Rio Santiago, El Salto, Jalisco
Animatx dall’interesse di conoscere e amplificare la voce di chi lotta e resiste per difendere il proprio territorio, a fine dicembre abbiamo visitato il municipio El Salto, nello stato di Jalisco, dove da quasi 10 anni è attivo un movimento di resistenza territoriale organizzato attorno all’associazione Un Salto Por La Vida (limpiemoselsalto.blogspot.mx). Il movimento chiede visibilità e soluzioni all’enorme problema ambientale e di salute pubblica causato dalla massiccia presenza di industrie di ogni tipo che rilasciano nel territorio i loro velenosi scarti di produzione, nonché da una grossa discarica che assorbe quotidianamente tonnellate di rifiuti.
Sophia, giovane militante di Un Salto Por La Vida ci ha accompagnato in questa visita spiegandoci le cause e le raccapriccianti conseguenze del grave inquinamento di acque e terre, e i motivi e le pratiche di chi sta lottando al fine di restituire agli abitanti della zona un ambiente di vita degno.
Storia della distruzione di un territorio
El Salto (1) è uno dei 125 municipi dello stato di Jalisco, situato a circa 25 km a sud/est della capitale Guadalajara, e immerso nella seconda area urbana più popolata del Messico con quasi quattro milioni e mezzo di abitanti ufficiali.
Si sviluppa su una delle sponde del Rio Santiago nel punto in cui il fiume da vita a una grande cascata, da cui il municipio prende il nome. Sull’altro lato del fiume sorge il municipio di Juanacatlan, un insediamento molto più antico, abitato in origine dalla popolazione indigena dei Cocas. La cascata un tempo era considerata il Niagara del Messico, per portata d’acqua, ricchezza di vegetazione e bellezza del paesaggio. I nonni e i genitori di Sophia, come altri abitanti delle stesse generazioni ricordano che il Rio Santiago e la sua cascata erano al centro della vita del villaggio.
Invece i giovani sono cresciuti vicino uno dei fiumi più inquinati del Messico, e Sophia ci racconta che quand’era piccola una schiuma bianca, densa e fitta ricopriva il letto del fiume e si spargeva a fiocchi per il villaggio. Quella schiuma, assieme ad un odore nauseabondo che ha appestato per anni le strade, erano il segno percepibile dell’enorme inquinamento delle acque della zona, contaminate da zinco, piombo, mercurio, arsenico, cianuro, nitrato e altri velenosi metalli pesanti scaricati nel suolo e nel fiume dalle industrie.
La prima industria nella zona dove ora si ubica El Salto fu inaugurata a inizio ‘900 da Porfirio Diaz, si trattava di un grosso stabilimento tessile attorno a cui si sviluppò un primo nucleo urbano. Negli anni seguenti altre fabbriche si insediarono nella zona, che si prestava particolarmente alla produzione industriale in quanto scarsamente popolata e soprattutto per la presenza del Rio Santiago e della cascata che per la loro enorme portata d’acqua, fornivano l’energia necessaria per il funzionamento dei grossi macchinari.
Quest’industrializzazione andrà sempre più crescendo. Nel 1979 quasi tutto il territorio viene lottizzato e poi venduto a utilizzo industriale, in soli due anni, dal’80 all’82, nella zona si installarono 38 imprese e già nell’85 se ne contavano 62. Attualmente si contano circa 400 imprese e non è un caso che questa parte del Messico venga denominata “Silicon Valley”. Tra le imprese multinazionali presenti IBM, Honda, Chevrolet, Disney, Urrua, Ericsonn, etc e vengono prodotti petrolchimici, componenti elettronici, oli, metalli pesanti, automobili, scarpe, vestiti, fertilizzanti per l’industria agroalimentare.
El Salto: un problema complesso
– Le industrie avvelenatrici
La totale mancanza fino agli anni ’90 di norme chiare circa gli insediamenti industriali e la recente introduzione di alcune leggi piuttosto vaghe ha reso questa zona un territorio di investimento “facile” per gli imprenditori, che qua producono e smaltiscono, fregandosene delle poche normative di protezione ambientale esistenti e quindi delle conseguenze di salute per gli abitanti dei villaggi circostanti. Ad esempio l’impresa Mexichen che, produce gas-cloro, elemento chimico altamente nocivo, dovrebbe avere 9 km di perimetro vuoto attorno, e invece si è installata a 1 km e mezzo da El Salto, e una frazione è stata di recente costruita a soli 500mt dall’industria.
