Le comunità si oppongono ai progetti eolici


Le imprese si installano senza aver consultato i popoli indigeni che abitano nell’Istmo di Tehuantepec.

Il vento non smette di soffiare nell’Istmo di Tehuantepec, nel meridionale stato di Oaxaca. Notte e giorno scuote le piante, spazza il mare e muove le pale degli aerogeneratori.

Per sviluppare la creazione di energia eolica in questa regione messicana, nel 2004 il Dipartimento dell’Energia degli USA e l’Agenzia degli USA per lo Sviluppo Internazionale (USAID) hanno pubblicato un Atlante delle Risorse Eoliche dello Stato di Oaxaca, assicurando che le comunità riceverebbero i benefici sociali ed economici dell’energia rinnovabile. Secondo l’atlante, il potenziale eolico di buona parte dell’Istmo di Tehuantepec è “eccellente”, così che non sorprende che nel dicembre del 2012 l’Associazione Messicana di Energia Eolica (AMDEE), che riunisce le principali imprese di questo settore, nella zona già contava 15 parchi eolici.

“Le imprese si sono ripartite il nostro territorio, come gli spagnoli quando giunsero in America”, denuncia a Noticias Aliadas Bettina Cruz Velázquez, membro dell’Assemblea dei Popoli Indigeni dell’Istmo in Difesa della Terra e del Territorio. “Riconosco che ci sia una preoccupazione mondiale per il cambiamento climatico, ma ciò che muove le imprese è trasformare la nostra aria in denaro. L’energia verde è un affare per ottenere profitti ingannando le comunità; distruggono la nostra forma di vita e attentano contro la nostra sovranità alimentare, obbligandoci ad allontanarci”.

Sono 10 le compagnie transnazionali che gestiscono 15 progetti nell’istmo oaxachegno –Iberdrola, Acciona, CFE, Enel Green Power, Gamesa, Cemex, Peñoles, Eléctrica del Valle de México, Renovalia, Demex– e altri progetti hanno già ricevuto l’autorizzazione della Commissione Regolatrice dell’Energia del governo federale messicano. L’obiettivo del governo di Oaxaca è installare 2.000 MW di energia rinnovabile per il 2015.

Senza consultazione preventiva

Sembra che tutte le imprese operino sotto il medesimo schema che non prevede nessuna consultazione preventiva, libera e informata per i 15 popoli indigeni che abitano nell’Istmo di Tehuantepec, come stabilisce il Trattato 169 sui Popoli Indigeni e Tribali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), ratificato dal Messico nel 1991, oltre che alcune leggi nazionali.

Per ottenere il diritto al possesso della terra per 30 anni, i rappresentanti delle imprese vanno casa per casa, chiedendo alle famiglie contadine la firma di contratti leonini dove fissano l’ammontare per il pagamento dell’affitto della terra. Inoltre, promettono lavoro, sviluppo, investimenti in infrastrutture e una diminuzione nelle bollette della luce una volta che il parco eolico sia in funzione.

In realtà, 10 dei parchi eolici che operano nell’Istmo di Tehuantepec, lavorano con lo schema “dell’auto-approvvigionamento”, che la Segreteria dell’Energia del governo federale definisce come “creazione di energia elettrica per fini di autoconsumo, sempre e quando detta energia sia destinata a soddisfare le necessità di persone fisiche o morali e non risulti inopportuna per il paese”.

Le “persone fisiche o morali” che stanno utilizzando l’energia prodotta da questi aerogeneratori per soddisfare le proprie necessità di consumo sono grandi compagnie transnazionali, tra le quali Nestlé, Femsa-Coca Cola, Bimbo, Nissan e Mitsubishi.

Inoltre, ciò che stanno percependo le famiglie contadine oaxachegne sono pure briciole. Secondo Roberto Garduño, del quotidiano messicano La Jornada, in Europa lo standard del canone d’affitto della terra per le imprese eoliche rappresenta il 3,9% dei costi totali di produzione, mentre in Messico si situa tra lo 0,025% e l’ 1,53%.

