Intervista a Claudio Katz ed Eduardo Lucita
La scorsa domenica in Argentina sono avvenute le elezioni di medio termine, i risultati possono avere importanti conseguenze per il paese e la regione. Intervistiamo Claudio Katz ed Eduardo Lucita, membri del collettivo EDI (Economisti di Sinistra) e referenti di tutto un settore della sinistra radicale di questo paese.
Come valutate il risultato delle recenti elezioni?
CK: È stata una elezione senza sorprese perché le recenti primarie preparatorie hanno anticipato l’arretramento dei governativi e l’impossibilità di una ri-rielezione di Cristina. La presidente è rimasta senza un margine per definire la candidatura del prossimo presidente come in Brasile ha fatto Lula con Dilma. Nonostante ciò con il 32% dei voti a livello nazionale continua ad essere la prima minoranza e conserverà il quorum nelle due camere. La cosa più importante è l’apparizione di un forte asse di successione di destra, il Fronte Rinnovatore (FR), 43% dei voti nella strategica Provincia di Buenos Aires (37% dell’elettorato), guidato da un amministratore dell’area metropolitana bonaerense, Sergio Massa, e integrato da un ampio gruppo di ex kirchneristi e settori del Partito Giustizialista (PJ) e del sindacalismo tradizionale. Ottenendo un distacco di 12 punti sul candidato del governo si proietta a livello nazionale nella prospettiva del ricambio presidenziale del 2015.
EL: Nel nuovo scenario sorto dalle primarie il governo negli ultimi mesi ha assunto buona parte dell’agenda della destra, archiviando gli slogan di lotta di “scegliere” e “approfondire il modello”. Si è assoggettato alla guida del suo alleato di destra Daniel Scioli, assumendo un discorso di mano dura nel delicato tema della sicurezza, mentre mette sotto silenzio la connivenza dell’apparato statale con il narcotraffico. Sul piano economico ha, inoltre, cominciato una svolta verso il re-indebitamento, i pagamenti al CIADI, gli accordi con la BM e il FMI. Vedremo se è la preparazione all’aggiustamento che chiede la classe dominante o trasferisce questo pacchetto al futuro presidente. Queste due alternative dipenderanno da una elezione strategica. Il kirchnerismo può riformarsi all’interno del peronismo accettando la svolta conservatrice o può puntare alla sua propria costruzione immaginando un qualche futuro ritorno di Cristina. Fino ad ora emette segnali nelle due direzioni.
Relativamente al 2015 come vedete il panorama?
CK: È evidente che nel Giustizialismo è già iniziato lo scontro per il 2015 tra Massa (FR) –un amministratore intruso– che ha reclutato i principali dirigenti dell’industria, delle banche e del campo e Scioli, che esibisce credenziali di vicepresidente e governatore. Questi si presenta come garante di una transizione ordinata, molto apprezzata dall’establishment, che non dimentica la tormentosa fine delle amministrazioni di Alfonsín, Menen e De la Rúa.
EL: Bisogna anche osservare come interverrà in queste transazioni la destra di Macri (Unión-PRO), dopo il consolidamento che hanno raggiunto nella Capitale Federale (39% e quasi un 8% a livello nazionale), secondo che le alleanze possano far inclinare la bilancia a favore di una o dell’altra variante del PJ. Non bisogna scartare a priori il ruolo che possono giocare i candidati del pan-radicalismo, una sorta di centro-destra repubblicano, come Binner (socialista, ha trionfato con il 42% nella sua provincia di Santa Fé) e Cobos (radicale, ha vinto con il 48% nella Prov. di Mendoza). Se alla fine il peronismo si presentasse diviso è molto probabile il ballottaggio. L’elezione di domenica ha ratificato questo convulso scenario, con il nuovo ingrediente di una grande avanzata della sinistra anticapitalista.
Mi interessa soprattutto questo punto: quale è stata la grandezza di questa avanzata e a cosa obbedisce?
EL: Con i dati che fino ad ora conosciamo, i seggi hanno chiuso da circa dieci ore, la sinistra sommata forse raggiunge 1.400.000 voti. Questa abbondanza è stata ampiamente capitalizzata dal Fronte di Sinistra e dei Lavoratori (FIT) che ne ha raccolti 1.250.000. Bisogna ricordare che precedentemente varie forze non hanno passato per le primarie. Questo grande salto è stato prima preannunciato da quasi un milione di voti che ha ottenuto il FIT nelle primarie e, immediatamente dopo, da vere elezioni provinciali, come Salta-Capitale dove hanno ottenuto il 20%. In mezzo ci sono state le elezioni universitarie nell’UBA, lì il FIT ha confermato la sua ascesa vincendo nella maggioranza dei centri studenteschi. La somma dei voti che ha ottenuto supera ampiamente le importanti elezioni che fecero in altri tempi il Fronte del Popolo (FREPU) e la Sinistra Unita (IU) –alleanze del MAS e del PC– o Autodeterminazione e Libertà (Luis Zamora). Il risultato è che il FIT ha ottenuto tre deputati nazionali, altri due non sono entrati per molto poco, un deputato provinciale e dei rappresentanti in sette legislature, ma è molto presto per avere un quadro definitivo. In aggiunta, nella meridionale provincia della Terra del Fuoco, un enclave dell’industria elettronica ed elettrodomestica, un dirigente metallurgico con un passato militante nella sinistra classista, che si è presentato con un proprio partito come candidato dei lavoratori, ha raggiunto il 22% dei voti e la deputazione nazionale.
