La soia e il latifondo contro la classe contadina paraguayana


Federico Larsen

Tra il 1989 e il 2013 sono stati giustiziati dalle forze di sicurezza e dai sicari 115 contadini paraguayani. Agro-affari, illegalità e complicità statale sono alla base di questo massacro, un modello che negli ultimi anni si è ampliato.

Chokokue è una parola in guaraní che significa contadino, o agricoltore, ed è il nome del rapporto che il Coordinamento per i Diritti Umani del Paraguay (Codehupy) ha pubblicato pochi giorni fa sulle uccisioni di contadini commesse in questo paese negli ultimi 24 anni. Il lavoro prende come data di inizio dell’indagine il 3 febbraio 1989, giorno nel quale il generale Andrés Rodríguez guidò un colpo di stato che destituì il dittatore Alfredo Stroessner dopo 35 anni di governo. È a partire da lì che comincia la cosiddetta Transizione Democratica, periodo che, secondo vari analisti, è ancora in sviluppo. La Codehupy ha evidenziato nel suo rapporto che dalla caduta del dittatore fino ad agosto del 2013, 115 contadini sono stati assassinati da forze di sicurezza o sicari agli ordini dei grandi proprietari terrieri con lo scopo di intimorire la lotta per la terra. Un dato che i ricercatori legano direttamente con l’avanzata degli agro-affari e alla concentrazione della terra avvenuta durante la Transizione Democratica.

Il Paraguay ha un indice di concentrazione della terra molto elevato. Secondo dati ufficiali, il 2,6% dei proprietari ha l’ 85% della terra coltivabile del paese. Un processo che negli ultimi due decenni si è accentuato. Tra il 1991 e il 2008, le proprietà minori a 100 ettari di estensione sono diminuite del 15%, mentre le più estese sono aumentate del 43% occupando 30.107.408 ettari coltivabili del paese. A questo si aggiunge il fenomeno delle terre “mal avute”, campi che dovevano essere destinati alla riforma agraria e che sono finiti nelle mani di simpatizzanti della dittatura stroenista o di amici di alte autorità dello stato paraguayano. Tra il 1954 e il 2003 sono stati aggiudicati in modo fraudolento 7.800.000 ettari di terra.

“In questo contesto di alta concentrazione della terra, di una grande quantità di terre “mal avute”, di un debito pendente della transizione democratica che è la riforma agraria, i diversi atti di sopruso e violenza contro i contadini avvengono come risposta alle proteste che da molto tempo i movimenti vanno facendo”, ha spiegato Enrique Gauto, segretario esecutivo della Codehupy. “Sono rivendicazioni che passano per una riforma agraria che includa il recupero delle terre “mal avute” e il miglioramento delle condizioni di vita delle comunità contadine. È importante segnalare che nel nostro paese la riforma agraria ha rango costituzionale”. Nel suo lavoro, il coordinamento ha raccolto i 115 casi individuati, includendo ricostruzioni delle assassinii, e documenti che provano il legame dei medesimi con storici settori del potere. “C’è chiaramente un piano portato avanti da proprietari terrieri, settori del potere politico ed economico per allontanare progressivamente la popolazione contadina dalle proprie terre e appropriarsi sempre più del territorio contadino”, ha spiegato Gauto. “Questi settori vedono la terra come un capitale sommamente redditizio e non hanno nessuno scrupolo nel portare avanti questo piano di esecuzioni. Da parte del Potere Giudiziario e del Pubblico Ministero questi fatti non sono adeguatamente indagati e meno che mai si giunge ad una condanna degli autori morali. C’è un tacito patto di complicità tra Pubblico Ministero, Potere Giudiziario e settori dell’alto potere economico e politico”. L’obiettivo allora è di decapitare i movimenti contadini, eliminare i loro dirigenti o i principali referenti per smobilitare e creare paura. “Abbiamo potuto verificare la paura che permane nelle comunità dove sono avvenuti questi assassinii e la difficoltà di trovare persone che possano assumere il ruolo dei dirigenti che sono stati giustiziati”, ha sostenuto il responsabile del Coordinamento.

