretto. Il conflitto della Lear è politico perché si è scontrato con due orientamenti generali nel risolvere la questione dei licenziamenti di massa in una multinazionale imperialista.

Il Governo ha dovuto cedere “all’arbitrato” della Panamericana, semplicemente perché dal momento in cui ha avvallato i licenziamenti e ha fatto propri gli interessi delle compagnie (leggasi LEAR e SMATA) si è trasformato in parte. Alcune versioni giornalistiche hanno lasciato trapelare la versione che i tentativi del Governo di cercare un negoziato con la multinazionale e il sindacato hanno trovato un categorico rifiuto di quest’ultimi, che hanno fatto saltare in aria qualsiasi possibile accordo.

Privo fino ad ora della volontà politica di imporre all’impresa e al sindacato una qualche condizione che aprisse ad una possibilità di via d’uscita, l’alternativa è stata Beni, la Gendarmeria e la repressione. Impotenti di fronte alla tenacia dei licenziati, la situazione si è sviluppata verso una delle sue possibili conseguenze logiche: un salto nella repressione che ha avuto ripercussioni politiche fino a giungere al Congresso Nazionale e ad aprire contraddizioni nello stesso blocco kirchnerista.

Il conflitto della Lear e soprattutto la resistenza dei lavoratori licenziati –che non solo è frutto della volontà di lotta di coloro che continuano nello scontro, ma anche della fusione organica nella lotta di classe con una sinistra classista–, ha messo a nudo due punti cari al racconto kirchnerista (al di là della valutazione che si ha della sua pratica attuazione): la bandiera della difesa del lavoro e la non repressione della protesta sociale.

Questo tentativo di soluzione arbitrale della giustizia svela l’inefficacia del “bonapartismo” del Governo. I rovesci che sta subendo l’ineffabile Sergio Berni (tutti i gruppi dei Deputati hanno rifiutato la repressione e hanno solidarizzato con Del Caño per l’aggressione subita, il gruppo governativo ha chiesto un’indagine e ora una giudice gli ordina di allontanarsi dall’arena calda della Panamericana) non sono altro che l’espressione di questo fracasso. Una menzione a parte merita la cecità di coloro che ancora giudicano come “sindacale” uno scontro che ha avuto questa rilevanza politica.

Il provvedimento della Arroryo Salgado, segna una nuova sconfitta di Berni e dei suoi “gendarmi falchi” (che volano, si riferisce ad un episodio in cui un poliziotto finge di essere colpito dai manifestanti gettandosi a terra, ndt) ed esprime effettivamente la relazione di forze generale che la lotta della Lear porta a sostenere (anche al di là degli avatar del suo stesso conflitto). Una relazione di forze che incontra un limite nella repressione (soprattutto contro i lavoratori) e nell’attacco ai posti di lavoro. Due bandiere che evidenziano una contraddizione tra il discorso del passato e la politica presente del kirchnerismo. E che allo stesso tempo accelera la perdita della sua base sociale e che al tramonto del suo ciclo è alla base del disorientamento che mostra di fronte al conflitto sociale.

05-11-2014

La Izquierda Diario

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Fernando Rosso, “Lear: una resolución judicial para un conflicto irresuelto” pubblicato il 05-11-2014 in La Izquierda Diario, su [http://www.laizquierdadiario.com/Lear-una-resolucion-judicial-para-un-conflicto-irresuelto] ultimo accesso 13-11-2014.

 

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