CK: Si è registrata la maggiore presenza elettorale della sinistra dal pre-peronismo. Salta all’occhio l’importanza di questo dato e la conseguente creazione di un nuovo scenario per la sinistra. La novità si trova sul terreno elettorale e non nell’esistenza della sinistra militante, che ha saputo mantenere una significativa presenza sul piano sindacale e studentesco nei momenti di maggior predominio politico del kirchnerismo.
Io interpreto questo importante voto a sinistra come un mandato di lotta. Ha ricevuto questo abbondante sostegno di fronte all’intuizione popolare di un prossimo aggiustamento e nell’attesa di assicurare una difesa delle conquiste fatte in strada. Un importante settore della popolazione, inoltre, non vuole che l’esperienza kirchnerista termini con una svolta pendolare verso la destra. C’è un cambiamento nei livelli di coscienza che si verifica particolarmente all’interno. Per decenni l’unica possibilità della sinistra era collocare un deputato per la Capitale o per la Prov. di Buenos Aires (regioni di maggiore politicizzazione), ora questa domanda si è estesa all’interno (generalmente più conservatore), dove i legami tra il governo e le oligarchie provinciali sono stati molto stretti. Lì il kirchnerismo non è l’espressione di settori più progressisti (come gli intellettuali di Carta Aperta o del programma della TV ufficiale 6, 7, 8), ma dei governatori conservatori e del giustizialismo ortodosso.
EL: Dobbiamo considerare un altro fattore determinante dell’avanzamento della sinistra, come è stato la dura erosione del centrosinistra anti-K che si è disciolto nel Pan-radicalismo, o la debolezza del progressismo più genuino che, cercando di occupare lo spazio abbandonato dal centrosinistra anti-K, non ha presentato obiettivi più radicali. Chi ha voluto penalizzare il governo da un’ottica progressista ha avuto come opzione solo la sinistra anticapitalista.
Nonostante che la sinistra si sia presentata molte volte alle elezioni e mai abbia ottenuto questi risultati …
CK: Certamente. Questa volta il FIT ha fatto una campagna elettorale centrata su richieste precise (eliminazione dell’imposta sul salario, denuncia della Chevron, salario uguale al paniere familiare, 82% dello stipendio per i pensionati …), che ha contrastato con il vago messaggio dei partiti tradizionali, che si sono appellati alla felicità, al sorriso e alla famiglia, come se stessero vendendo un dentifricio. La sinistra di partito ha modificato i suoi vecchi interventi nelle elezioni. Non hanno fatto perno sul governo dei lavoratori o discutendo i candidati padronali. Hanno compreso che in uno studio della televisione non si parla ugualmente che in un comizio e che l’involuzione socialdemocratica non passa attraverso l’uso della cravatta. Si sono anche appellati al voto utile, mettendo in risalto la necessità di insediare nel Congresso dei deputati insieme al resto dei gruppi parlamentari. In un’altra epoca questa maturazione sarebbe stata screditata come una espressione di “parlamentarismo democratizzante”.
EL: Bisogna anche ricordare che la costruzione di personaggi elettorali è un lungo processo con poco rinnovamento e grandi oscillazioni. Questa persistenza ha premiato Altamira (FIT) e Zamora (AyL), la cui presenza pubblica è stata potenziata anche da grandi fatti come le giornate del 2001 o l’assassinio del giovane militante Mariano Ferreyra. I grandi media, inoltre, hanno avuto un ruolo chiave non contrastando la sinistra, dato che hanno prima puntato a debilitare il loro immediato avversario che è il kirchnerismo. Hanno lavorato a favore delle opzioni di destra ma senza attaccare la sinistra. In un contesto di scarsa mobilitazione sociale hanno temporaneamente sospeso il tipico messaggio denigratorio e terrorizzante, che riprenderanno non appena risorgeranno i picchetti e le mobilitazioni.
In tutti i modi, per mia opinione personale, considero che ci sia una carenza nel discorso della sinistra ed è che è assente una critica antisistema. La nostra partecipazione nell’ambito istituzionale non è solo un problema di sollevare delle rivendicazioni sentite dai settori operai e popolari, ma anche di utilizzare queste richieste per insegnare, per spiegare che il principale ostacolo per sradicare i mali che il capitalismo ci produce, è lo stesso sistema del capitale.
