L’autunno del progressismo


Raúl Zibechi

Sono passati dieci anni. La condizione della maggioranza della popolazione dei paesi sudamericani governati da coalizioni di centrosinistra, o progressiste, è uguale o peggiore a quando la destra è stata cacciata dalla protesta di grandi movimenti sociali. Agitare il fantasma del ritorno di quella destra, così come spiegare che non ci sono risorse sufficienti a far vivere meglio le persone non serve più. La pazienza è finita. La gente pretende soluzioni, subito. Chi pensa che la rivolta che ha conquistato le strade brasiliane e vive in modo latente negli altri paesi della regione sia un’eruzione momentanea si sbaglia, o si illude, spiega Raúl Zibechi. È l’inizio di qualcosa di nuovo, la realtà sta prendendo forma nelle strade, come anche il futuro.

La presidente Dilma Rousseff ha preso l’iniziativa politica per convocare, lunedì 25 davanti a 27 governatori e 26 sindaci delle capitali degli stati, “cinque accordi in favore del Brasile: responsabilità fiscale, riforma politica, salute, trasporto pubblico e istruzione. Rousseff ha proposto un referendum popolare che autorizzi la convocazione di un’assemblea costituente per avviare la riforma politica, il tema che suscita più polemiche e resistenze da parte delle istituzioni. Malgrado il giorno seguente abbia dovuto fare marcia indietro rispetto all’assemblea costituente, la presidente ha mantenuto l’iniziativa spiegando che le riforme si possano avviare per via parlamentare.

Il tempo dirà se le riforme arriveranno a concretizzarsi e, soprattutto, se saranno sufficienti a soddisfare le aspettative della popolazione. Che è esasperata, in particolare, per la corruzione e la disuguaglianza, vecchi problemi del Brasile che non si sono affievoliti nel decennio governato dal Partido dos Trabalhadores (Pt). Per il momento, ci sono due cose che sembrano evidenti: le istituzioni continuano a essere sulla difensiva, malgrado le iniziative adottate dalla presidente, e le strade continuano a essere il luogo scelto dalla maggior parte dei giovani per farsi ascoltare.

Intimorito dalla persistenza delle mobilitazioni, il Congresso (il parlamento brasiliano, ndt) ha archiviato (430 voti contro 9) la proposta dell’emendamento costituzionale numero 37, che promuoveva una riforma costituzionale per togliere al Ministero Pubblico la possibilità di realizzare indagini criminali (le avrebbe potute fare solo la polizia) in un paese dove soltanto l’11 per cento dei casi di crimine comune e l’8 per cento di quelli di omicidio vengono risolti. La proposta dell’emendamento costituzionale numero 37 aveva sollevato un’ondata di proteste, riunite ed espresse con lo slogan “il Brasile contro l’impunità”. Lo stesso giorno, la Camera ha approvato un disegno di legge che destina il 75 per cento delle royalties derivanti dal petrolio all’istruzione e il 25 restante alla salute. Fino a questo momento, invece, c’era stata una serrata disputa tra i diversi Stati per decidere cosa fare con i profitti di una delle entrate più promettenti dello Stato. La protesta delle strade è riuscita a “convincerli”.

Le manifestazioni continuano e continueranno per diverso tempo. Cominciano a notarsi però cambiamenti e differenze. A São Paulo, il Movimento Pase Libre (Mpl) ha deciso di fare i cortei nelle periferie urbane, mentre gruppi come Mudança Já (Cambiamenti subito, ndt), che non accettano la presenza dei partiti e parlano solo di corruzione, tendono a concentrarsi nel centro – enclave della classe media – come spiega l’analisi del sociologo Rudá Ricci.

La protesta di strada brasiliana sta inviando un messaggio profondo non solo al governo della Rousseff, ma all’insieme dei governi progressisti della regione sudamericana: la passività è finita. Dopo un decennio di eccellenti prezzi internazionali per le esportazioni e una evidente prosperità economica – che sembra essere vicina alla fine – è cambiato molto poco. In particolare, non ci sono stati cambiamenti strutturali.

Perfino un conservatore come l’ex ministro del tesoro del regime militare, Antonio Delfim Netto, commenta un’inchiesta internazionale del Pew Researh Center annotando che il problema principale è che “un’economia di mercato controllata dalla finanza è portatrice di gravi problemi di disuguaglanza”( Valor, 18 giugno 2013).