Le industrie che producono scarti liquidi contenenti componenti chimici nocivi per la salute dovrebbero avere delle proprie vasche di smaltimento e purificazione dalla capienza di 70t, ma poiché queste vasche si trovano nei terreni di proprietà delle aziende non è possibile effettuare controlli per sapere se le utilizzino veramente e/o in qual misura e quanto invece venga direttamente riversato nel terreno e nei canali che portano al Rio Santiago. Inoltre, in caso di slavine e smottamenti, tutto il chimico si riverserebbe nell’ambiente circostante.
L’apparire negli anni ’80 di una densa e nauseabonda schiuma bianca che ha ricoperto il manto del fiume conferma i dubbi che le industrie non applicano alcun tipo di prevenzione d’impatto ambientale e che le autorità non fanno nulla per fermarli. Anzi recentemente sono state create leggi ad hoc che tendono a coprire l’inquinamento provocato dagli scarichi delle industrie.
Paradossalmente alcune di queste imprese hanno il marchio green e sono considerate di “responsabilità sociale” per il solo fatto di sostenere e finanziare campagne ecologiste in giro per il mondo (es. l’orso bianco) o di investire in progetti di energia rinnovabile, spesso al solo scopo di ottenere i gettoni EcoBonus previsti dagli accordi di Kyoto che permettono alle imprese di inquinare oltre i limiti previsti. Sophia ci dice che l’IBM è considerata tra le imprese più’ “ecoresponsabili” del Messico e del mondo.
– Il grave problema di Salute pubblica
Per le comunità insediate sulle sponde del Rio Santiago, l’acqua del fiume è sempre state fonte di vita e sostentamento, mentre adesso quella stessa acqua è diventata una minaccia, perché i veleni tossici hanno contaminato l’intera catena dell’ecosistema locale.
Negli ultimi vent’anni nei villaggi della zona numerosi sono stati i casi di decessi causati soprattutto da tumori (2). Tra i 1090 contaminati ufficialmente riconosciuti nelle acque del fiume (tra cui zinco, piombo, arsenico, mercurio, cianuro), e l’alta incidenza di decessi c’è un evidente legame, chiaro a tutti tranne che ai poteri forti (chi governa e le imprese) che non si assumono nessuna responsabilità.
Eclatante il caso di Miguel Angel, un bambino di otto anni, che nel 2008 muore a seguito di una caduta accidentale nel Rio Santiago. Fatte le dovute analisi si scopre che il tasso di arsenico nel suo sangue è di molto superiore a quello previsto dalle norme internazionali per i canali di scolo nei corsi d’acqua. Denunciato l’accaduto, di pronta risposta il governo messicano rivede la proprie norme a riguardo, così che la percentuale di arsenico trovata nel sangue rientri nella legge.
L’associazione ha promosso per proprio conto delle inchieste di salute porta a porta, che hanno dato risultati preoccupanti, infatti risultano tante le famiglie che riportano di lutti in casa o tra gente conosciuta e che vivono nella costante paura di ammalarsi.
– La discarica: un ulteriore eco-mostro per il territorio
A peggiorare le cose nei pressi di El salto si trova anche una grossa discarica, Los Laureles. Questa discarica nata come clandestina, nel 1984 viene riconosciuta e legalizzata dalle autorità e data in gestione a una società italiana con sede in Canada, la Caabbsa-Eagle, oggi solo Caabsa. La discarica assorbe un’enorme mole di rifiuti prodotti dalla città di Guadalajara e dai municipi dei dintorni: El Salto, Juanacatlan, Tlacomulco, Tonalà (parliamo di circa 5 tonnellate al giorno), più’ buona parte di quelli delle imprese private della zona.
Il modo in cui è stata data la concessione per la discarica e la maniera di gestirla da parte dell’impresa lasciano quantomeno dubbiosi. Il territorio non è stato preparato previamente per accogliere una tale mole di rifiuti, ad esempio manca una geomembrana, necessaria per fermare il dilagare nel terreno e nelle falde acquifere dei liquidi della discarica.
Inoltre la concessione era stata data in accordo a una gestione “differenziata” dei rifiuti, invece la quantità di rifiuti separata pare sia molto meno: nel 2009 di 4300t/giorno che arrivavano alla discarica solamente una tonnellata veniva effettivamente separata.
