Gli indigeni del Cauca hanno ottenuto dal presidente un importante riconoscimento: “Voi – gli ha detto Santos disautorando il comandante dell’Esercito – non siete guerriglieri”. E gli ha chiesto perdono per la costante violazione dei diritti umani, presubilmente commessa dalla forza pubblica. Non sono sicuro di ciò che significhi allontanare la Polizia dalle zone popolate come si dovrebbe fare per attenersi alla sentenza della Corte Costituzionale T-1206/01, che definisce la Polizia come “popolazione combattente” e, pertanto, la sua presenza permanente tra la popolazione civile “può creare situazioni di comparsa di violenza tra i residenti vicini alle stazioni di polizia”. Non credo nemmeno che il Governo sia disposto ad escludere le riserve indigene dallo sfruttamento minerario negando o revocando le concessioni che ha fatto alle grandi compagnie. Ancor meno che rispetti gli accordi di El Nilo, che obbligano lo stato a restituire 120.000 ettari che i proprietari terrieri gli hanno rubato. Niente. Forse l’unica cosa che il Governo può fare è liquidare l’OPIC, una organizzazione di crumiri e raccomandati creata da Uribe e dal suo ministro Valencia Cossio. Il presidente si è congedato, tra meritati fischi e battiti di bastone della Guardia Indigena, con un “ci penserò”. Potrà averlo pensato mentre tornava in aereo a Bogotà, però non farà niente. Niente, perché le richieste indigene sono legate l’una con l’altra, e tutte subordinate ai piani militari dell’Esercito. La risposta di Santos è la classica politica di tutti i governi, che consiste nel rinviare le soluzioni fino a quando i problemi non esplodono e allora si può sparare a volontà. In un anno non vedremo più 15.000 indigeni che sfilano, ma 20.000. Non ci saranno più cinque morti, ma 10. Rimandare le soluzioni è il brodo di coltura della violenza.
Questa politica contrasta con l’accordo a cui è arrivato il Governo con la destra legislativa per appoggiare il codice militare. Qui non c’è dilazione perché gli uomini in divisa vanno verso lo sciopero, un vero sciopero armato che terranno in piedi fino a che non verà approvato il codice militare che gli dia le garanzie che gli permetta di fare la guerra a loro piacere. Più chiaramente: per le pressioni internazionali nel 2006 Uribe accettò che i morti provocati dalle Forze Militari gli fossero tolti e le prove fossero custodite dal CTI (Cuerpo Técnico de Investigació, n.d.t.) e dalla Procura. Un accordo firmato. Ma da lì è venuto fuori il tema dei falsi positivi che tiene così coinvolti l’Esercito e lo stesso Santos. Se oggi, con le garanzie limitate, i militari fanno quello che fanno, cosa avverrà quando non ci sarà un occhio civile posto sopra le loro famose operazioni? Il suddetto codice militare che chiedono sopprime il ruolo del CTI e così, girando in tondo, toglieranno dalle prime pagine dei mezzi di comunicazione i falsi positivi. Con il recente accordo fatto con Efraín Cepeda nella Casa di Nariño, Santos si pone sul terreno di Uribe per cercare di evitare gli spari di twitter e ridurre l’ostilità delle Forze Armate. Uribe è finito con l’essere non solo il capo dell’opposizione – con l’Esercito al suo fianco –, ma il vero arbitro della rielezione di Santos. L’ultradestra è riuscita ad unificare un blocco politico parlamentare che si sta togliendo un dente per il fracasso della riforma della giustizia. Se Santos mantiene i commilitoni di Uribe nella Picota (carcere di Bogotà, n.d.t.), Uribe darà a Santos la Casa di Nariño come carcere, paralizzato e sotto la minaccia di usare i generali estremisti contro di lui. È la risposta che Santos sta dando alla decisione degli indigeni di contribuire alla pace? L’accordo del presidente con i conservatori significa una vergognosa concessione alla destra pura, come si è visto nell’elezione del nuovo magistrato, Luis Fernando Guerrero.
Tra poco da parte della Camera avverrà l’elezione del difensore del Popolo. I rappresentanti avranno l’opportunità di eleggere il successore di Vólmar Pérez in una terna inviata dal presidente. Non ci sono che due strade: o la Camera si piega ad una elezione calcolando i posti che il nuovo funzionario mette nelle mani dei politici, o elegge in funzione dei meriti morali e professionali dei candidati. Non è un problema semplice. La Defensoria (Defensoría del Pueblo, n.d.t.), come organo di controllo e magistratura morale come è stata, ha la responsabilità di impedire che lo stato sia utilizzato dalle forze oscure che difendono il diritto di fare la guerra a modo loro. La prospettiva di un riavvicinamento con le guerriglie passa attraverso il rispetto assoluto dei Diritti Umani e del Diritto Internazionale Umanitario, così che siano quelle le prime a violarli. Le prove di volontà di pace non sono unilaterali e devono coinvolgere tutte le parti implicate nel conflitto armato, incluse le Forze Armate.
18 agosto 2012
El Espectador
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca da: |
Alfredo Molano Bravo, “Acuerdos” pubblicato il 18-08-2012 in El Espectador, su [http://www.elespectador.com/opinion/columna-368650-acuerdos], ultimo accesso 21-08-2012. |