Golpe blando


Luis Bruschtein

Quei vecchi rozzi, i peggiori del quartiere, quelli che facevano il lavoro sporco dei signorini, i militari, sono stati scartati. Le elite non consegnano più nessuno dei propri figli alle loro file. Non ci sono doppi cognomi e non sono più invitati alle riunioni cospirative dei grandi signori che a volte già li guardano con una certa diffidenza. I colpi militari, quell’incubo infinito, sono caduti in discredito, hanno perso glamour, sono passati di moda. Ora si parla di golpe blandi.

Il golpe blando consiste nel travestire una minoranza da maggioranza, amplificare le sue richieste, esasperare le controversie e gli scontri e logorare la vera maggioranza che governa, fino a farla cadere mediante una qualche farsa giudiziaria come fu in Honduras, o parlamentare, come in Paraguay o imponendo un intervento straniero come si vuol fare in Venezuela. È più complicato dei golpe militari, ma, a differenza da quelli, ha il colore di questi tempi, con i loro modelli di tirannucoli delle banane nella fazione dei cattivi, e una fazione dei buoni con i suoi modelli di  lottatori per la libertà, con i suoi simulacri di epiche rimasterizzate e con i suoi falsi discorsi di eroismi cittadini, tutti loro, buoni e cattivi, raffigurati come protagonisti di una pellicola d’azione di classe Z dai grandi strumenti di dominio: le imprese mediatiche.

In altre epoche, con ragione la destra ha protestato con la sinistra per la sua poca vocazione democratica. Ma quando le sinistre popolari non elitarie né avanguardiste si sono disposte alla democrazia e hanno vinto le elezioni, sono state le destre quelle che non hanno accettato il gioco democratico.

Le destre hanno sempre a loro favore il potere economico e il grande potere dell’epoca: i super media. Le sinistre hanno legittimato con i voti i propri governi e sono restie a sostenersi attraverso la forza perché valorizzano questa legittimità che si fonda sui loro mandati. Sono movimenti qualitativamente differenti da quelli delle loro origini del XX secolo. Hanno sviluppato una pratica elettorale che prima appena avevano. Hanno perso elezioni e si sono mantenute all’opposizione negli ambiti istituzionali. Hanno vinto elezioni con molti sforzi e, a differenza dei vecchi settarismi, hanno sviluppato strategie con molta flessibilità e ampiezza, hanno gestito con maggiore o minore efficienza, e hanno formato quadri per la gestione dei quali prima erano carenti. Sono qualità che non erano molto caratteristiche delle sinistre o dei progressisti o dei movimenti nazionali e popolari del XX secolo. Ed essenzialmente sono qualità della democrazia.

Queste correnti politiche latinoamericane sono cresciute nelle qualità democratiche e sono state varie volte legittimate elettoralmente. In Cile è tornato il socialismo con Michelle Bachelet dopo il governo di destra di Sebastián Piñera, nel Salvador ha vinto per la seconda volta la vecchia guerriglia del Farabundo Martí e questa volta con un ex comandante guerrigliero come candidato.

Il voto democratico è il principale alleato di questi governi. Allora da destra dicono che la democrazia no è solo il voto. La qual cosa è vera. Se la maggioranza che governa non rispetta le minoranze, c’è una democrazia imperfetta. Ma se succede il contrario, se le minoranze vogliono imporsi sulle maggioranze che hanno vinto le elezioni, non è più nemmeno una democrazia imperfetta, ma è una dittatura. Di questo si tratta, i golpe blandi.

Nell’aprile dell’anno passato in Venezuela, per esempio, Nicolás Maduro ha vinto con uno scarso margine le elezioni presidenziali su tutta l’opposizione schierata dietro la candidatura di Henrique Capriles. Senza nessun prurito democratico, perdendo con uno scarso margine, il candidato conservatore non ha riconosciuto il legittimo trionfo del suo avversario. Ed è stato sostenuto da una campagna internazionale dei grandi media affinché nessuno riconoscesse il governo di Maduro. Fino ad oggi, la Casa Bianca non lo ha fatto. L’opposizione e Washington credevano che questo scarso vantaggio a favore del bolivariano sarebbe rapidamente scomparso e sarebbe rimasto un governo debole, vulnerabile a qualsiasi azione destituente.

Tre mesi dopo le elezioni presidenziali ci sono state le elezioni municipali. In una situazione molto sfavorevole, dopo la morte di un capo carismatico come Hugo Chávez, che ha dovuto rimpiazzare, e con molti problemi nell’economia, Maduro non solo non ha perso questo vantaggio ma lo ha ampliato con più di dieci punti e più di un milione di voti. È stato un disastro per l’opposizione, che credeva che alla fine fosse giunto il momento di interrompere il processo chavista.

