Crociata transgenica contro gli affamati


Silvia Ribeiro

La Crociata Nazionale contro la Fame, significativo programma del governo, non ha nulla a che vedere con il mettere fine alla fame, né di prestare attenzione o di modificarne le sue cause, ma ha molto di una crociata. Ora gli “infedeli” sono indigeni e contadini che commettono il peccato di avere una propria cultura, di praticare e difendere le proprie forme di organizzazione, di produzione, di vita, di lotta. Bisogna convertirli con la forza alla “modernità”: cibo di poco valore, bibite imbottigliate, e se insistono a voler continuare a coltivare, al posto delle elemosine, che siano transgenici. Tutto sviluppato con la creazione di “consigli comunitari” e aiuti selettivi, per assicurare voti e promuovere lo scontro dentro e tra le comunità.

È paradigmatica l’associazione a questa Crociata delle transnazionali del cibo spazzatura Nestlé e Pepsico. Occupano il primo ed il secondo posto come le transnazionali più grandi del pianeta nella trasformazione di alimenti e bevande, ambedue ampiamente conosciute per fornire al mondo abbondanti fonti di denutrizione, obesità, diabete e per promuovere di solito le cattive abitudini alimentari, creando un enorme onere di spese pubbliche per la salute. In numerosi paesi la Nestlé è stata per più di due decenni nel mirino di un boicottaggio internazionale, per la sua aggressiva promozione di sostituti del latte materno, che provocavano una maggiore denutrizione e così collaborando all’aumento della mortalità infantile, soprattutto nei paesi più poveri. Per i dettagli, vedere il rapporto dell’International Baby Food Action Network, IBFAN, giustamente premiata per queste denunce con il Premio Nobel Alternativo.

Diciamo che, parlando di denutrizione di bambini, la Nestlé è molto esperta. Per questo la Crociata le ha assegnato un programma di “educazione” di promotori, che la transnazionale addestrerà “sull’autoimpiego”. Traducendo: un piccolo esercito di 15 mila donne povere che facciano nei confronti del pubblico propaganda dei prodotti della transnazionale. Con ragione, la Nestlé ha chiamato il progetto “Il mio dolce affare”. Per completare gli effetti devastanti della Nestlé con i suoi sostituti del latte materno, la Pepsico distribuirà “biscotti nutritivi” (traduzione: industriali, con prodotti chimici, transgenici, conservanti, eccetera), destinati alle “donne incinte, nel periodo dell’allattamento e ai bambini con meno di cinque anni”.

Come se fosse una difesa, Rosario Robles, segreteria per lo sviluppo sociale, coordinatrice della Crociata, chiarisce che la Nestlé ha partecipato al programma Fame Zero in Brasile. Omette di aggiungere che la transnazionale è dovuto uscirne per le proteste della società brasiliana contro di essa. Queste due nefaste transnazionali sono appena la punta dell’iceberg: si annuncia anche la partecipazione della Walmart, il supermercato più grande del pianeta, la cui storia nera nel competere con la produzione nazionale, nell’eliminare i piccoli negozi, nell’abbassare i salari, nella discriminazione raziale e di genere e in molte altre condizioni per creare più fame, la qualificano ampiamente per questa Crociata. Molte altre compagnie del settore agroalimentare tengono d’occhio i profitti. Non c’è dubbio, la fame di profitti delle megaimprese sarà ben assistita da questo programma.

Robles esagera sul fatto che siamo in una società globalizzata e di libero mercato, per cui la partecipazione delle imprese “è determinante”. Di nuovo omette di dire che sono determinanti per scatenare e far continuare la crisi alimentare e sanitaria, la povertà rurale, l’emigrazione verso le città, attraverso l’appropriazione sempre più grande della catena agroalimentare, facilitata, come ora, dalle politiche governative. Catena che alla fine si propone di catturarci tutti, con la Monsanto in un vertice (semi e pesticidi) e Walmart sull’altro, e i cui anelli sono le grandi cerealicole come la Cargill e l’ADM e i trasformatori industriali di alimenti e bibite, come la Nestlé e la Pepsico.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              

All’inizio della catena, la Monsanto spera di essere autorizzata in breve tempo dal governo alla semina commerciale nel Nord del paese di milioni di ettari di mais transgenico. Se le richieste in Tamaulipas e Sinaloa avevano sorpreso poiché chiedevano che fossero autorizzati più di un milione di ettari per ciascun tipo di transgenico, che si può dire di quelle che sono in corso nel Chihuahua, Coahuila e Durango, dove la transnazionale sollecita in varie località di questi stati quasi 12 milioni di ettari (11 milioni 985 mila 951) per ciascuno dei tre prodotti di mais transgenico? Le superfici sollecitate superano di molto le attuali seminate a mais, perché l’intenzione è di andarne ad occupare sempre più in varie stagioni di semina, garantendosi così per il futuro la decisione degli agricoltori di seminare (non venderanno nessun altro seme), rendendo inoltre impossibile la valutazione di ciò che è stato realmente  piantato.                 

Sotto vari punti di vista si configura una crociata contro gli affamati, contro i contadini, contro la sovranità alimentare e l’autonomia dei popoli del mais, affinché né loro né nessun oltre alle transnazionali possa decidere cosa piantare e cosa mangiare.

Tra le molte risposte a questa realtà, la Rete in Difesa del Mais, Ceccam, Via Campesina, YoSoy132 Ambiente, Giovani di fronte al Disastro e l’Emergenza Nazionale, il Movimento Urbano Popolare e altre organizzazioni, fanno un appello per il 25-30 aprile per alcune Giornate contro il Mais Transgenico, con la partecipazione, tra gli altri, dei premi Nobel Alternativi, Vandana Shiva (India), Pat Mooney (Canada) e Camila Montecinos (Cile). Si presentano, inoltre, come opinionisti di altre pre-udienze del processo del Tribunale Permanente dei Popoli, questa volta sulla contaminazione transgenica del mais, a Oaxaca il 26 e 27 aprile. (Programma in http://redendefensadelmaiz.net/ ). Arrendersi definitivamente di fronte alla crociata transgenica  non è nel programma.

* Ricercatrice del Grupo ETC

20/4/2013

La Jornada

Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da:
Silvia Ribeiro, “Cruzada transgénica contra los hambrientospubblicato il 20-04-2013 in La Jornada, su [http://www.jornada.unam.mx/2013/04/20/opinion/027a1eco] ultimo accesso 15-05-2013.

 

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