Sciopero della fame nella Picota: prigionieri politici e sociali uniscono le loro proprie proteste allo Sciopero Nazionale


Dalle 6.00 di questa mattina i prigionieri politici dello stabilimento carcerario La Picota, a Bogotà, hanno annunciato l’inizio di uno sciopero della fame che, secondo quanto ha dichiarato René Nariño, portavoce del movimento Colombia Informa, include anche i prigionieri sociali. Protestano per la morte di 7 internati e per le carenti condizioni di reclusione.

Ieri, quando si sono conosciute le prime mobilitazioni di contadini e studenti, che hanno dato inizio allo Sciopero Nazionale Agrario, Etnico e Popolare, coloro che si dichiarano “prigionieri politici e di guerra del carcere Eron-Picota” hanno diffuso un comunicato: “salutiamo e appoggiamo lo Sciopero iniziato”, hanno annunciato.

A partire da oggi si sono dichiarati in sciopero della fame per denunciare le condizioni di reclusione e richiamare l’attenzione sullo stato di salute deteriorato che presenta una parte importante degli internati. Colombia Informa ha intervistato il portavoce del movimento carcerario, René Nariño, che si trova detenuto da più di tre anni.

Colombia Informa: Come siete giunti alla decisione di iniziare lo sciopero della fame?

René Nariño: La decisione è stata presa unanimemente, in totale sono sei cortili che riuniscono più di 100 prigionieri politici. Succede che l’abbandono dei prigionieri politici, non solo qui alla Picota, è totale. Nemmeno gli enti di controllo dello stato, né gli enti di disciplina, hanno ascoltato le nostre denunce. Hanno fatto orecchie da mercante, così che non vediamo altro modo per far conoscere la situazione che lo sciopero della fame. Da dicembre ad oggi sono morti 7 internati e ci sono molti casi di gravi deficienze. Ci sono state azioni di tutela presentate a nostro favore da parte di vari giudici, ma nulla di questo è stato rispettato. Qui si patiscono torture, degradazioni, e non si dà seguito alla denunce.

C. I.: Come prigionieri politici, dovete essere al corrente delle mobilitazioni sociali di questi giorni. La scelta della data è in relazione con l’inizio dello Sciopero?

R. N.: Senza dubbio. Ieri abbiamo manifestato la solidarietà allo Sciopero Agrario, e spiegavamo la nostra stessa situazione. Siamo popolo dietro le sbarre, qui ci sono anche contadini, afrodiscendenti, giovani, donne che qui hanno i propri figli che stanno pagando le proprie condanne perché non si offrono le condizioni per compiere le proprie pene in modo degno. Per questo siamo solidali e ci esprimiamo insieme ai nostri simili, che sono questi contadini, questi indigeni che la Cumbre Agraria riunisce. Nella dichiarazione della Cumbre si menziona anche la nostra situazione, perché i problemi del campo e i problemi dei prigionieri in fondo sono i medesimi, quelli che genera lo stato che crea crisi. È importante che la società veda questo.

C. I.: Lo sciopero della fame è solo dei prigionieri politici? Che atteggiamento hanno preso i prigionieri comuni?

R. N.: In questi momenti siamo uniti noi prigionieri politici, prigionieri di coscienza e prigionieri di guerra. Nel caso dei prigionieri politici, non importa in questo caso di quale organizzazione siano, come li stiano controllando o segnalando. E si sono uniti i prigionieri sociali, che sono anche entrati in sciopero della fame. Con loro stiamo facendo delle giornate di conversazioni pedagogiche e cameratesche, facciamo parte della medesima popolazione carceraria, e del medesimo popolo.

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I prigionieri politici e le organizzazioni dei Diritti Umani sono concordi nel segnalare come responsabili del deterioramento della salute degli internati i ministri della Giustizia e della Sanità, e i direttori dell’Istituto Nazionale Penitenziario e Carcerario -INPEC- , della Picota e della ESP Cassa di Previdenza Sociale delle Comunicazioni –            CAPRECOM-. Segnalano le violazioni di quanto disposto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani e dalla Costituzione Nazionale “a proposito del diritto non solo ad una vita degna ma alla medesima vita”. Nel frattempo, negli enti statali di controllo e nei congressi internazionali si accumulano le denunce per torture, trattamenti crudeli, inumani e degradanti contro i prigionieri in generale. “Facciamo un appello a tutti i prigionieri e ai familiari, senza importanza per quale tipo di delitto, ad unire le forze e ad organizzarci in ciascuno dei cortili delle carceri del paese per ottenere che il mondo agisca e obblighi lo stato colombiano a fermare questo olocausto”, conclude il portavoce della mobilitazione carceraria della Picota.

Resumen Latinoamericano/Colombia Informa

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
“Huelga de hambre en La Picota: presos políticos y sociales suman sus propios reclamos al Paro Nacionalpubblicato in Resumen Latinoamericano/Colombia Informa, su [http://www.resumenlatinoamericano.org/?p=3094] ultimo accesso 05-05-2014.

http://www.resumenlatinoamericano.org/?p=3094

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