In nessuno dei 115 casi i responsabili politici sono stati condannati. Dei 91 omicidi che sono giunti alle istanze giudiziarie, solo in otto gli autori materiali hanno subito qualche sentenza, anche se nessuna definitiva. Altri 47 sono in svolgimento, 14 sono stati dichiarati casi perduti e non localizzabili, 16 sono stati chiusi giudiziariamente, e sei non sono stati indagati. La maggioranza degli autori materiali, il 67%, sono sicari parapolizieschi. In alcuni casi, si tratta anche di organizzazioni civili promosse dallo stato, come le “commissioni di sicurezza cittadina” favorite dal presidente Nicanor Duarte (2003-2008), responsabili di vari attacchi ai movimenti contadini. Le forze di sicurezza, in cambio, sono state le responsabili del restante terzo delle esecuzioni, in numero sempre più grande dopo l’approvazione della riforma penale del 1997, i suoi successivi ampliamenti nel 2008 e la Legge Antiterrorismo promulgata nel 2010, che permette di reprimere varie azioni che le organizzazioni contadine portano avanti, come i blocchi stradali. Più recentemente, l’attuale presidente Horacio Cartes ha approvato la discussa Legge di Sicurezza Interna, che permette all’Esecutivo, senza l’approvazione del Parlamento, la militarizzazione e la dichiarazione dello Stato d’Assedio in intere regioni del paese con la scusa della lotta contro gli insorti dell’Esercito del Popolo Paraguayano. “Nell’ambito di questa legge ci sono state denunce di soprusi nelle case di contadini e dirigenti, e sistematiche persecuzioni verso le organizzazioni”, ha spiegato Alberto Britez, del Movimento 15 Giugno.

“Questo ha a che vedere direttamente con l’avanzata del modo di produzione capitalista nel campo, l’agro-affare. Questo periodo di assassinii ha una relazione diretta con l’espansione del territorio a soia e ad allevamento. In molti casi, gli autori morali sospettati sono padroni di tenute agricole, grandi imprese agropastorali che contrattano sicari, o capanga (sorveglianti, ndt) come diciamo noi. Questa espansione della soia esercita una pressione sugli insediamenti dei contadini nel campo e sulla popolazione indigena”. Secondo Britez, questa pressione è cresciuta esponenzialmente sotto il governo di Federico Franco a partire dal 2012, e Cartes, che lo scorso 15 agosto ha compiuto il suo primo anno di mandato, ha mantenuto la medesima politica. “È la politica della firma di accordi con le grandi imprese, di sempre più autorizzazioni per i semi transgenici della Monsanto che vuole piantare soia anche nel Chaco Paraguayano, un territorio molto arido. Allora ha luogo l’acquisto di terre contadine ed indigene, l’espulsione delle popolazioni attraverso la fumigazione, che non solo aumenta i casi di malattia, ma che mette in fuga i contadini”. Recentemente ha causato una grande commozione la morte di Adela e di Adelaida Álvarez, rispettivamente di sei mesi e di tre anni di età, a seguito delle fumigazioni a Huber Duré, dipartimento del Canindeyú. “Molti abitanti resistono nei propri insediamenti e questo ha fatto sì che sotto il governo di Cartes sia stata ripristinata una modalità che già veniva usata prima ma che non era comune, che è la protezione della polizia per le fumigazioni dei campi di soia. Questo crea una naturale reazione nella popolazione e ci sono stati casi di scontri, anche con armi da fuoco, dove dirigenti contadini sono stati colpiti”, ha spiegato Britez.

La Federazione Nazionale Contadina del Paraguay (FNC) è una delle organizzazioni più colpite dagli omicidi. Dal 1989, 14 suoi membri sono stati giustiziati. Marcial Gómez, segretario generale aggiunto della FNC, ha spiegato che “la grande maggioranza delle lotte contadine che si sviluppano nel nostro paese sono violentemente represse dallo stato. È la lotta per un modello di sviluppo nazionale. Oggi abbiamo un modo di produzione agro-esportatore imprenditoriale basato sulla monocoltura della soia. Questo espelle i contadini dal campo e fa crescere il latifondo in poche mani. Noi stiamo organizzando blocchi stradali e occupazioni di latifondi perché è l’unico modo di conquistare un pezzo di terra, di difendere le nostre comunità, o di ottenere piccoli risultati settoriali. Ma ciò che realmente importa è porre nel dibattito nazionale un nuovo modello di sviluppo. Basato sulla riattivazione della produzione agricola, sulla riforma agraria, sullo sviluppo industriale, che sono necessità fondamentali per il nostro sviluppo”.

Anno 7. Edizione numero 328. Domenica 31 agosto 2014

Miradas al Sur

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Federico Larsen, “La soja y el latifundio, contra el campesinado paraguayopubblicato il 31-08-2014 in Miradas al Sur, su [http://sur.infonews.com/notas/la-soja-y-el-latifundio-contra-el-campesinado-paraguayo] ultimo accesso 09-09-2014.

 

, , ,

I commenti sono stati disattivati.