La maggioranza degli intervistati in 39 paesi del mondo sentono che “il funzionamento del sistema porta benefici ai più ricchi”. Questo indica che la popolazione ha perfetta coscienza di ciò che sta avvenendo. Possiamo concluderne che se la protesta non è esplosa prima è perché non aveva trovato il momento giusto.

Una ricerca della centrale sindacale uruguayana Pit-Cnt rivela che la massa salariale in relazione al Pil nel 2010 è stata inferiore a quella del 1998, quando governava la destra e il più rude liberismo era al suo apice. Le cifre lo mostrano chiaramente: nel 1998 i salari dei lavoratori rappresentavano il 27,2 per cento del Pil. Nel 2010, dopo otto anni di governo del Frente Amplio (coalizione della sinistra uruguayana, ndt) e una crescita sostenuta dell’economia, i salari sono il 23,5 per cento del Pil. Questi dati indicano “un incremento della parte di cui si appropriano i padroni del capitale” (Instituto Cuesta-Duarte, dicembre 2011).

Il 30 per cento dei lavoratori uruguaiani guadagna qualcosa in più del salario minimo, la metà di quelli che lavorano percepiscono un salario inferiore al doppio del minimo. La situazione non è molto diversa in Argentina e Brasile. Certamente una parte della popolazione è uscita dalla povertà estrema, più per il ciclo della crescita economica che non per le politiche sociali, cosa che serve a tamponare i problemi ma non risolve la situazione di fondo della maggioranza della popolazione.

La metà della popolazione che non soffre più la fame ma non riesce a vivere degnamente è stanca e comincia a perdere la pazienza. Fino a oggi i governi progressisti hanno avuto due carte a loro favore: la situazione dei lavoratori poveri ha sperimentato un miglioramento relativo e il fatto che un successo della destra avrebbe potuto comportare un ritorno indietro. Il fantasma della destra, però, ha smesso di agitarsi nell’immaginario collettivo. Perché è poco più di un fantasma.

Se in qualcuno dei paesi di stiamo parlando vincesse la destra, a perdere di più sarebbero le migliaia di militanti e professionisti della politica di sinistra che occupano incarichi di fiducia nei ministeri, nei municipi, nelle imprese statali e nei governi centrali. L’impressione è che buona parte della gente comune, come quella che protesta in questi giorni nelle strade brasiliane, ma anche in quelle uruguaiane, non è disposta a farsi ricattare con il fantasma della destra. Un buon esempio di questo discorso arriva dal Cile, dove la popolazione ha intensificato le sue mobilitazioni contro il governo di destra di Sebastián Piñera ma non mostra alcun entusiasmo per il possibile ritorno di Michelle Bachelet nelle presidenziali del prossimo novembre.

Le persone vogliono soluzioni e dopo dieci anni non si può più cavarsela dicendo che non ci sono risorse. Coloro che pensano che quella in corso sia un’eruzione cutanea primaverile, si sbagliano. È l’inizio di qualcosa di nuovo. La discussione sulla possibilità che la crisi politica che si è verificata in Brasile, e che si approfondisce in Argentina, possa favorire la destra o la sinistra, non ha un’enorme importanza. Oggi la realtà sono le strade, ed è lì che si gioca il futuro.

28 giugno 2013

La Jornada

Traduzione per Comune-info: m.c.

Raúl Zibechi, scrittore e giornalista uruguayano dalla parte delle società in movimento è redattore del settimanale Brecha e collabora con diverse altre testate, tra le quali Comune-info. I suoi articoli vengono pubblicati con puntualità in molti e diversi paesi del mondo. In Italia ha collaborato per dieci anni con Carta e ha pubblicato diversi libri: Il paradosso zapatista. La guerriglia antimilitarista nel Chiapas, Eleuthera; Genealogia della rivolta. Argentina. La società in movimento, Luca Sossella Editore; Disperdere il potere. Le comunità aymara oltre lo Stato boliviano, Carta. Territori in resistenza. Periferia urbana in America latina, Nova Delphi. Il suo ultimo volume è intitolato Brasil potencia.

tratto da Comune-info: http://comune-info.net/2013/06/lautunno-del-progressismo/

Traduzione per Comune-info: m.c.:
Raúl Zibechi, El otoño del progresismopubblicato il 28-06-2013 in La Jornada, su [http://www.jornada.unam.mx/2013/06/28/opinion/019a1pol] ultimo accesso 05-07-2013.

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