In molti casi questi contratti sono illegali, dato che buona parte della terra occupata dai parchi eolici non è privata, ma comunale.

“In questo regime di proprietà la terra appartiene alla comunità, le famiglie hanno l’usufrutto su quella senza esserne padrone”, spiega a Noticias Aliadas l’avvocato Raúl Rangel González. “Solo l’assemblea comunitaria può concedere all’impresa il diritto ad operare”.

Il caso della Barra de Santa Teresa

Un caso emblematico dell’atteggiamento discriminatorio e violento delle imprese eoliche verso i popoli indigeni dell’istmo, è il progetto che il consorzio messicano Mareña Renovables vuole installare nella Barra de Santa Teresa, una striscia di circa 27 km di sabbia e mangrovie. Si tratta di un investimento di 1 miliardo di US$ per la costruzione di 132 aerogeneratori per produrre 396 MW di energia.

“Quando hanno incominciato a fare degli studi c’è stata una massiccia moria di pesci. Qui viviamo della pesca e la Barra de Santa Teresa è il nostro sostentamento quotidiano. Non vogliamo questo progetto e la lotta è cresciuta molto forte dopo che il presidente municipale Miguel López Castellano si è venduto all’impresa, firmando il permesso per la sua entrata”, racconta a Noticias Aliadas una comunera di San Dionisio del Mar che ha preferito mantenere l’anonimato.

La repressione contro chi si oppone al progetto è stata molto forte. A febbraio, il governatore di Oaxaca, Gabino Cué Monteagudo, ha fatto sapere con un comunicato che metterebbe in pratica “tutte le azioni necessarie per evitare che un investimento così importante sia ritirato dallo stato”.

Gruppi d’assalto si stanno mobilitando per far stare zitti gli oppositori del progetto, che ricevono visite da sconosciuti che li minacciano di fronte ai loro bambini. Inoltre, hanno cercato di sgomberare con la forza il Palazzo Municipale di San Dionisio del Mar, occupato dalla comunità da gennaio 2012 dopo aver allontanato il sindaco López Castellano, che aveva ricevuto 20,5 milioni di pesos ($ 1,5 milioni) da Mareña Renovables per  l’uso del suolo e non ha chiarito alla popolazione la destinazione di queste risorse.

Ad ottobre del 2012 un gruppo di incappucciati –all’apparenza membri del governativo Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) della medesima comunità– ha cercato di fermare la carovana umanitaria che viaggiava fino a San Dionisio del Mar per consegnare alimenti agli indigeni ikjot e zapotechi che si oppongono alla costruzione del megaprogetto eolico della zona, e hanno cosparso di benzina il comunero Isaúl Celaya López minacciando di bruciarlo vivo.

Nonostante ciò, la Giustizia ha dato ragione ai popoli indigeni della Barra de Santa Teresa. Un tribunale della località di Salina Cruz il 9 ottobre ha deciso la sospensione temporanea delle attività di costruzione, in risposta ad una richiesta di tutela presentata dall’Assemblea Generale di San Dionisio del Mar.

Nelle dichiarazioni alla stampa, Miguel Ángel García Aguilar, membro dell’Assemblea Generale di San Dionisio del Mar, ha detto che la sentenza “è una schiacciante vittoria della lotta per il rispetto del territorio e dei diritti dei popoli indigeni. Chiediamo a tutte le autorità coinvolte nel progetto eolico San Dionisio del Mar, e al consorzio Mareña Renovables di compiere con  quanto stabilito nella sospensione concessa dal giudice federale”.

14-11-2013

Noticias Aliadas

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca:
“Comunidades se oponen a proyectos eólicos pubblicato il 14-11-2013 in Noticias Aliadas, su [http://www.noticiasaliadas.org/articles.asp?art=6907] ultimo accesso 21-11-2013.

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