I primi danni sono già visibili: a Tolototlan, uno dei villaggi originari della zona abitato per la maggior parte da popolazioni autoctone, l’acqua da sempre pura, è improvvisamente diventata schiumosa e color “coca cola”. Nonostante tutto, attuando nuove espropriazioni di terre coltivabili, recenti progetti vorrebbero ingrandire ulteriormente questa discarica, che tra l’altro brucia i rifiuti a cielo aperto senza alcuna regolamentazione dei fumi tossici così prodotti.
– La farsa del Depuratore delle acque
Nel 2012 il governo ha cercato di nascondere i reali termini della questione proponendo una soluzione di facciata al problema dell’inquinamento massiccio. Si tratta della installazione di un depuratore delle acque, uno dei più’ grandi di America Latina, costato circa 858 milioni di pesos, pagati con denaro pubblico senza alcun contributo da parte delle imprese private, le prime responsabili dei danni.
Questo sistema ha rivelato una funzionalità molto limitata rispetto il problema che vorrebbe risolvere. portata dell’Arroyo del Ahogado è di 78.000 lit/sec; questo senza contare che l’acqua trattata viene rigettata direttamente nel fiume, inficiando il trattamento ricevuto. Mentre durante la stagione delle piogge (3-5 mesi l’anno) la sua funzione è quasi inutile poiché il fiume rompe regolarmente gli argini trasbordando acqua contaminata nelle terre. Infine, con questo sistema, degli oltre 1000 contaminanti presenti se ne trattano solamente 3 che sono nitrito, nitrato e fosfato, quelli che provocano la schiuma e l’odore nauseabondo. Se è vero che da quando c’è la pianta questi ultimi sono spariti, la problematica riaffiora nella stagione delle piogge.
Insomma questa grande opera presentata dal governo come un grande successo, lontana dal risolvere i reali problemi, serve solo a fare arricchire qualche imprenditore amico e a indebolire la resistenza territoriale, mentre le industrie continuano a scaricare tranquille i loro veleni e morti e malati aumentano.
La resistenza territoriale
Quando le conseguenze del disastro ambientale e di salute diventarono troppo visibili per essere ignorati (la schiuma sul fiume, l’odore nauseabondo, l’alta incidenza di tumori tra la popolazione) una parte degli abitanti del Salto e Juanacatlan cominciarono ad organizzarsi per denunciare pubblicamente l’avvelenamento e la distruzione del loro territorio e per chiedere alle istituzioni pubbliche di trovare una soluzione a questo grave problema.
Il movimento di resistenza territoriale si organizza attorno all’associazione Un Salto Por La Vida che lotta per ridare un ambiente di vita degno alle comunità della zona. Organizzando diverse iniziative, presidi, workshop e passeggiate informative lungo il corso del Rio, fanno costantemente controinformazione e reclamano a gran voce una soluzione viabile e a breve termine, al fine di salvare il loro territorio dall’avvelenamento.
Nonostante la tenacia dell’associazione e le tante azioni intraprese per denunciare a vari livelli la situazione insostenibile in cui verte il territorio, a tutt’oggi non c’è stata una vera volontà né da parte di chi governa, né da parte delle imprese di apportare soluzioni reali. Il problema non si analizza in modo organico, ad esempio il depuratore, se anche funzionasse meglio, non sarebbe che una piccola soluzione a un problema più’ grande, che dovrebbe essere affrontato a partire da controlli e regolamentazioni più’ rigide per le imprese della zona.
Gli ostacoli alla lotta
Diversi fattori rendono difficile compattare una resistenza territoriale che rivendichi un ambiente di vita pulito, naturale e degno.
– La crescita urbanistica e demografica (3) degli ultimi decenni ha prodotto importanti cambiamenti socio-culturali. Ai tempi dei genitori di Sophia il Rio Santiago era fonte di vita, ora invece è sinonimo di morte e per i giovani del posto non rimane altra scelta che vendersi come manodopera a basso costo in una delle fabbriche del circondario. Fa riflettere che anche le specializzazioni delle scuole superiori sono maggiormente indirizzate alla formazione tecnica, condannando i giovani della zona a un futuro industriale in una zona contaminata.
Inoltre, la zona della cascata del Rio Santiago era poco popolata, con pochi e sparsi villaggi, e lo stesso El Salto è stato dapprima un piccolo insediamento poi cresciuto sulla scia dell’industrializzazione che ha coinvolto ampie aree dell’occidente del Messico. Questo ha creato per i nuovi abitanti un legame col territorio basato sul lavoro e in questo senso il sentimento di appartenenza e identità è ben diverso da quello di coloro che vivono lì da generazioni e che hanno conosciuto il Rio e la sua cascata prima di questa fase tossica.