Questo avanzamento della sinistra rompe il tradizionale dominio politico del peronismo?
CK: È quasi un 6% a livello nazionale, con molto buoni risultati nelle zone operaie e popolari (per esempio nella zona petrolifera del sud del paese ha ottenuto il 15% dei voti). Credo che per il momento corrode questo dominio. La sinistra torna a riemergere in un contesto di crisi peronista, ripetendo una costante della storia argentina. Si è riaperta una opportunità che può consolidarsi o sciogliersi. La sinistra è già emersa varie volte nel passato e non ha potuto consolidarsi come alternativa. Ci riuscì negli anni ’70 con il classismo e venne neutralizzata dal ritorno di Perón, lo ripeté alla fine della dittatura e rimase oscurata dalla valanga di Alfonsín, tornò ad ottenerlo alla fine degli ’80 con IU e il FREPU e si sciolse in divisioni, irruppe con forza dopo il 2001 e non poté costruire collettivamente.
EL: Aggiungerei a quanto sopra che ora emerge una nuova generazione che cerca un canale di rottura politica e non solo sindacale con il peronismo. Un dato molto promettente è stato il primo intervento elettorale significativo della sinistra indipendente, che ha provocato un interessante e utile dibattito nei settori che hanno cominciato a superare la paralizzante tradizione di autonomismo anti-elettorale.
Ma in Rebelión abbiamo pubblicato più di un documento dove voi siete stati molto critici con il FIT. Mantenete questo atteggiamento?
CK: Sì, specialmente su tre piani. L’erronea caratterizzazione del kirchnerismo come una specie di continuità del menemismo (e conseguentemente neutralità di fronte ai conflitti che li ha opposti alla destra e ai gruppi forti); la riduzione di tutta la sinistra a un fronte trotskista ortodosso e la denigrazione dei processi radicali dell’America Latina. Ma queste differenze non ci impediscono di riconoscere la nuova realtà politica che si sta creando intorno alla sinistra di partito. Questo cambiamento obbliga a deporre i pregiudizi e i vecchi litigi e ci chiede di cercare nuovi punti di incontro. Ci sembra che il FIT debba andare oltre le organizzazioni che attualmente lo compongono e il resto della sinistra dovrebbe convergere su questa apertura, attraverso un processo di mutua comprensione e apprendistato.
EL: Già ci sono molte prove che, in un processo di crescente politicizzazione come negli ultimi anni sta avvenendo nel nostro paese, bisogna farsi carico con chiarezza di una esplicita alleanza con la sinistra organica, anche con le differenze che indubbiamente ci sono. Nel nostro caso con bandiere latinoamericaniste, non settarie e proponendo a partire da questo allineamento un terreno d’azione comune con il progressismo conseguente.
CK: Mi sembra indispensabile lavorare fin d’ora alla preparazione di una candidatura comune per il 2015. Gran parte dei votanti della sinistra hanno cominciato a pensare: Come sarebbe un governo di questo segno? Che farebbe se vincono la presidenza? La risposta a questa aspettativa è un collegamento strategico tra l’accesso elettorale al governo e la battaglia per il potere, a partire da un programma che dobbiamo collettivamente elaborare.
Certamente le generalizzazioni sono insufficienti. Dobbiamo precisare il nostro cammino per risolvere i problemi del paese, con precise misure sui delicati problemi del debito, delle tasse, del controllo dei prezzi, delle nazionalizzazioni, del petrolio, della guida sul controllo dei cambiamenti.
EL: Precisamente, attraverso l’EDI stiamo già preparando un seminario-dibattito sulla situazione economica che speriamo di portare avanti con tutta la sinistra, per definire la diagnosi e le alternative in gioco.
Infine: Come può influire questo risultato sulle relazioni con Venezuela, Bolivia ed Ecuador?
CK: Siccome è stata una elezione di medio termine che non modifica la presidenza, nell’immediato non dovrebbe tradursi in significativi cambiamenti della politica estera. Ma dobbiamo registrare il tono fortemente anti-chavista che i media e l’opposizione di destra hanno mostrato durante la campagna elettorale per fissare una futura agenda di riallineamento con gli Stati Uniti. Dirigenti della destra e del centro destra come Macri, Carrió e Binner appoggiano apertamente Capriles e Scioli propende verso lo stesso campo. La critica al Venezuela è la forma di pressione che ha scelto l’establishment per imporre una svolta economica neoliberista.
29-10-2013
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: |
Franck Gaudichaud, “Un nuevo escenario con la izquierda” pubblicato il 29-10-2013 in Rebelión, su [http://www.rebelion.org/noticia.php?id=176101&titular=“un-nuevo-escenario-con-la-izquierda”-] ultimo accesso 08-11-2013. |