La leadership di Capriles è rimasta sgretolata e Leopoldo López ha voluto approfittarne. Capriles continua ad essere maggioranza nell’opposizione e sostiene una strategia meno violenta. López è figlio di una alta dirigente dell’organizzazione Cisneros, il principale gruppo multimediale del paese e ha convocato la gente in strada perfino a “cacciare Maduro”. Sono state manifestazioni violente con barricate e franco tiratori e in questo quadro c’è stato anche un andare oltre della repressione. Ossia, la minoranza della minoranza è nelle strade, tira su barricate e ha franco tiratori. Ma i media hanno presentato ciò come una mancanza di controllo di una situazione sociale e cercano di fare pressione sull’OEA al fine provocare un intervento straniero. Questo sarebbe un golpe blando.

Il Venezuela non è un paradiso, affronta importanti problemi. Come tutti i paesi latinoamericani, è stato contestato dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani per la situazione nelle carceri. Ha un grave problema di insicurezza. Gli studenti si sono uniti ai cortei dopo l’uccisione di due di loro per opera di delinquenti comuni. Affronta anche una forte inflazione e la mancanza di forniture di alcuni prodotti. Ma c’è un governo appoggiato dalla maggioranza della popolazione per dare una soluzione a questi problemi. Il settore di Capriles ha insistito sul fatto che loro non appoggiano i cortei violenti. Si mobilita solo una minoranza violenta che conta sull’appoggio degli Stati Uniti e dei grandi media della regione.

Per appoggiare questo settore minoritario dell’opposizione venezuelana, le principali associazioni degli editori dei quotidiani dell’America Latina, tra le quali si trovano La Nazione e il Clarín, dell’Argentina, hanno lanciato il programma Tutti Siamo il Venezuela. Partecipano a questa operazione l’Associazione degli Editori di Quotidiani e Mezzi Informativi (Andiarios), il Gruppo Quotidiani delle Americhe (GDA) e il Gruppo Periodici Latinoamericani (PAL). In questi gruppi sono rappresentate le catene latinoamericane dei grandi media scritti. L’operazione consiste che ciascuno periodico avrà l’obbligo di pubblicare una pagina intitolata “Tutti siamo il Venezuela, senza Libertà di Stampa non c’è Democrazia” con informazioni che saranno predisposte dai media degli oppositori del Venezuela.

La decisione di questo gruppo regionale appare quasi come una confessione, anche se in un paragrafo aggiungono che pubblicheranno anche le informazioni governative. Si tratta di un gruppo multimediale che procede al di sopra della sovranità politica di un paese, cospirando apertamente contro le sue istituzioni democratiche. È evidente la decisione di fare una campagna propagandista, di debilitare il governo di Maduro, di dare una immagine manipolata di una presunta sollevazione popolare e di mascherare da maggioranze libertarie le minoranze violente.

Il dispositivo mediatico è come la cavalleria dei golpe blandi. Sta mettendo tutta la sua potenza di fuoco sul Venezuela, ma i cortei dell’opposizione vanno perdendo di intensità e la realtà più complessa di questo paese comincia a sfumare da questa immagine grottesca che disegna lo schieramento dell’informazione. Un elemento a favore di questo processo è stata la decisione dei governi dell’Unasur che avvertono il pericolo istituzionale al quale cercano di spingerli. I cancellieri riuniti questa settimana a Santiago del Cile hanno deciso che a Caracas viaggerà una missione dell’Unasur per appoggiare le istituzioni democratiche e non per fare il gioco dei più violenti della destra all’opposizione, come voleva il dipartimento di stato nordamericano nell’OEA, così come il presidente panamense Ricardo Martinelli, uno suoi oppositori regionali.

Le forze politiche in genere cominciano a riconoscere una problematica che in Argentina è stata dibattuta intensamente con la Legge dei Servizi della Comunicazione Audiovisiva. Il ruolo antidemocratico, che presentano le situazioni dominanti nell’universo dell’informazione, è sempre più evidente. Una espressione di questo processo di reazione è stata, in questa settimana, la decisione del governo messicano di obbligare a de-monopolizzare Televisa, la principale impresa multimediale di questo paese e la principale in lingua spagnola. La discussione per democratizzare l’informazione è la discussione per democratizzare le società e prevenire questi golpe blandi.

15-03-2014

Página 12

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
Luis Bruschtein, “Golpe blando pubblicato il 15-03-2014 in Pagina 12, su [http://www.pagina12.com.ar/diario/elpais/1-241870-2014-03-15.html] ultimo accesso 08-04-2014.

 

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