– Le industrie davanti alle accuse e alla controinformazione operata dal movimento territoriale minacciano di trasferire altrove i propri stabilimenti, fanno mobbing ai lavoratori attivi nella lotta territoriale e attuano politiche di assunzione che favoriscono i lavoratori non residenti nei municipi interessati dalla resistenza. Molti abitanti temono di perdere il proprio lavoro e per questo non si uniscono alla lotta.
– I tanti interessi economici in ballo da parte delle aziende e la corruzione delle autorità. Non è un segreto che certi militanti siano stati minacciati esplicitamente, al punto che alcuni hanno preferito allontanarsi temporaneamente.
Considerazioni finali
Le imprese si scaricano fra loro le responsabilità, minacciano di spostarsi altrove nel caso in cui i controlli si facessero più ferrei (con tutte le conseguenze rispetto l’occupazione) e, dall’altra parte i governi e le istituzioni trovano solo soluzioni di facciata, come l’ultimo investimento milionario in una pianta di trattamento delle acque che non elimina il reale problema delle sostanze tossiche presenti nell’acqua e assorbite dal terreno.
La storia di El Salto mostra perfettamente alcuni lati oscuri del moderno modello di sviluppo basato su industrializzazione e urbanizzazione feroci: in nome della crescita di una città come Guadalajara (attualmente il terzo nucleo economico del paese) e dello sviluppo del territorio di Jalisco, un’intera zona rurale, abitata fin dall’antichità da popolazioni autoctone e verdeggiante di natura, viene sacrificata e distrutta, nel suo ambiente come nella sua identità.
Quando le industrie hanno cominciato ad arrivare in questa zona, gli abitanti delle comunità hanno creduto a quello che gli veniva raccontato, “che sarebbero ben presto entrati a far parte del primo mondo, che il loro livello di vita sarebbe migliorato, che benefici e ricchezza sarebbero stati per tutti” . Invece, come in tante altre storie di zone destinate al “progresso”, ad arricchirsi sono i soliti pochi, mentre le comunità pagano il prezzo di tutte le nefaste e distruttive conseguenze ambientali e di salute che ogni industrializzazione inevitabilmente porta con sé.
Per meglio comprendere quanto questo fenomeno del “progresso” basato sull’industrializzazione sia contraddittorio, basta pensare che il municipio de El Salto si trova al secondo posto per ricchezza prodotta (PIL) nello stato di Jalisco ma allo stesso tempo è il comune più’ povero della periferia di Guadalajara.
Tuttavia la lucha sigue, a El Salto e dintorni continua la controinformazione e l’organizzazione di eventi da parte dell’associazione Un Salto por la Vida, ultimo in ottobre 2013 il 5° Festival Culturale per un Ambiente Sano, nella piazza centrale della città.
“Noi speriamo che per il capitalismo non ci sia nessun futuro, ma se questo è un obbiettivo troppo ambizioso ci auguriamo che alle imprese avvelenatrici vengano imposti regolamenti ferrei e che venga saldato il danno alle famiglie che stanno vivendo tanti lutti inaspettati”.
Note:
(1)https://maps.google.it/maps?q=El+Salto,+Jalisco,+Messico&hl=it&sll=41.442726,12.392578&sspn=6.33985,14.128418&oq=el+salto+jalisco+&hnear=El+Salto,+Jalisco,+Messico&t=m&z=14
(2) A questo link: http://paulaislas.com/paraiso-perdido.html, un portfolio di Paula Islas fotoreporter che prendendo a cuore la situazione ha tentato di darle diffusione attraverso i volti delle persone direttamente toccate dalle nefaste conseguenze dell’inquinamento.
(3) A causa dell’insediamento delle industrie in pochi anni c’è stata una grande crescita urbanistica/demografica causata dell’afflusso di tanti lavoratori: la popolazione triplica in 40 anni, passando dai 40.000 abitanti degli anni ’80 ai 120.000 attuali, rendendo necessaria la costruzione di nuovi insediamenti abitativi, spesso a ridosso delle aree industriali.
3 marzo 2014
Nomads
“L’avvelenamento de El Salto, Jalisco” pubblicato il 03-03-2014 in Nomads, su [http://nomads.indivia.net/2014/03/03/lavvelenamento-de-el-salto-jalisco/] ultimo accesso 13-03-2014. |